Metalli e rialzo dei tassi Usa: la correlazione storica non funziona più

Dal punto di vista teorico, per i metalli industriali e più in generale per tutte le materie prime, un rialzo dei tassi d’interesse pone una pressione ribassista essendo le materie prime un asset class che non paga interessi. Il risultato è uno spostamento da parte degli investitori dei propri fondi verso titoli con profili di rendimento più appetibili, come per esempio i titoli di debito. Tuttavia essendo stata tale politica economica restrittiva già prezzato in anticipo, si riscontra un possibile scenario positivo generato da tale rialzo. Infatti, a detta degli analisti di Wings Partners Sim, “un aumento dei tassi d’interesse è sinonimo di economia americana forte e stabile e l’annuncio da parte del presidente della Fed riguardo a un graduale aumento in futuro dei tassi d’interesse ha posto le basi per aspettative posizionate su un aumento dell’inflazione Usa fino al target del 2% ed è un aumento nel livello dei prezzi a generare una positiva prospettiva futura per il comparto dei non ferrosi”.

Nel frattempo, il rame resta nel trading range compreso tra i 4.700 e i 4.500 dollari per tonnellata. Anche l’alluminio confermando la fase laterale di mercato in essere da fine ottobre. Ma in questo caso i corsi potrebbero essere negativamente influenzati dalle view ribassista di Deutsche Bank che ha tagliato il target price 2016 di oltre il 6% 1.514 dollari. Neutralità pure il nickel e, anche in questo caso Deutsche Bank ha tagliato il prezzo per il 2016 a 9.750 dollari (quotazione attuale 8.660).

Infine, per quanto riguarda piombo e zinco, dal lato del mercato fisico, si registra un surplus per il mese di ottobre pari a 3.200 tonnellate per il primo metallo mentre lo zinco ha registrato un deficit pari a 15.000 tonnellate.

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