Le Borse rallentano nel finale, euro sordo all’inflazione tedesca

A cura di Vincenzo Longo, market strategist di IG

Seconda seduta dell’anno all’insegna della volatilità per le Borse europee, seppur i volumi siano stati piuttosto bassi. Gli indici hanno ridotto i rialzi nell’ultima ora di contrattazione, dopo aver trascorso gran parte della seduta in deciso territorio positivo, grazie principalmente alle buone notizie macro. Nella notte, l’indice PMI manifatturiero cinese di dicembre redatto da Caixin ha mostrato un balzo a 51,9 punti, dai 50,9 di novembre. Buona la contribuzione del sotto indice della produzione, salita ai massimi da 6 anni. Incoraggiante è stata anche la lettura dell’indice ISM manifatturiero statunitense che, sempre a dicembre, ha raggiunto 54,7 punti, il livello più alto da due anni. Le indicazioni macro positive sembrano allentare i timori degli investitori su un rallentamento della crescita globale, anche se permane ancora una certa cautela.

Ancora una volta protagonista del mercato è stato il petrolio, che ha inaugurato il 2017 raggiungendo i nuovi massimi da oltre 18 mesi. Sia il Brent che il WTI si stanno avvicinando sempre più alla soglia dei 60 dollari/barile, livello di resistenza importante oltre il quale i timori di eccesso di offerta potrebbero ritornare a impensierire il mercato.

Proprio l’accelerazione del greggio ha aggiunto pressione al mondo del fixed income, con i bond governativi che sono stati bersagliati dalle vendite. Il rendimento del Tnote 10 anni è passato dal 2,44% al 2,52%, slavo poi ripiegare negli ultimi minuti. Medesimi movimenti hanno caratterizzato il Bund. Nonostante tutto, lo spread BTp-Bund sul tratto decennale è tornato ad allargarsi sopra i 160 punti base, con gli investitori che vedono sempre più concreta la possibilità che gran parte dei 20 miliardi stanziati dal governo per stabilizzare le banche si trasformino in debito pubblico.

Ruolo da protagonista è stato interpretato anche dal dollaro statunitense, sostenuto dagli alti rendimenti dei Treasury e dai buoni dati macro Usa. Il biglietto verde ha così aggiornato nel pomeriggio i nuovi massimi da 14 anni verso la moneta unica, con il cambio Eur/Usd scivolato a 1,0340. Forte rialzo per il Dollar Basket, che ha sfondato i precedenti massimi di dicembre, riposizionandosi a 103,80 punti, top da dicembre 2002. Tali movimenti sono rientrati nell’ultima ora, probabilmente a causa dei bassi volumi che condizionano il mercato. La parità del cambio EUR/USD rimane ormai solo questione di tempo. Il cross non è stato mai in grado di riposizionarsi in maniera stabile sopra 1,05 nell’ultimo mese, segnale che la debolezza rimane forte. Neanche la lettura oltre le attese dell’inflazione tedesca di dicembre (con il dato tendenziale salito ai massimi da luglio 2013) ha sostenuto la moneta unica. Crediamo infatti che tale indicazione non intacchi le misure già approvate lo scorso dicembre da parte della Bce, che si è impegnata già per l’intero 2017.

Segnaliamo il tonfo del peso messicano, dopo la notizia diffusa nel pomeriggio secondo cui Ford non procederà all’investimento in un nuovo impianto in Messico del valore di 1,7 miliardi di dollari, mentre amplierà quello attualmente in essere nel Michigan.

Nonostante il balzo del biglietto verde, l’oro sembra aver retto bene, anche se le vendite di metallo fisico non si arrestano. Secondo i dati di dicembre, le vendite dell’ETF SPRD GOLD sono state pari a 2,27 miliardi di dollari, il valore più alto da maggio 2013, quando Bernanke ventilò l’ipotesi di dare inizio al tapering, poi verificatasi a fine di quell’anno. Il mercato sembra puntare a un atteggiamento abbastanza aggressivo della Federal Reserve, con almeno 3 rialzi nel corso dell’anno.

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