Cominotto (JB Energy Transition Fund): “Possibile ripresa del petrolio nel 2016”

La settimana scorsa l’OPEC ha confermato la sua strategia degli ultimi 12 mesi. La produzione di petrolio verrà mantenuta il più possibile elevata per estromettere dal mercato i produttori con costi più alti. In ogni caso si prevede un aumento dei prezzi nel secondo semestre del 2016. Questa l’opinione di Roberto Cominotto, gestore del fondo JB Energy Transition Fund, che spiega: “Mentre la domanda mondiale continua a salire, l’offerta continuerà a calare fino al 2017. Il motivo risiede nel fatto che con gli attuali prezzi del petrolio è pressoché impossibile sviluppare nuovi progetti per lo sfruttamento delle risorse petrolifere. Per i prossimi mesi il prezzo resterà presumibilmente ancora basso, ma sul lungo periodo dovrebbe attestarsi a un livello in cui i produttori riusciranno a conseguire un reddito sufficiente, che secondo Cominotto ammonterebbe a circa 70 dollari al barile. Solo così potrebbero coprire anche in futuro la domanda globale di petrolio di 93 milioni di barili al giorno”.

Usa, Arabia Saudita, Iraq e Iran influenzano l’andamento dei prezzi La politica dell’OPEC – afferma Cominotto – è di inondare il mercato di petrolio per mantenerne basso il prezzo ed estromettere i concorrenti dal mercato ha conseguenze diverse per i principali mercati petroliferi. Il mercato del petrolio di scisto statunitense è quello che reagisce più prontamente e ha già registrato una flessione della produzione destinata a proseguire. L’Arabia Saudita e l’Iraq, entrambi membri dell’OPEC, sono ai limiti delle loro soglie di capacità. Per il 2016 Cominotto non prevede pertanto alcun aumento consistente delle estrazioni in queste regioni. Soltanto l’Iran riuscirà ad aumentare in modo sostanzioso la produzione nel nuovo anno – in conseguenza dell’abrogazione delle sanzioni contro il paese. Per Cominotto, in assenza di sanzioni la produzione di petrolio nel 2016 potrebbe aumentare di un milione di barili al giorno.

Tuttavia non va dimenticato il fatto che attualmente la domanda di petrolio è in forte crescita e si attesta globalmente al livello precedente alla crisi finanziaria. Per il 2016 l’International Energy Agency prevede un ulteriore aumento della domanda di 1,4 milioni di barili al giorno, che tra l’altro rappresenterebbe una netta riduzione dell’eccedenza di offerta nei prossimi 12 mesi. Nel 2017 la flessione dell’offerta al di fuori degli USA potrebbe portare il mercato addirittura a un deficit d’offerta.

Interessante potenziale di apprezzamento per le azioni energetiche Questi sviluppi offrono opportunità agli investitori: “L’eccesso di offerta di petrolio – fa notare Cominotto – ha superato la soglia massima in questo ciclo e molti investitori istituzionali sono fortemente sottoponderati nel settore energetico”. Per il petrolio e il gas il gestore predilige i produttori di petrolio e gas di scisto con bassi costi di produzione e bilanci solidi, che sono in grado di crescere con prezzi del petrolio anche nettamente inferiori a 60 dollari. Ma sono allettanti anche altri settori lungo l’intera filiera energetica, sui quali ha pesato anche il crollo del prezzo del petrolio, tra cui figurano anche le energie rinnovabili.

Il gestore del fondo evita la maggior parte dei grandi gruppi petroliferi: “Aziende come Total, Exxon e Shell hanno tre obiettivi da realizzare: innanzitutto garantire i dividendi, in secondo luogo mantenere perlomeno costanti i volumi produttivi e in terzo luogo non compromettere il rating creditizio. Con prezzi del petrolio sotto i 70 dollari questo è praticamente impossibile”.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!