Guerra commerciale Usa-Cina, mercati sul filo del rasoio

A cura di Amundi Sgr

Ritenete che la recente escalation della guerra commerciale rappresenti una svolta e quali sono le implicazioni (delle tariffe aggiuntive) sul commercio globale, sull’economia cinese e sulla crescita economica globale?

La tregua nella guerra commerciale Usa-Cina annunciata alla fine di giugno alla riunione del G20 si è rivelata di breve durata. Donald Trump ha deciso di “dissotterrare l’ascia di guerra”. È diventato sempre più difficile distinguere tra semplici annunci a effetto (volti soprattutto a soddisfare la sua base elettorale) e una strategia più profonda di confronto con la Cina. Sebbene sia possibile che le autorità americane e cinesi alla fine trovino un punto di incontro, i recenti eventi non apriranno di certo a breve la strada per un accordo. Le continue tensioni tra Stati Uniti e Cina sono inevitabili, almeno nel breve periodo.

Ora sarà difficile per Donald Trump calmare la situazione. Anche in caso di un successivo raffreddamento dell’escalation, il danno è fatto. Il commercio globale rimarrà sotto pressione a causa dell’incertezza causata dalle tensioni commerciali che sono diventate ricorrenti e imprevedibili. Le simulazioni macroeconomiche rilasciate dall’OCSE in primavera hanno dimostrato che ciò potrebbe costare alcuni decimi di punto percentuale di crescita nelle economie avanzate. Le tensioni stanno anche sconvolgendo la catena del valore globale e gravano sugli investimenti delle imprese, in particolare nei paesi sensibili agli scambi sia nei paesi sviluppati che in quelli emergenti. Di conseguenza, il settore manifatturiero potrebbe indebolirsi ulteriormente. Nella zona euro, è chiaramente l’economia tedesca ad essere la più sensibile. Tuttavia, l’Eurozona nel suo insieme – che è due volte più aperta rispetto all’economia statunitense – naturalmente non rimarrebbe incolume. In definitiva, la crescita potrebbe scendere al di sotto del suo livello potenziale l’anno prossimo negli Stati Uniti, in Europa e in Giappone contemporaneamente.

Pensate che una recessione sia più probabile ora e vi aspettate che la Fed acceleri il ritmo dei tagli ai tassi per contrastare l’impatto negativo della guerra commerciale sull’economia americana?

In questa fase, non c’è motivo di aspettarsi una recessione, ma l’impatto sulla crescita sarà sufficiente per cambiare le politiche economiche a partire dall’allentamento monetario. La Fed probabilmente continuerà a ridurre i tassi. In effetti, i mercati prevedono già un calo di oltre 100 punti base nei prossimi 12 mesi, anche se riteniamo sia eccessivo. Per il momento, il settore dei servizi e i consumi stanno dimostrando resilienza. Le condizioni monetarie più accomodanti dovrebbero continuare a sostenere la domanda interna e la dinamica di quest’ultima dovrebbe anche compensare, almeno in parte, l’impatto negativo del commercio globale sulla crescita del Pil. Inoltre, le politiche fiscali diventeranno ancora più favorevoli se la crescita sarà veramente minacciata.

L’impatto sui rendimenti dei Treasuries è legato alla ricerca di investimenti ritenuti di maggiore qualità quando aumenta l’avversione al rischio. Il calo dei tassi a lungo termine negli Stati Uniti è tanto meno sorprendente perché i mercati azionari hanno già registrato ottimi risultati dall’inizio dell’anno e la Fed ha iniziato a ridurre i tassi di riferimento. In secondo luogo, vi è una carenza di attività liquide e sicure in tutto il mondo e i titoli del Tesoro Usa sono quasi gli unici ad offrire rendimenti positivi interessanti nei paesi sviluppati con rating elevato. È interessante notare che i rendimenti obbligazionari di tutte le scadenze sono diminuiti (lo spread tra i rendimenti a 10 e 2 anni rimane positivo).

La Cina ha consentito la svalutazione dello yuan che ha superato la barriera di 7. Ciò aumenta il rischio che la banca centrale cinese possa usare lo yuan in modo proattivo come strumento politico nella guerra commerciale?

È poco probabile che la Cina manipoli la sua valuta in modo proattivo, come è stato anche testimoniato dall’azione della Banca Popolare Cinese per limitare il deprezzamento del renminbi cinese (RMB). Le autorità cinesi non hanno interesse a causare un deprezzamento significativo perché ciò potrebbe essere controproducente per il consumatore cinese. Inoltre, è importante notare che la Cina sta cercando di trasformare il RMB in una valuta di riserva, che non è compatibile con un deprezzamento significativo. Il RMB dovrebbe svolgere il ruolo di ancora regionale.

