Banche centrali, far seguire i fatti alle parole. La view e l’asset allocation di Allianz GI

Per non deludere le eccessive attese di sostegno dalla politica monetaria, le Banche Centrali non potranno fare a meno di mettere in pratica quanto promesso. Occorre far seguire i fatti alle parole”. Ad affermarlo è Stefan Scheurer, Director di Global Capital Markets& Thematic Research, Allianz Global Investors, che di seguito illustra nel dettaglio la propria view.

Le probabilità che le Banche Centrali globali adottino nuovamente una linea accomodante sono elevate; parliamo anzitutto della Federal Reserve statunitense (Fed), della Banca Centrale Europea (BCE) e di numerose autorità monetarie dei Paesi emergenti, fra cui Indonesia, Russia, Sudafrica, Corea del Sud e Turchia. E proprio per effetto delle attese di una politica monetaria sempre più espansiva, i mercati azionari internazionali sono saliti ai massimi storici, o per lo meno ai massimi annuali, mentre sui mercati obbligazionari gli spread si sono ridotti e i rendimenti sono scesi in alcuni casi ai minimi record.

Tuttavia diversi investitori si chiedono se le autorità monetarie e fiscali riusciranno a pilotare un atterraggio morbido (“soft landing”) del ciclo economico statunitense che dura ormai da oltre 120 mesi, con cui porre eventualmente le basi per una nuova accelerazione. Anche se, per lo meno nel mese appena concluso, si sono osservati i primi timidi segnali di stabilizzazione, a un osservatore più attento non sfugge l’iniziale debolezza degli USA, soprattutto nel settore manifatturiero. Probabilmente il graduale rallentamento della crescita globale sta intaccando anche il comparto manifatturiero statunitense. Tale fenomeno, insieme al persistente conflitto commerciale, all’incertezza politica circa la Brexit e alle tensioni geopolitiche nella regione del Golfo, ha indotto il Fondo Monetario Internazionale a rivedere ancora una volta al ribasso le stime di crescita. L’avanzare della stagione di pubblicazione degli utili del secondo trimestre 2019 sarà quindi fondamentale per capire l’effettivo impatto della guerra dei dazi, tanto più che le pressioni sui margini sembrano aumentare in ragione della crescita salariale, sia negli USA che in Europa.

Per non deludere le eccessive attese di sostegno dalla politica monetaria, le Banche Centrali non potranno fare a meno di mettere in pratica quanto promesso. Non mancano tuttavia i dubbi sull’efficacia di un simile intervento: una rapida attenuazione della crisi di fiducia provocata dall’incertezza politica non è scontata e la liquidità a buon mercato ha i suoi risvolti negativi. Secondo l’Institute of International Finance, l’indebitamento dei 30 maggiori Paesi emergenti è salito al 216% dei rispettivi output economici, cioè a quasi 70.000 miliardi di dollari. Tali circostanze potrebbero frenare anche i mercati azionari, come avvenuto in passato in situazioni analoghe. Una cosa è certa: una politica monetaria che resti comunque espansiva, o lo diventi ancora di più, potrebbe sostenere gli asset rischiosi, contenere la volatilità e, idealmente, estendere il ciclo economico. Gli investitori dovrebbero continuare a privilegiare i flussi di reddito come i dividendi. Tanto più che le obbligazioni governative e societarie con rendimenti negativi hanno ormai raggiunto un volume di circa USD 13.000 miliardi. La ricerca di rendimento continua, e non è certo più facile.

Allocazione tattica, azioni e obbligazioni

  • Per non deludere le eccessive attese di sostegno dalla politica monetaria, le Banche Centrali non potranno fare a meno di mettere in pratica quanto promesso. L’intervento delle autorità dovrebbe continuare a favorire non solo le azioni, ma anche le obbligazioni.
  • Inoltre in questa fase avanzata del ciclo è sempre più importante che i dati economici reali rispecchino gli effetti positivi della politica monetaria e fiscale. La riduzione dei tassi non è la ricetta magica per risollevare un’economia in decelerazione, e la liquidità a buon mercato ha i suoi risvolti negativi.
  • Dalla pubblicazione degli utili del secondo trimestre si evince che più a lungo si protrae il conflitto commerciale, maggiori saranno i rischi di ribasso per le stime economiche e di utili, che si basano sulle attese di un miglioramento nel secondo semestre.
  • Gli investitori continueranno a concentrarsi sui flussi di reddito come i dividendi. Tanto più che le obbligazioni governative e societarie con rendimenti negativi hanno ormai raggiunto un volume di circa USD 13.000 miliardi.
  • Ci attende una maggiore volatilità. L’approccio attivo alla selezione dei titoli e dei segmenti di mercato resta imprescindibile.

