Nella lotta tra amore e odio, i mercati finanziari scelgono l’amore

A cura di Mark Dowding, Cio di BlueBay

Il crollo dei prezzi degli asset rischiosi è proseguito nell’ultima settimana, alimentato dall’abbondante liquidità. Con i timori legati al Covid-19 che vanno scemando, sembra che la portata dell’intervento dei policymaker globali sia stata tale che ci troviamo in un mondo in cui ora c’è “troppo denaro che insegue troppo pochi asset” (per parafrasare il monetarista Milton Friedman).

Gli acquisti delle banche centrali stanno alimentando l’inflazione dei prezzi degli asset, in quanto sul mercato dominano gli aspetti tecnici. Eppure questo rally si sta svolgendo in un contesto in cui il quadro macroeconomico resta piuttosto cupo. La semplice evidenza dell’entità del malessere economico è evidenziata da più di 21 milioni di disoccupati statunitensi che hanno richiesto sussidi nell’ultima settimana, un totale che è più di tre volte superiore al picco registrato durante l’ultima recessione del 2009.

Ci sono segnali che indicano una ripresa della domanda e della produzione, con l’allentamento dei lockdown. Ciò potrebbe portare ad una crescita su base mensile in alcune serie di dati previsti nelle prossime settimane. Tuttavia, la realtà sembra che i numeri su base annua siano destinati a rimanere depressi, con il calo dei redditi e l’aumento dei tassi di risparmio che pesano sulla domanda dei consumatori e sulla spesa per investimenti e che colpiscono i buffer.

Se si riuscirà a evitare una seconda ondata di contagi, le prospettive economiche potrebbero continuare a migliorare, ma sembra comunque probabile che ci vorranno mesi (nella migliore delle ipotesi) prima che l’attività in alcuni settori chiave possa tornare ai livelli registrati alla fine dell’anno scorso.

Glissando sull’ovvio

Di conseguenza, guardando agli indici azionari come l’S&P 500, che sono sostanzialmente invariati da inizio anno, a volte è necessario ricordarsi che ci troviamo nel mezzo di una recessione profonda. Verosimilmente quando i tassi privi di rischio sui bond a più lunga scadenza vengono portati vicini allo zero dalle banche centrali, determinate a bloccare i tassi con l’obiettivo di controllare la curva dei rendimenti, diventa complesso fare una valutazione equa di tutti gli altri asset.

Sicuramente è facile capire che molti investitori sono spinti a favorire azioni e asset rischiosi, dato che è complesso ottenere rendimenti dai Treasury Usa, con yield vicini allo zero e la Federal Reserve molto scettica riguardo all’idea di rendere i tassi negativi.

Parlando con le autorità, abbiamo notato una crescente sensazione di disagio riguardo alla diffusa ricerca del rischio in una fase in cui i fondamentali sembrano chiaramente sotto pressione. In ogni caso, ciò sembra bilanciato dalla consapevolezza che l’uso dei programmi di acquisto e la conseguente repressione finanziaria aiutano senza dubbio a limitare i rischi economici, promuovendo condizioni finanziarie accomodanti.

Un divario crescente

Dall’altro lato, le stesse politiche delle banche centrali potrebbero sembrare concepite per rendere i ricchi ancora più ricchi, in un momento in cui i meno fortunati sono diventati considerevolmente più poveri. Da questa prospettiva, sembra che le politiche monetarie esacerbino le disuguaglianze di reddito nella società.

In un momento in cui gli Stati Uniti sono passati dal lockdown al coprifuoco per via dei disordini civili, è possibile che l’orrore e l’indignazione comprensibili per l’uccisione di George Floyd e la persistenza di elementi di razzismo nelle società occidentali si trasformino in un movimento di protesta più ampio nei confronti dell’élite al potere. Ci sono divisioni nette e crescenti tra “abbienti” e “non abbienti”, tra gli anziani e i giovani che rappresentano una generazione alle prese con la perdita del lavoro e lo shock sul fronte del reddito e che dovranno sopportare il peso di tasse e debito per molti anni a venire.

Italia più favorita della Grecia

Nell’Eurozona, la decisione della Bce di aggiungere ulteriori 600 miliardi di euro al suo programma di acquisti di asset (Pepp) ha superato le aspettative del mercato. Le attuali dimensioni totali del Pepp di 1.350 miliardi di euro ora rappresentano circa il 10% del Pil dell’area e la flessibilità che permette di indirizzare questi acquisti verso i mercati che ne hanno più bisogno implica che il programma sarà in grado di assorbire tutte le emissioni in eccesso, legate ai deficit fiscali elevati che riguarderanno i Paesi periferici dell’Eurozona nei prossimi mesi.