Le autorità cinesi stanno probabilmente cercando di stabilizzare il proprio tasso di cambio effettivo nominale per compensare l’impatto negativo dei dazi sulla competitività dei propri prodotti. Il rallentamento economico in Cina è inevitabile e ben accettato dalle autorità che agiranno, prima di tutto, per salvaguardare gli interessi a lungo termine della Cina. La priorità è garantire un rallentamento ordinato dell’economia. Pertanto, le misure a sostegno della domanda interna sono più probabili di un deprezzamento del tasso di cambio. Tuttavia, non si può escludere che il Renminbi possa indebolirsi ulteriormente a breve termine, come avvertimento per gli Stati Uniti e per Donald Trump.

Cosa ne pensate delle mosse delle banche centrali dei principali paesi emergenti?

La maggior parte delle banche centrali nei paesi emergenti è già in modalità di allentamento monetario. L’indebolimento del dollaro ricercato da Donald Trump potrebbe portarle ad abbassare ulteriormente i loro tassi di interesse chiave. Il rischio è che la guerra commerciale si trasformi in una guerra valutaria. In un contesto in cui le banche centrali stanno simultaneamente cercando di abbassare i loro tassi, dovrebbe esserci maggiore volatilità nel mercato dei cambi. Detto questo, va tenuto presente che la guerra commerciale può favorire i paesi – nel medio termine – che trarranno beneficio dal trasferimento della produzione nei loro territori. È pertanto necessario oggi distinguere chiaramente gli effetti a breve termine (dannosi per tutti) dagli effetti a medio e lungo termine. La guerra commerciale ridisegnerà la mappa della catena del valore globale. Alcune economie potranno pertanto beneficiare di nuovi investimenti diretti esteri. Piuttosto ironicamente, maggiori rischi offriranno opportunità.

Implicazioni per gli investimenti nei mercati emergenti

Con la guerra commerciale diventata uno tra i maggiori rischi per l’investimento nei mercati emergenti, come pensate si evolveranno opportunità e rischi nell’azionario di questi mercati e nello specifico per le azioni cinesi?

La guerra commerciale Usa-Cina è una delle principali questioni che l’investitore deve affrontare quando investe nei mercati emergenti, poiché avrà un impatto significativo sulla crescita globale, in particolare in Asia, tra cui Giappone, Corea e Taiwan, e anche in America Latina. Sfortunatamente, ciò che è iniziato come una guerra commerciale sembra sempre più una guerra di egemonia tra Stati Uniti e Cina. Semplicemente annualizzando i tassi di crescita attuali, l’economia cinese supererà gli Stati Uniti tra 10/11 anni. Sembra che gli Stati Uniti vogliano tentare di impedire che ciò accada o almeno rallentare il processo il più possibile.

Pertanto, non si tratta solo di commercio. Riguarda anche settori della tecnologia in cui gli Stati Uniti sono ancora avanti alla Cina, in particolare nel segmento dei semiconduttori. Tuttavia, la Cina sta facendo rapidi progressi tecnologici ed è già leader in settori come i veicoli elettrici, il 5G e l’intelligenza artificiale. In Asia, alcuni paesi sarebbero più in grado di affrontare l’incertezza. Ad esempio, l’India trarrebbe beneficio da una grande economia domestica ampiamente isolata dalla guerra commerciale. Altri paesi dell’ASEAN come il Vietnam, la Tailandia e l’Indonesia potrebbero beneficiare del trasferimento di impianti di produzione fuori dalla Cina. La maggior parte di questi paesi, comprese le Filippine, trarrebbe beneficio da tassi di interesse nazionali e globali più bassi. Tuttavia, un dollaro potenzialmente più forte potrebbe essere un’avversità. D’altra parte, i paesi che potrebbero essere influenzati negativamente sono le economie più integrate a livello globale di Giappone, Hong Kong, Corea del Sud e Taiwan che vedranno potenziali interruzioni delle catene di approvvigionamento della tecnologia e potenziali impatti in termini di esportazione.

A livello settoriale, gli investitori potrebbero focalizzarsi su settore immobiliare, REITs, consumi e servizi dato che potrebbero essere meno impattati dalle guerre sui dazi. Tuttavia, i finanziari e la tecnologia potrebbero essere sotto pressione. A nostro avviso, è pericoloso prendere posizioni estreme, considerata l’imprevedibilità di eventi futuri che potrebbero essere rapidamente capovolti da un nuovo tweet di Trump e pertanto riteniamo ancora che gli investitori debbano adottare un approccio prudente.

La caccia al rendimento tra le obbligazioni dei mercati emergenti è stata una delle principali questioni tra gli investitori nel 2019. Come dovrebbero adeguarsi gli investitori in obbligazioni dei mercati emergenti all’aumento dei rischi?