Azioni Europa

  • Le previsioni per l’economia dell’Eurozona potrebbero risentire ancora di fattori a medio-lungo termine, tra cui i persistenti rischi associati alla guerra commerciale fra Stati Uniti e Cina, e l’incertezza politica ed economica relativa alla Brexit.
  • L’inflazione nell’area euro resta ben al di sotto del target di stabilità dei prezzi fissato dalla BCE, nonostante il lieve incremento di giugno dall’1,2% all’1,3% (tasso di riferimento dallo 0,8% all’1,1%).
  • In tale contesto, si attendono dalla BCE segnali concreti di una prosecuzione o di un ampliamento della politica monetaria accomodante in termini verbali (“forward guidance”) o tramite una riduzione del tasso di deposito nel secondo semestre.
  • Se in Europa la congiuntura si è leggermente stabilizzata, di recente il sentiment sull’economia britannica è decisamente peggiorato. Inoltre, la nomina di Boris Johnson a primo ministro inglese potrebbe alimentare il dibattito su una Brexit senza accordo entro il 31 ottobre.
  • Le valutazioni vanno da moderate a interessanti, a seconda del Paese. In base ai deflussi di capitali, il segmento delle azioni europee sembra uno dei più trascurati. In presenza di una politica a un nodo cruciale e di trend negativi che sembrano già noti, tale situazione può offrire opportunità in ottica tattica.

Azioni USA

  • Nonostante i timori per la guerra commerciale, in base alle ultime relazioni della Fed (Beige Book) le attese per l’economia statunitense nel breve periodo sono positive. Fra maggio e giugno l’economia è avanzata a passo moderato e nei prossimi mesi la Fed si attende una crescita analoga.
  • Le previsioni per il settore manifatturiero USA restano tuttavia deboli. Allo stesso tempo, il mercato del lavoro decisamente solido e la crescita salariale dovrebbero continuare a sostenere i consumi privati, come si evince anche dall’aumento della fiducia dei consumatori misurato dall’Università del Michigan.
  • La svolta della Federal Reserve dovrebbe sostenere l’asset class, ma potrebbe anche deludere i mercati nel caso in cui, in base all’andamento economico, i tagli dei tassi non si concretizzassero nella misura prevista.
  • Quanto alle valutazioni, il mercato USA non ci sembra più molto sopravvalutato. Tuttavia, l’aumento del costo del lavoro dovrebbe iniziare a pesare sui margini di profitto delle aziende, come emerge dalla pubblicazione dei bilanci del secondo trimestre.

Azioni Giappone

  • Malgrado il mancato raggiungimento dell’obiettivo dei due terzi, alle ultime elezioni il partito liberaldemocratico (LDP) del premier giapponese Abe ha mantenuto la maggioranza. Di conseguenza, con ogni probabilità l’aumento dell’IVA verrà implementato a ottobre come previsto, insieme a nuovi stimoli fiscali e al continuo allentamento della politica monetaria.
  • Nonostante un mercato del lavoro a pieno regime, in Giappone non si osserva ancora alcun segnale di aumento sostenibile dei prezzi che possa portare verso l’obiettivo di inflazione della Bank of Japan. Per tale motivo, in occasione dell’ultima riunione di politica monetaria, l’istituto ha adeguato le previsioni sull’inflazione oltre a quelle sulla crescita.
  • Di recente si sono osservati i primi segnali di stabilizzazione economica, ma la fiducia delle imprese resta scarsa, alla luce del rallentamento mondiale.
  • Alcuni parametri delle valutazioni risultano interessanti, ma il mercato non offre alcuna caratteristica distintiva favorevole.

Azioni mercati emergenti

  • Gli effetti della guerra sugli scambi fra Cina e Stati Uniti sono sempre più visibili: la crescita dell’economia cinese nel secondo trimestre si è attestata al 6,2% a/a, il livello più basso dal 1992.
  • Anche se il programma di stimolo messo in atto dal governo centrale sembra dare i primi frutti (in giugno la produzione industriale e le vendite al dettaglio hanno registrato rialzi sorprendentemente forti) si prevede un indebolimento del momentum sulla crescita.
  • È dunque possibile che Pechino adotti ulteriori misure di rilancio economico per stabilizzare non solo la congiuntura locale, ma anche altri mercati, soprattutto asiatici.
  • Dopo la svolta accomodante della Federal Reserve, di recente diverse Banche Centrali delle aree emergenti (fra cui Corea, Indonesia e Sudafrica) hanno inviato chiari segnali di allentamento: una combinazione di fattori che dovrebbe migliorare le condizioni finanziarie nei Paesi emergenti.
  • Si prevede inoltre che tale trend favorirà l’indebolimento del dollaro USA. Una simile evoluzione sosterrebbe l’azionario emergente, favorito anche da valutazioni che possono definirsi interessanti, anche se ogni Paese ha le sue specificità.