Sembrerebbe che da quando la Corte Costituzionale tedesca si è espressa in sfavore degli acquisti di asset, la Bce si sia preparata a raddoppiare il suo supporto e, sebbene in ritardo, Lagarde è ora più incline a “gestire gli spread”, con l’obiettivo di garantire che la politica monetaria sia trasmessa in modo adeguato a tutta l’Eurozona. Alla luce di ciò, manteniamo una view costruttiva sull’area periferica.

Le valutazioni potrebbero essere meno attraenti rispetto a un mese fa, ma riteniamo sia realistico aspettarsi che gli spread torneranno sui livelli precedenti alla crisi da Covid-19. Su base relativa, in questo momento troviamo più valore nei Btp italiani che nei titoli di Stato greci. Le valutazioni sono migliorate molto in Grecia, e con i titoli di Stato che ora rendono molto meno rispetto a quelli italiani pensiamo che abbia senso invertire la nostra allocazione tra questi due mercati, soprattutto perché riteniamo che il contesto macro complicherà il ritorno della Grecia allo status di investment grade nel prossimo anno, nonostante i continui miglioramenti sul lato delle politiche intraprese.

Intanto negli ultimi tempi i rendimenti dei Treasury e dei Bund a lunga scadenza hanno iniziato a muoversi al rialzo, mentre il dollaro ha cominciato a indebolirsi rispetto a gran parte delle altre valute. Ciò sembra suggerire un aumento nella partecipazione degli investitori ai reflation trade, anche se siamo scettici sulla durata di questo tipo di investimenti.

Sebbene i rally degli asset rischiosi potrebbero incoraggiare le banche centrali a togliere il piede dall’acceleratore, sembra chiaro che i tassi di interesse non aumenteranno per almeno un paio d’anni e nel prossimo futuro ci aspettiamo che gli istituti centrali mireranno ad ancorare la curva dei rendimenti, cercando di fare tutto il possibile per far resuscitare l’attività economica. Di conseguenza, riteniamo che i rendimenti dei bond core rimarranno nel range ancora per qualche tempo e non vediamo un payoff interessante nell’adozione di una posizione spiccatamente lunga o corta.

Il dollaro continua a offrire valore nonostante le ultime notizie

Sui mercati del forex, il dollaro è stato scambiato a livelli “sani” rispetto alla sovraperformance economica degli Stati Uniti negli ultimi anni. È possibile che ciò diverrà più complesso ora, ma la leadership nel settore tecnologico potrebbe continuare a favorire l’economia Usa e a renderla una destinazione attraente per i capitali, rispetto ai suoi competitor. In tal senso, sembrerebbe prematuro eliminare del tutto l’esposizione al biglietto verde, anche se le notizie riguardo alle proteste, alla politica americana e alla gestione del virus nel Paese non ispirano fiducia al momento.

Cambiando zona, anche gli asset dei mercati emergenti hanno continuato ad avere performance positive. Nel fixed income, tutte le asset class del credito hanno recuperato circa il 75% delle perdite di marzo e in alcuni casi l’affievolimento delle preoccupazioni riguardo all’offerta, che hanno pesato sulle performance ad aprile e nella prima metà di maggio, ha contribuito al restringimento degli spread.

Naturalmente, alcune analisi indicano che il mercato del credito europeo investment grade si ridurrà quest’anno, dopo gli acquisti della Bce, l’uscita dei fallen angels dall’indice e l’aumento dei prestiti da parte delle banche, che sono ansiose di attingere alle generose linee di liquidità della Bce.

Guardando avanti

Per ora sembrerebbe che, in assenza di un catalizzatore in grado di spingere i mercati al ribasso, il rialzo alimentato dalla liquidità immessa possa continuare ancora per un po’. Una seconda ondata di contagi Covid-19, l’aggravarsi delle tensioni Usa-Cina o segnali dell’intenzione delle banche centrali di rallentare i programmi di acquisti asset metterebbero chiaramente a rischio questo trend.

Di conseguenza, dopo essere stati propensi a vendere gli asset che andavano bene, ora ci sembra appropriato mantenere un bias moderatamente ottimistico nei confronti del rischio, specialmente verso gli asset oggetto di acquisto da parte delle banche centrali.

Le valutazioni sono molto meno attraenti rispetto a inizio aprile, ma gli spread restano sostanzialmente più ampi di quanto non fossero a inizio anno e non hanno ancora raggiunto un livello che li rende costosi, a nostro avviso. In particolare, l’abbondante liquidità e i bassi costi di finanziamento del debito mantengono i tassi di default su livelli storicamente bassi, considerando che il quadro in termini di fondamentali resta complicato.

Nella battaglia tra chi ama e chi odia sui mercati finanziari, sembra che per il momento stia vincendo l’amore. Non sarà sempre così, ma in una fase caratterizzata da enormi sfide e difficoltà in tutto il mondo, un po’ più di amore non guasta.

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