Fed, la possibile stretta di domani incombe sull’oro

A cura di Névine Pollini, Senior Commodities Analyst di Ubp

Il 28 febbraio il discorso di Trump al Congresso, anche se non ha fornito alcun dettaglio specifico sulle promesse di politica fiscale, è stato accolto positivamente e ha spinto al rialzo il dollaro e i rendimenti dei bond, mettendo così l’oro sotto pressione.

Un altro aspetto negativo che sta pesando sul prezzo dell’oro è il costante tono da falco della Federal Reserve manifestato anche da alcuni funzionari dell’Istituto centrale – solitamente con un approccio più a favore di una politica accomodante – come il membro del Consiglio di amministrazione Lael Brainard, il presidente della Fed di New York William C. Dudley o quello della Fed di San Francisco John Williams, alla luce dei dati macro statunitensi ancora solidi e del miglioramento delle condizioni finanziarie.

Anche il discorso tenuto il 3 marzo dal presidente della Fed, Janet Yellen, all’Executives’ Club of Chicago ha dato un segnale molto chiaro in direzione di un rialzo dei tassi nel corso del prossimo meeting del FOMC. I mercati ormai hanno praticamente prezzato a pieno la possibilità di un rialzo il 15 marzo.

Per quanto riguarda la Banca Centrale Europea, come da attese, nel corso del meeting di marzo l’istituto di Francoforte ha mantenuto invariati i tassi d’interesse e confermato il programma di Quantitative Easing ridotto (60 miliardi di euro al mese da aprile a dicembre). Tuttavia, ha rivisto al rialzo le proprie stime sull’outlook economico: la Bce ora vede, infatti, una “ripresa stabile da parte delle aziende” con una buona probabilità che “la ripresa ciclica possa guadagnare slancio”. Lo scenario più probabile è che la decisione di ridurre ulteriormente gli acquisti nel 2018 venga comunicata nel terzo trimestre e ciò potrebbe aggiungersi al sentiment negativo nei confronti dell’oro.

Con le politiche altamente anticonvenzionali di Trump e le conseguenti potenziali incertezze che si potrebbero creare, con le preoccupazioni circa la Brexit e i timori circa gli esiti delle elezioni in Olanda, Francia e Germania, l’oro potrebbe sembrare un asset attraente. Ciononostante, però, visto che la robusta economia statunitense e il conseguente approccio della Fed a favore di un irrigidimento della politica monetaria rimarranno i driver principali per i prezzi del metallo giallo nel 2017, noi restiamo convinti che l’oro continuerà a oscillare in un range tra i 1100 e i 1300 dollari.

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