Punti di svolta

A cura di Mark Haefele, Global Chief Investment Officer di UBS WM

La prima metà dell’anno è stata positiva per gli investitori e tutte le principali asset class hanno messo a segno risultati brillanti. Le azioni di Stati Uniti ed eurozona hanno ottenuto rendimenti totali rispettivamente pari al 17% e al 15%. Le obbligazioni investment grade e high yield statunitensi hanno registrato performance del 9% e del 10%, mentre quelle europee hanno prodotto risultati su livelli medio-alti a una cifra. Sui mercati emergenti, le azioni hanno conseguito un rendimento totale del 10% e il debito sovrano denominato in dollari del 9%.

A nostro avviso, queste performance sono state favorite dagli sviluppi relativi all’orientamento di politica monetaria della Federal Reserve (Fed) e alla disputa commerciale tra Stati Uniti e Cina, che si sono articolati su tre fasi distinte.
– La prima fase, da gennaio a fine aprile, è stata caratterizzata da una ripresa dei listini azionari globali, che hanno segnato nuovi massimi. Il recupero è stato innescato dalla svolta compiuta a dicembre dalla politica monetaria della Fed, con l’indicazione di una pausa imminente dell’inasprimento monetario. Inoltre, i mercati speravano che la controversia commerciale tra Stati Uniti e Cina fosse prossima alla risoluzione.
– Nella seconda fase, nel mese di maggio, sono tornate alla ribalta le tensioni commerciali, con l’aumento dei dazi e l’allargamento della disputa al settore tecnologico. Le ripercussioni per le azioni sono state relativamente contenute, con un ribasso del 6% circa, ma i rendimenti obbligazionari statunitensi hanno subito una brusca flessione, a causa della crescente convinzione che la Fed potesse iniziare a tagliare i tassi.
– Nella terza e ultima fase, cominciata ai primi di giugno, i mercati azionari hanno toccato livelli record grazie alla virata nell’orientamento della Fed e alle crescenti probabilità di un allentamento monetario a scopo preventivo. Il recupero è stato sostenuto anche dalla speranza, poi realizzata, che l’incontro tra i Presidenti Trump e Xi al vertice del G20 producesse almeno una tregua nella controversia commerciale.

Le azioni rimangono convenienti rispetto alle obbligazioni, con un premio al rischio azionario globale del 5,8%, rispetto alla media di lungo periodo del 3,5%. Ma le azioni globali hanno guadagnato il 15% da inizio anno e le valutazioni assolute in base al rapporto prezzo/utili globale sono vicine alla media ventennale. Il nostro scenario di riferimento prevede un ulteriore rialzo dei listini, ma gli sviluppi sul fronte dei negoziati commerciali e l’esito della riunione della Fed di luglio saranno essenziali e potrebbero significare una fine d’anno meno favorevole.

A meno che vengano pubblicati dati economici inaspettatamente solidi prima della riunione del FOMC di luglio, è probabile che la Fed agisca in via preventiva per proteggere la crescita economica e dimostrare il suo impegno a evitare la recessione. Tuttavia, l’entità dell’allentamento monetario sarà probabilmente inferiore ai 100 pb attesi dai mercati nel corso del prossimo anno.

Il summit del G20 ha dato il via a una serie di decisioni in campo commerciale. L’incontro tra Donald Trump e Xi Jinping è riuscito a evitare il fallimento dei negoziati, ma non sono stati compiuti passi avanti verso una riduzione dei dazi. Entrambi i Presidenti hanno una notevole discrezionalità in materia di tariffe doganali e potrebbero modificare in modo repentino e imprevedibile le rispettive posizioni negoziali. Inoltre, se Donald Trump venisse accusato da più parti di aver raggiunto una tregua troppo vantaggiosa per la Cina, potrebbe nuovamente inasprire i toni, con un impatto negativo sugli strumenti rischiosi. Una nuova escalation delle tensioni commerciali, a prescindere dagli interventi della Fed, potrebbe penalizzare gli strumenti rischiosi nel secondo semestre.

In questo contesto, riteniamo opportuno rimanere investiti e diversificare i portafogli per partecipare alla crescita del mercato a lungo termine. Liquidare interamente le posizioni azionarie significherebbe andare contro la Fed. Dalla crisi finanziaria del 2009, la banca centrale americana ha complessivamente saputo orientare con successo la politica monetaria in base alla situazione del momento. Se la banca centrale ci riuscisse anche questa volta, i rischi di recessione diminuissero e il ciclo proseguisse ulteriormente, i mercati ne trarrebbero probabilmente beneficio. Abbiamo posizionato i portafogli in vista di questo scenario adottando un sovrappeso tattico sulle azioni, con un approccio selettivo a livello geografico. Sovrappesiamo alcune valute emergenti, poiché ci aspettiamo una performance positiva degli strumenti rischiosi e delle operazioni di carry trade nell’eventualità di un allentamento monetario preventivo negli Stati Uniti. Tuttavia, per prepararci al rischio che la Fed deluda gli investitori e tagli i tassi in misura inferiore alle attese, apriamo un sottopeso sui Treasury a 2 anni rispetto alla liquidità. Deteniamo anche una serie di posizioni anticicliche per proteggerci dal rischio di fallimento dei negoziati commerciali e da altri sviluppi negativi.

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