L’escalation della guerra commerciale comporta certamente rischi al ribasso per la crescita globale. Un Renminbi più debole avrà anche un impulso disinflazionistico globale. Entrambi i fattori fanno spazio a un ulteriore allentamento della politica monetaria da parte delle banche centrali globali. L’impatto sui mercati emergenti sarà influenzato dalla interazione tra crescita più debole e maggiore liquidità. Mentre siamo molto cauti sulla guerra commerciale Usa-Cina e vediamo spazio limitato per un accordo significativo di lunga durata nel breve termine, pensiamo che la recessione globale/Usa non sia imminente e una maggiore liquidità da parte delle banche centrali supererà i rischi di recessione. Pertanto, vediamo spazio per ulteriori rendimenti totali positivi negli investimenti in obbligazioni in valuta forte dei mercati emergenti. Nel segmento delle emissioni in valuta locale, rimaniamo costruttivi sui tassi dei paesi emergenti, che dovrebbero beneficiare dei rischi al ribasso dell’inflazione globale, nonché di un ulteriore allentamento monetario da parte della banca centrale di questi paesi.

Siamo molto più difensivi sulle valute dei mercati emergenti, specialmente in Asia, perché questa asset class necessita di un momentum di crescita positiva che attualmente ci appare assente. Come prossimo evento rilevante, terremo monitorato qualsiasi segno di allentamento delle restrizioni contro Huawei con l’avvicinarsi della scadenza della licenza generale temporanea il prossimo 19 agosto. Nonostante la performance robusta degli asset obbligazionari dei paesi emergenti quest’anno, continuano a sembrare meno cari rispetto ai corrispettivi delle economie sviluppate. I rendimenti reali nelle economie del G10 sono ora negativi. Anche i tassi dei mercati emergenti sono scesi nel recente rally, con i tassi reali ora vicini ai livelli del taper tantrum del 2013. Tuttavia, il differenziale tra tassi reali di economie emergenti e sviluppate rimane significativamente ampio. Allo stesso modo nel segmento delle emissioni in valute forti, riteniamo che i governativi dei mercati emergenti siano posizionati meglio dei titoli ad alto rendimento statunitensi per resistere alla tempesta commerciale/rallentamento della crescita. Anche in caso di un ulteriore crollo dei prezzi delle materie prime, i titoli sovrani dei mercati emergenti beneficiano di tassi di cambio flessibili che contribuiranno a smorzare l’impatto negativo sul merito creditizio.

Nel debito sia esterno che interno, la selezione è più importante che mai. Abbiamo una preferenza per i nomi di qualità superiore nei mercati emergenti e vediamo spazio per un restringimento degli spread sia tra Investment Grade che High Yield.

Implicazioni sull’asset allocation

Dal punto di vista dell’asset allocation, qual è la vostra opinione su azioni dei mercati sviluppati e dei mercati emergenti, titoli del Tesoro Usa e obbligazioni dei mercati emergenti?

Riteniamo che i recenti sviluppi e la successiva designazione della Cina come manipolatore di valute – seppur simbolica – comportino rischi reali per i mercati finanziari. Sebbene non sia chiaro quali possano essere le prossime mosse da ambo le parti, con tutta probabilità gli Stati Uniti avvieranno le consultazioni formali con il Fondo Monetario Internazionale sui recenti movimenti della valuta cinese. Tutto ciò aumenta l’incertezza e dovrebbe portare le aziende a rinviare le decisioni di investimento, con impatto sul commercio globale e sulla crescita economica.

Da un punto di vista multi-asset, ci troviamo in una fase matura del ciclo. Di conseguenza, siamo entrati in questo periodo estivo consapevoli di una possibile correzione del mercato con una view positiva sulla duration dei titoli del tesoro Usa e una posizione cauta sull’azionario. Consideriamo la recente correzione dei mercati azionari come un’opportunità tattica per aggiungere selettivamente esposizione e cercare punti di ingresso dopo il sell-off sia nell’universo azionario dei mercati sviluppati che in quello dei mercati emergenti. Sul fronte valutario, abbiamo una view positiva nei confronti delle valute emergenti a medio termine, al fine di approfittare di strategie di “carry trade” con il dollaro che dovrebbe progressivamente mostrare livelli più in linea con i fondamentali. Tuttavia, riteniamo che una visione prudente di breveterminesullevaluteemergentisarebbeutileinquestafasevolatilefintantochenonverrà raggiunto un nuovo equilibrio tra il renminbi e il dollaro Usa.

Data l’escalation della guerra commerciale, cosa dovrebbero fare gli investitori per mitigare la volatilità?

Gli investitori potrebbero cercare di mitigare il rischio adottando un’adeguata strategia di copertura acquistando oro o prendendo in considerazione investimenti in azioni di società di estrazione di oro. Ciò salvaguarderebbe gli investitori in caso di escalation nella guerra valutaria tra Stati Uniti e Cina. Gli investitori potrebbero anche cercare di ridurre marginalmente la duration dei titoli statunitensi dopo il forte rally dei tassi. Allo stesso tempo, ci sono opportunità in titoli legati all’inflazione Usa. Nel complesso, al momento è probabile che il mercato favorisca temi difensivi, non colmando il divario di performance con i settori più ciclici.

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