Scordatevi un nuovo QE se arriva Weidmann alla Bce!

A cura di Peter Rosenstreich, Head of Market Strategy di Swissquote

Questo weekend sarà dominato dalla riunione a Bruxelles dei capi politici europei e dai rappresentanti dei Paesi del G20 in Osaka. Dal punto di vista del mercato, non siamo molto interessati allo sviluppo di questo summit che si focalizzerà completamente su temi di natura individuale. La nostra attenzione sarà certamente calamitata dalle notizie sul potenziale successore di Draghi alla Bce, e sappiamo come le possibilità di avere Jens Weidmann come nuovo presidente siano aumentate moltissimo. D’altra parte, l’eredità che lascia Draghi è quella di un dominio totale sul Consiglio dei Governatori. Un controllo che è stato cesellato nel “whatever it takes” e nelle azioni successive che sono risultate in grado di mettere al sicuro l’esperimento di politica monetaria europea nel 2012.

Mentre Trichet aveva la mano pesante, nella testa di molti investitori Draghi e la Bce sono la stessa cosa. E’ logico aspettarsi dunque il ritorno al potere delle varie fazioni interne al Consiglio che vorranno recuperare il potere che con Draghi avevano dovuto mettere da parte. La sua politica di “concessioni” verso le nazioni periferiche (sia attraverso un allentamento dei tassi che tramite il posticipo della normalIzzazione di politica monetaria) potrebbe venire un po’ annacquata e c’è da scommettere che Weidmann dovrà giocoforza stare ad ascoltare quei governatori preoccupati circa le conseguenze sulle banche, le pensioni e i risparmiatori di un periodo prolungato di tassi di interesse negativi.

Escludendo un peggioramento significativo dello scenario economico (la Bce ha già espresso il suo timore sul calo delle aspettative del tasso di inflazione) infatti qualsiasi misura nuovamente accomodante (leggi Quantitative Easing) non-ortodossa sarà certamente rimandata a data da destinarsi. Se Weidmann otterrà il via libera, gli investitori si aspetteranno minori acquisti di titoli obbligazionari a supporto delle curve dei tassi e dei titoli bancari. Pur tuttavia, non ci aspettiamo una brusca correzione in quanto molti pezzi devono ancora trovare l’incastro perfetto, specie considerando che non possiamo sapere con certezza quale sarà l’atteggiamento reale del nuovo Presidente che dovrà rappresentare 19 Stati membri dell’Unione Europea.

Fino a ora, l’apertura di Fed e Bce a nuovi tagli dei tassi ha portato ad una discesa dei rendimenti su entrambe le sponde dell’Atlantico con l’oro che è risultato il primo beneficiario delle aspettative di questa svalutazione monetaria. Ciò detto, le incertezze politiche nella BCE potrebbero ribaltare completamente l’attuale trend che vede una prevalenza di trading sui cosiddetti beni-rifugio.

L’incontro tra il Presidente Trump e Xi domani ai margini del G20 sarà l’evento clou che potrebbe avere il maggior impatto sui mercati. A differenza degli altri incontri, entrambe le economie interne di Usa e Cina stanno riportando rallentamenti considerevoli e questo ci fa ben sperare per un risultato costruttivo, per quanto un accordo più strutturato sia da escludere al momento. Trump si trova ora sotto pressione per trovare una soluzione man mano che iniziano a vedersi gli effetti negativi della trade-war. Gli Usa ora potrebbero rischiare cambiamenti strutturali che potrebbero danneggiare a tempo indeterminato sia il settore agricolo che manifatturiero e che potrebbero poi riversarsi nell’economia più generale. L’improvviso capovolgimento della fiducia dei consumatori indica che la guerra commerciale inizia ad avere almeno psicologicamente i primi effetti anche sugli americani. Pur non volendo anticipare alcuna svolta, crediamo che Trump assumerà toni più moderati in questi giorni e che ciò verrà accolto positivamente dai mercati nelle aperture di lunedì.

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