Oro: anno nuovo, stessi rischi. L’analisi e le previsioni di VanEck

“Durante le festività del Ringraziamento, il tentativo fatto dagli speculatori allo scoperto di portare il prezzo dell’oro al di sotto della soglia tecnicamente importante di 1.800 dollari l’oncia è fallito. Il 1° dicembre, infatti, l’oro è rimbalzato a 1.815 dollari l’oncia guadagnando 121,41 dollari (6,8%) e ha chiuso il mese a 1.898,36 dollari l’oncia. Le azioni aurifere hanno registrato variazioni consistenti, con un rialzo del 4,57% per il Nyse Gold Miners Index (GDMNTR) e del 10,76% per il Mvis Global Junior Miners Index (MVGDXJTR). Le notizie sui vaccini nel corso del mese non hanno inciso sull’andamento del metallo giallo, il che indica che l’entusiasmo sul fronte vaccinale era stato interamente scontato nel rallentamento del mercato dell’oro lo scorso novembre”. Lo spiega Joe Foster, Portfolio Manager e Strategist di VanEck. Di seguito la sua analisi.

L’oro ha toccato il massimo il 21 dicembre (1.906 dollari l’oncia) quando il Congresso ha trovato l’accordo definitivo su un nuovo pacchetto di misure di aiuti per la pandemia da coronavirus che prevede una spesa in deficit di 900 miliardi di dollari. Il metallo giallo è stato inoltre sostenuto dall’indebolimento del dollaro, sceso a un nuovo minimo a 30 mesi sulla scia del clima di “propensione al rischio” che ha portato il mercato azionario a sfiorare nuovi massimi. Va inoltre sottolineato che i cospicui deflussi dagli Etf sull’oro fisico osservati a novembre si sono arrestati a dicembre. Nel secondo semestre del 2020 l’argento ha rifatto capolino, sovraperformando l’oro del 38% e guadagnando il 16,6% nel mese di dicembre. Essendo un metallo monetario e industriale, l’argento coglie il meglio dei due mondi: da un lato, trae vantaggio dai rischi sistemici che fanno prosperare l’oro, dall’altro è sostenuto dalle aspettative di crescita post-pandemia e dalle iniziative verdi che favoriscono il rame. Per dare un’idea, il rame ha chiuso l’anno a 3,52 dollari per libbra, il prezzo più alto in quasi sette anni.

L’oro chiude il decennio alla grande

Nel 2020 l’oro ha guadagnato il 25,1% ovvero 381 dollari l’oncia, il maggior incremento percentuale annuo in un decennio. Una miriade di fattori legati alla pandemia hanno determinato i movimenti dell’oro a gennaio, quando sono dilagati i contagi in Cina. A febbraio, con il diffondersi del Covid alla Corea del Sud, l’oro ha toccato i massimi a sette anni. Tuttavia, nell’ultima settimana di febbraio, le notizie che i contagi avevano colpito Italia, Iran e Stati Uniti hanno fatto crollare i mercati e il 16 marzo l’oro è sceso a 1.451 dollari, il minimo annuale. Il tonfo ha coinvolto anche le azioni aurifere, con gli investitori impegnati a reperire liquidità per far fronte a margin call e rimborsi e per assumere posizioni avverse al rischio.

Smorzato il panico, l’oro e le azioni aurifere hanno recuperato terreno, riportandosi sui livelli pre-crisi nei primi giorni di aprile. Ad aprile, maggio e giugno l’oro ha toccato nuovi massimi di lungo periodo. Il 27 luglio il metallo giallo ha superato il massimo storico del 2011 (1.921 dollari l’oncia) per raggiungere un ultimo picco il 7 agosto, a 2.075 dollari l’oncia. A partire da agosto, l’oro si è preso una pausa stabilizzandosi nell’intervallo compreso tra 1.800 e 2.000 dollari l’oncia. Ai primi di novembre, le notizie dei risultati positivi delle sperimentazioni sui vaccini anti-Covid hanno riacceso la speranza di un ritorno alla normalità, spingendo al ribasso l’oro ed esponendolo al test del supporto tecnico di lungo termine a 1.800 dollari per oncia. Il supporto ha tenuto e l’oro si è mosso al rialzo a dicembre, mentre l’U.S. Dollar Index (DXY) sfiorava nuovi minimi, chiudendo l’anno a 1.898 dollari l’oncia.

Rialzi alimentati da incertezza sui mercati e rischi sistemici

Nel 2020 il mercato rialzista dell’oro è stato trainato da una serie di fattori, tra cui:
. incertezza e rischi causati dalla pandemia;
. riduzione (allo 0%) dell’obiettivo di tassi d’interesse della Fed, calo dei rendimenti obbligazionari e tassi reali negativi;
. spesa pubblica senza precedenti;
. allentamento quantitativo della Fed (per acquistare Treasury e titoli garantiti da ipoteca a un ritmo di 120 miliardi di dollari al mese);
. espansione senza precedenti dei programmi della Fed per acquistare titoli ed erogare credito a ogni settore dell’economia;
. altissimi livelli di debito tra le imprese;
. debolezza del dollaro a partire da luglio;
. tensioni commerciali e di altra natura con la Cina Gli afflussi record nei prodotti negoziati in Borsa (Etp) sull’oro fisico mostrano come gli investitori utilizzino l’oro per proteggere i propri portafogli dal deprezzamento delle valute, dal collasso del sistema o dall’inflazione che possono essere il risultato involontario di politiche dei tassi zero, di oneri debitori gravosi e di migliaia di miliardi di dollari di liquidità iniettati nell’economia globale.

