Il governo genera il panico, quotazioni interessanti per l’azionario

A cura di Wings Partners Sim

Se dall’altra parte del mondo arrivano infine segnali positivi nel contenimento del contagio (con il numero dei nuovi casi in Cina in costante diminuzione) compensati però dai primi pesanti bilanci economici della pandemia in corso (crollano le esportazioni del 17,2% nel bimestre gennaiofebbraio contro l’incremento del 7,8% su base annua registrato nel dicembre del 2019 e con la bilancia commerciale che vira pesantemente in deficit per 7,1 miliardi di dollari contro i 46,8 miliardi di surplus archiaviati a dicembre) in occidente assistiamo e vere e proprie prove generali di panico particolarmente evidenti proprio nel nostro Paese grazie all’improvvida decisione del governo di diffondere nella notte di sabato una bozza di decreto che, beh, ormai consociamo tutti a menadito, e che ha generato episodi di fughe di massa, in un clima che ricorda da vicino la Santa Inquisizione con tensioni crescenti tra regioni “contagiate” e regioni invece che al di fuori dalle zone rosse, vedono con estremo malumore, il flusso di persone in fuga dalle aree in quarantena.

E con buona pace per la globalizzazione, dopo il crollo dei rapporti commerciali su base globale, dopo l’irrigidimento di quelli intra europei torniamo anche al campanilismo più esasperato, certo forse giustificato dall’eccezionalità dei tempi in cui viviamo, ma che ci dimostra come tutto sommato tutta questa grande evoluzione sociale a cui abbiamo assistito in questi ultimi decenni faccia presto a dissiparsi in un momento di crisi lasciando spazio ai vecchi e cari istinti di base.

In questo perturbato contesto, che ha visto i primi segnali di estrema tensione materializzarsi già nella notte sui mercati asiatici, poco conta il buon dato sull’occupazione americana che pur venerdì era riuscito, seppur non completamente, a calmierare le prese di beneficio su Wall Street, e del tutto ignorata l’immancabile (ma la avevamo già preannunciata no?) dimostrazione militare della Corea del Nord, che rompe il silenzio dopo tre mesi per testare tre missili balistici a corto raggio sulla costa orientale…

Il bilancio già nelle prime ore del mattino è di quelli per cui bisogna risalire almeno ad una dozzina di anni fa (se non venti) per fare una comparazione; i futures sugli indici americani vengono sospesi per eccesso di ribasso (flessione superiore al 5%), il Nikkei cede oltre il 5% , l’Australia oltre il 7%, le aperture europee mostrano al momento flessioni tra il 7% e l’8%, i decennali americani per la prima volta nella storia crollano allo 0,5% di rendmiento, i trentennali Usa sono sotto l’1%, la corona svedese vola ai minimi dal 1980, il peso messicano crolla dell’8%, lo yen vola sui massimi dal 2016 il dollaro si porta brevemente nella notte in area 1,15 contro euro salvo poi recuperare zona 1,14 in queste prime ore di contrattazione in Europa… ma la lista è lunga.

Petrolio, oro e metalli industriali

Ma il movimento più spettacolare di questo travagliatissimo avvio di settimana è senza ombra di dubbio quello del petrolio che si affaccia all’alba europea con una flessione nell’ordine del 30%, il peggior crollo dalla Guerra del Golfo nel 1991. La rottura dell’alleanza tra Arabia Saudita e Russia a causa della ritrosia di quest’ultima a implementare ulteriori tagli alla produzione, e la conseguente decisione dei sauditi di aprire una guerra di prezzi al ribasso sul greggio (con il più cospicuo taglio ai prezzi in un ventennio e le contestuali voci di un incremento della produzione a un livello compreso tra i 10 ed i 12 milioni di barili al giorno) si abbattono come un maglio sui mercati energetici mondiali, memori dei movimenti registrati nel passato ogniqualvolta l’Arabia Saudita si è imbarcata in azioni similari (le quotazioni del Wti scesero del 66% tra la fine del 1985 e marzo del 1986 quando cercarono di contrastare l’incremento della produzione Usa) e con prospettive che vedono adesso una potenziale ulteriore correzione dei corsi in area 20 dollari al barile.

Neanche a dirlo le quotazioni dell’oro svettano nuovamente sopra quota 1.700 dollari l’oncia, marcando i massimi dal dicembre 2012 prima di rientrare in area 1.670 dollari questa mattina, mentre il comparto dei non ferrosi accusa duramente il colpo con il rame sui minimi dal maggio 2017 e lo zinco ai minimi dal 2016; pressione ribassista che si ravvisa ovviamente sui metalli più volatili (il nickel cede al momento circa 400 dollari a tonnellata portandosi sotto quota 12.400 dollari) o quelli più legati al generale comparto finanziario (come detto il rame che al momento cede oltre 150 dollari a tonnellata) ma che sembar abbastanza composta sul resto del mercato, che cede qualche manciata di dollari come nel caso dell’alluminio o del piombo (quest’ultimo difende strenuamente quota 1.800 dollari e anzi nella sessione di Shanghai ha mostrato evidenti segnali di controtendenza al generale sentiment ribassista).

Si annuncia una giornata lunga in una settimana complicata di un mese difficile di un anno bisestile che ha già messo a dura prova tutti noi; i prezzi su molti comparti (basti pensare al petrolio, ma anche l’azionario europeo da segnali di appetibilità) iniziano a essere estremamente interessanti, ma cautela e progressività sono d’obbligo in questi frangenti, di cui non abbiamo esperienza nel passato; è presto per dire che il peggio è alle spalle.

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