La partita tra Usa e Cina è lo scontro geopolitico dei nostri giorni

Da oltre un anno, Stati Uniti e Cina sono coinvolti in un’aspra guerra commerciale che si combatte anche a colpi di limitazioni all’export di tecnologie sensibili verso le imprese cinesi. Huawei ha dovuto fronteggiare gli effetti una black list da parte dell’amministrazione Trump, spingendo le aziende tecnologiche statunitensi a tagliarla fuori da forniture di vitale importanza. Ma con Trump che torna sui propri passi allentando alcune delle restrizioni, Gary Greenberg, Head of Emerging Markets, di Hermes Investment Management, si chiede se si tratti di una fase dei lunghi negoziati commerciali oppure della continuazione di una guerra economica?

La politica commerciale può essere stata uno strumento utilizzato per colpire Huawei, ma le mosse della Casa Bianca non rientravano nella guerra commerciale contro la Cina. Le motivazioni sono dovute a motivi di sicurezza nazionale e nella radicata diffidenza nei confronti delle imprese tecnologiche cinesi per bloccarne lo sviluppo in settori critici come il 5G. Un sintomo anche della crescente rivalità degli Usa nei confronti della Cina, sempre più potente e influente.

Lo scetticismo sul fatto che il divieto temporaneo fosse in qualche modo riconducibile al crescente dinamismo degli Stati Uniti nei negoziati commerciali deriva dal fatto che Washington ha già moltissimo peso attraverso le tariffe. La motivazione, all’epoca del divieto, sembrava essere la sfiducia di molti nel governo degli Stati Uniti che da tempo inquadrano Huawei come una preoccupazione per la sicurezza a causa dei suoi presunti stretti legami con l’Esercito di Liberazione del Popolo e i servizi segreti cinesi.

Tuttavia, dopo l’incontro di Trump con il presidente cinese Xi Jinping al G20 di Osaka, sembrava che gli interessi commerciali statunitensi in Huawei potessero ancora ribaltare la situazione. Trump ha annunciato che avrebbe permesso alle aziende tecnologiche statunitensi di esportare verso la società attrezzature meno sensibili e che la questione di Huawei sarebbe rimasta in sospeso fino alla fine delle trattative commerciali. Ma per ora, mentre alcune misure sono state smorzate, la tecnologia Huawei sulle reti americane rimane vietata.

Considerando Huawei alla stregua di una minaccia di natura strategica, gli Stati Uniti sono riusciti a limitare le sue ambizioni all’estero e a impedire l’installazione di reti in Paesi alleati o amici. Anche con una parziale abolizione del divieto negli Stati Uniti, il divieto totale è in vigore in Australia, Nuova Zelanda, Giappone e Taiwan. In Europa, dove Huawei fornisce già un terzo dei sistemi di telecomunicazione, il Regno Unito ha proposto di escludere l’azienda come fornitore di componenti essenziali per la sua nuova rete 5G e altri, come Germania e Francia, stanno aumentando le norme di sicurezza.

Nonostante la battuta d’arresto per Huawei, gli obiettivi della “nuova lunga marcia lunga” di Xi verso l’autosufficienza tecnologica rimangono ampiamente chiari.  Con la presentazione a inizio mese scorso di standard 5G nativi, Pechino sta inviando un chiaro messaggio e cioè che la Cina è pronta ad accelerare ulteriormente la copertura 5G. Allo stesso tempo, i fondi nazionali di sviluppo stanno raccogliendo risorse per lo sviluppo dei semiconduttori a livelli stratosferici, non visti dall’ultima bolla IT.

Sebbene l’amministrazione Trump abbia smorzato le restrizioni su Huawei, è improbabile che Huawei o la Cina cessino gli sforzi per creare un canale di fornitura alternativa ed è possibile che nei prossimi anni il design cinese inizi a sostituire i fornitori americani. È improbabile che la Cina lasci le proprie vulnerabilità sul tavolo, poiché siamo lontani da una risoluzione permanente sul fronte commerciale e la rivalità strategica rimane in prima linea. Tale aspetto è anche evidente per quanto concerne la visione che la Cina ha del proprio apparato militare.

Il White Paper di recente pubblicazione sulla difesa nazionale cinese, esprime chiaramente la minaccia rappresentata dalle grandi potenze globali che stanno modernizzando le loro forze armate. Il documento riporta come le tecnologie all’avanguardia come l’intelligenza artificiale (AI), l’informazione quantistica, i big data, il cloud computing e l’IoT stiano prendendo piede in ambito militare. Il White Paper riconosce anche il rischio di un crescente divario tecnologico e sta avviando la meccanizzazione (entro il 2020), l’informatizzazione e la modernizzazione (entro il 2035) del proprio esercito.

Al di fuori della Cina e degli Stati Uniti, l’iniziativa Belt and Road sta guadagnando terreno al di fuori dell’Asia e dell’Africa, e l’Italia è il primo Paese del G7 ad aderire al programma, insieme ad altri membri dell’UE come Portogallo e Grecia. La Cina, inoltre, ha ridotto le tariffe sui prodotti concorrenti di altri Paesi WTO ad una media di circa il 6,7%[3]. Ciò contrasta fortemente con la posizione di Trump, il quale sta portando avanti un’agenda fortemente protezionista.

Quale in ultima analisi sia l’elemento che possa far pendere l’ago della bilancia tra gli Stati Uniti e Huawei / Cina rimane ancora da valutare. Ma ciò che è chiaro è che, a prescindere dal danno arrecati alla sua azienda di telecomunicazioni, la Cina non mostra segni di cedere ai suoi sforzi per raggiungere il suo obiettivo strategico di riconquistare la preminenza economica, tecnologica, politica e culturale.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!