Le società estrattive battono il metallo

Le società estrattive del settore aurifero hanno sovraperformato il metallo per la maggior parte del 2020, nonostante la parziale stabilizzazione raggiunta a fine anno. E, sebbene in generale gli investitori debbano aspettarsi che le azioni aurifere battano il metallo in un contesto di prezzi crescenti dell’oro (per la leva implicita che le aziende estrattive hanno rispetto all’oro), non è raro vedere le società sottoperformare quando i rischi in gioco sono elevati. La maggior parte delle società estrattive in cui abbiamo investito ha dimostrato di essere in grado di gestire i protocolli Covid senza incidere significativamente sulla produzione e sui costi. I produttori di maggior successo hanno continuato a tenere sotto controllo i costi e i flussi di cassa disponibili e ad assicurare un’allocazione del capitale rigorosa e ritorni agli azionisti. Inoltre, secondo i bilanci trimestrali, molte di queste società hanno distribuito più dividendi nel corso dell’anno e registrano al momento rendimenti in media superiori al 2%.

Il contesto per l’oro resterà immutato nel 2021

Riteniamo che gli stessi fattori che hanno spinto l’oro al rialzo nel 2020 resteranno in gioco anche nel 2021. Nei prossimi mesi, non appena gli Stati Uniti e gli altri paesi raggiungeranno l’immunità di gregge, il mondo cambierà volto. In questo commento cerchiamo di individuare i rischi residui che potrebbero condizionare l’andamento dell’oro non appena il virus sarà stato domato.

Tassi negativi e bolle speculative

Il maggior rischio deriva dagli effetti distorsivi che i tassi nominali negativi, i tassi reali negativi e le politiche dei tassi zero hanno sui mercati. La Fed ha dichiarato di voler mantenere la politica dei tassi zero almeno fino a tutto il 2023. I rendimenti estremamente bassi costringono gli investitori a scommettere su segmenti più rischiosi dell’universo d’investimento. Inoltre, i mercati risentono delle distorsioni dovute ai massicci interventi pubblici tesi ad acquistare attivi e a iniettare liquidità nell’economia tramite prestiti, spesa e contributi a fondo perduto. Di conseguenza, assistiamo alla stessa inflazione dei prezzi degli attivi osservata dopo la crisi finanziaria globale, ma questa volta ingigantita. Incredibilmente, mentre siamo ancora nel bel mezzo di una crisi sanitaria storica, si sono venute a creare bolle speculative che hanno investito azioni, obbligazioni societarie, Bitcoin ed edilizia residenziale. Margin debt e opzioni call sono a livelli storici. La corsa alla ricerca del più folle (nota come la “greater fool theory”) è in pieno svolgimento e un altro crollo è un’eventualità da non escludere.

Debito

Il secondo rischio da considerare è l’enorme debito che grava sulle spalle di governi e imprese. Nessuno sa quali siano i limiti della capacità di indebitamento, ma sicuramente è un numero finito che può essere superato ogni volta. Inoltre, qualunque evento inneschi un rialzo dei tassi d’interesse potrebbe rendere il costo del debito un onere insopportabile.

Nuova amministrazione

Il terzo rischio è rappresentato dalle politiche della nuova amministrazione Biden. L’aumento delle imposte su aziende e persone fisiche promesso durante la campagna elettorale, insieme alla maggiore regolamentazione di molti segmenti dell’economia, potrebbero ostacolare la crescita economica. La spesa in deficit – forse per migliaia di miliardi di dollari – renderà più gravoso l’onere del debito. La maggiore spesa pubblica nei settori prediletti, nei programmi statali e di enti locali e in diversi programmi federali, stimolerà l’economia. Tuttavia, la spesa pubblica è probabilmente l’utilizzo meno produttivo del capitale che il genere umano conosca.

Inflazione

L’inflazione è un altro rischio che potrebbe cogliere di sorpresa molti investitori. Pensiamo che l’inflazione annua supererà il 2% a partire da marzo, quando la recessione da pandemia del 2020 diventerà la nuova base per effettuare misurazioni anno su anno. Col passare dei mesi, il clima più mite e il diffondersi delle campagne vaccinali potrebbero portare a una riedizione dei ruggenti anni Venti: un’impennata della domanda e una spesa praticamente illimitata resa possibile dalla grande abbondanza di liquidità iniettata dal governo nel sistema finanziario. L’inflazione potrebbe diventare un problema duraturo, non limitato a confronti isolati tra un anno e l’altro.

Rallentamento del dollaro

Nel 2020 il DXY ha perso il 6,8%. Nel 2021, per una serie di ragioni, questa debolezza potrebbe trasformarsi in un mercato ribassista di più lunga durata. Con la politica dei tassi zero della Fed, scompare anche il beneficio del dollaro in termini di tassi sovrani più elevati. Attualmente, infatti, i rendimenti reali dei Treasury (corretti per l’inflazione) sono più bassi di quelli generati dai titoli di Stato giapponesi o tedeschi. A mano a mano che la ripresa economica recupera slancio, le economie emergenti con tassi di crescita maggiori attireranno i capitali dagli Stati Uniti. Inoltre, sotto l’amministrazione Biden la posizione fiscale del governo statunitense potrebbe ulteriormente peggiorare.

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