Tema di investimento: prezzo del petrolio

  • Rispetto al trimestre precedente la domanda di petrolio è stata rivista al ribasso alla luce del persistente conflitto commerciale fra USA e Cina e della lieve decelerazione dell’economia mondiale.
  • Esiste tuttavia il rischio di una riduzione dell’offerta a fronte dell’estensione dei tagli alla produzione dell’OPEC+ (Paesi OPEC e i 10 Stati firmatari della Carta di cooperazione) al primo trimestre 2020, della riduzione delle scorte statunitensi e delle sanzioni USA contro il Venezuela e soprattutto l’Iran.
  • Per effetto di fattori macroeconomici (p.e. commercio, dollaro USA), geopolitici (p.e. rischio sul fronte dell’offerta di petrolio) e legati ai singoli Paesi, i prezzi delle materie prime dovrebbero restare relativamente stabili, ma non si esclude un aumento del prezzo del greggio nel secondo semestre.
  • In particolare, l’orientamento sempre più accomodante delle Banche Centrali mondiali e i fattori geopolitici, che potrebbero incidere negativamente sui rifornimenti di petrolio (Stretto di Hormuz), potrebbero portare a un rincaro del greggio nella seconda metà dell’anno.

Obbligazioni Euro

  • Nonostante le valutazioni onerose, i Bund tedeschi dovrebbero continuare ad offrire rendimenti prossimi a quelli attuali (negativi) a fronte di maggiori rischi sulla crescita economica, scarse attese inflazionistiche e una BCE ancora espansiva.
  • I titoli governativi periferici dell’Eurozona, caratterizzati da valutazioni poco interessanti, restano vulnerabili ad ogni aumento dei rischi politici (in particolare l’Italia).
  • Il panorama dei rendimenti si conferma poco interessante. Circa il 50% dei titoli governativi europei e circa l’80% di quelli tedeschi offrono yield negativi.

Obbligazioni internazionali

  • Il momentum all’interno dei mercati finanziari in questa fase di fine ciclo dovrebbe continuare ad aumentare, nel quadro di una crescita economica appena al di sotto del potenziale, di maggiori rischi di recessione nel medio periodo e di un’inflazione contenuta.
  • Anche se le crescenti attese di ulteriori stimoli monetari esercitano pressioni ribassiste sui rendimenti, le valutazioni di mercato hanno già raggiunto livelli ambiziosi.
  • Nel quadro dell’orientamento accomodante della Federal Reserve e dei crescenti rischi economici, per il momento i rendimenti dei Treasury USA a lungo termine dovrebbero evidenziare movimenti laterali oscillando attorno agli attuali bassi livelli.

Obbligazioni mercati emergenti

  • Il cambio di rotta della Fed ha offerto alle Banche Centrali dei Paesi emergenti (da ultimo quelle di Corea, Indonesia e Sudafrica) margine di manovra per una politica monetaria più accomodante.
  • Il debito emergente in valuta forte e in valuta locale risente, tra l’altro, di squilibri strutturali e di un contesto economico più fragile, ma potrebbe beneficiare di un deprezzamento del dollaro USA.
  • Al contrario di quanto si osserva sui mercati sviluppati, i rendimenti (reali) medi delle obbligazioni emergenti sono decisamente positivi, mentre gli spread si confermano interessanti rispetto alle medie di lungo periodo.

Obbligazioni societarie

  • Le obbligazioni investment grade e high yield potrebbero risentire del tipico contesto critico di fine ciclo.
  • Le crescenti attese del mercato circa una ripresa del programma di acquisto titoli della BCE (anche alla luce della nomina di Christine Lagarde alla presidenza della BCE al posto di Mario Draghi) dovrebbero far aumentare la domanda di obbligazioni corporate in euro.
  • Ai livelli attuali i titoli high yield USA e le obbligazioni societarie investment grade appaiono moderatamente sopravvalutati in ottica fondamentale. Lo stesso vale per il debito high yield in euro, anche se i premi “puri” per il rischio di credito e di liquidità sono indice di valutazioni relativamente neutrali delle obbligazioni societarie (investment grade) in euro rispetto ai titoli governativi.

Valute

  • A fronte di differenziali di interesse sempre più elevati rispetto ad altre valute e del rallentamento dell’economia globale, nel corso del mese il dollaro USA ha continuato ad apprezzarsi e mostra un trend rialzista ancora intatto. Tuttavia prima o poi la svolta accomodante della Fed inizierà a pesare sulla divisa statunitense.
  • Le valute dei Paesi emergenti hanno subito pressioni sempre maggiori a causa di fattori idiosincratici (tra cui la crisi turca), ma anche di un maggiore indebitamento con l’estero. Nelle ultime settimane la situazione è tuttavia leggermente migliorata; attualmente prevale un trend rialzista, non da ultimo per effetto della svolta accomodante della Fed.
  • Il renminbi cinese resta in balia della guerra commerciale sino-americana. Più aumentano le tensioni e più si inaspriscono i dazi, maggiori sono i motivi per far deprezzare la valuta. Il renminbi perde terreno da inizio maggio, anche in ragione del diverso approccio del settore bancario alla concessione di prestiti.

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