A cura di Giuseppe Sersale, strategist Anthilia Capital Partners
Ci siamo. Con ogni probabilità, stasera il FOMC metterà fine a circa 7 anni di ZIRP (zero interest rate policy), effettuando il primo rialzo dei Fed Funds da 9 anni e mezzo.
In realtà, una convinzione simile, sebbene meno radicata, aleggiava sui mercati anche alla vigilia del FOMC del 17 settembre scorso. In quel caso però, quasi metà degli analisti intervistati da Bloomberg si attendeva un nulla di fatto (un fronte che annoverava anche il sottoscritto), a fronte di operatori di mercato in media assai più ottimisti. Questa volta, il fronte delle colombe annovera solo 3 individui su 105.
Il perchè è presto detto. Un ulteriore rinvio da parte della Yellen significherebbe sconfessare in una volta sola la “long standing view” che il ciclo US avrebbe potuto tollerare un rialzo entro la fine del 2015, e il recente quadro costruttivo espresso nell’ultimo Statement del 28 ottobre, che tanto ha contribuito a alimentare queste attese.
Un colpo formidabile alla credibilità della Federal Reserve. E un colpo anche al fragile sentiment di questa coda di 2015. Per questi motivi, pur ritenendo che, dal punto di vista macroeconomico, non vi siano interamente le condizioni per procedere ad un rialzo, sono a mia volta convinto che questo ci sarà. A parte i citati problemi di coerenza, è evidente che la Yellen ha fretta di abbandonare quota zero, per evitare di essere sorpresa dal prossimo rallentamento ciclico, sia esso una recessione o meno, coi tassi troppo bassi.
La giornata è iniziata comunque con un buon tono, fin dall’Asia, che doveva ancora scontare la baraonda di ieri. Solo Shanghai, che ama andarsene sempre per conto suo, non si è fatta influenzare, restando al palo. Sarà perchà la PBOC ha pubblicato uno studio che proietta una crescita nel 2016 al 6.8%, sempre elevata, ma sotto il 7%.
L’attesa del FOMC è stata ravvivata, durante la mattina europea, dall’uscita dei PMI preliminari di Dicembre. Nessuna forte emozione questo mese, con il dato composite europeo in marginale calo (54 da 54.2 e vs atetse per invariato), ma sempre su livelli coerenti con un attività in espansione al ritmo di 0.4% nel quarto trimestre. A livello regionale, per quel che consentono di capire i limitati dettagli disponibili al momento, la Germania ha riaccelerato in particolare col manifatturiero, mentre la Francia ha marginalmente rallentato. Il resto d’Europa cresce a ritmi massimi da 4 mesi, e più delle 2 principali economie dell’area.
Così gli indici hanno approcciato la seconda parte di seduta in buon progresso, coadiuvati da un mercato del credito in ulteriore recupero. Il picco del sentiment nella giornata è stato toccato all’apertura di Wall Street, dopodichè, l’impatto sull’oil di scorte settimanali di greggio in US sopra attese ha dato il via comprensibili prese di beneficio (visto il +4% in 2 sedute), che hanno pressochè azzerato i progressi di giornata in Europa, mentre Wall Street va incontro alla Yellen conservando marginali progressi. Stabile il $, e in lieve calo i bonds.
Sebbene l’ultima esperienza con Draghi insegni a diffidare delle aspettative basate sulla retorica, ribadisco che un nulla di fatto stasera sarebbe davvero sorprendente. L’incertezza risiede soprattutto nel messaggio con cui Yellen e C. decideranno di accompagnare la mossa. La media delle previsioni dei membri Fed pubblicata al FOMC di settembre (la famosa Dot Plot) indicava all’incirca 4 rialzi da 25 bps entro la fine del 2016, mentre il mercato ne prezza grossomodo 3. Un adeguamento della Dot Plot alle attese del mercato sarà giudicata accomodante, mentre se questa resta invariata, ciò costituirà il principale indizio che il FOMC è più aggressivo del consenso. Per il resto è facile immaginare che attraverso lo statement e la conferenza stampa Janet cercherà di rassicurare il mercato in ogni modo sul fatto che la politica monetaria resta sufficientemente lasca, i rialzi saranno graduali e soprattutto dipenderanno volta per volta dalle condizioni macroeconomiche.
Personalmente, mi attendo una reazione positiva da parte dei mercati. Una volta messo alle spalle il primo rialzo, la relativa incertezza smetterà di gravare il sentiment. Dal punto di vista macroeconomico i tassi lavorano con un forte lag temporale, e quindi per capire se si tratta o meno di policy error, occorreranno mesi.
In occasione dell’annuncio del tapering degli acquisti, istante in cui io personalmente colloco l’inizio dell’inasprimento della politica monetaria in America, i mercati reagirono bene, mentre il peso del progressivo ritiro del QE comincio a sentirsi su dollaro ed equity mesi dopo.
Anche in questo caso mi attenderei che la reazione degli investitori sia raffigurabile con un “tutto qui?”, salvo poi fare i conti con l’aumento del costo del funding in dollari (che è già effettivo da settimane) più avanti. Ovviamente, col rialzo alle spalle, ci sarà ancora da fare i conti con gli altri catalyst della recente debolezza, quali la Cina, lo yuan, il petrolio e l’impatto sul high yield. In questo senso, la tenuta della recente stabilizzazione è di forte rilevanza per la direzionalità di breve.