Fondi sostenibili, istruzioni per non incappare nel greenwashing

“Con l’ascesa vertiginosa del numero di nuovi fondi sostenibili, capire come evitare il greenwashing è sempre più importante. Stanno comparendo sempre più etichette SRI e l’Unione Europea sta lavorando per definire un’ecolabel europea. Mentre in passato un fondo veniva semplicemente etichettato come (socialmente) responsabile o meno, oggi il mercato distingue tra le diverse modalità con le quali viene implementata la sostenibilità”. E’ il monito di Masja Zandbergen, Head of ESG integration di Robeco, che in questa analisi spiega quale approccio adottare per investire in maniera realmente sostenibile.

Per cominciare, le strategie che si limitano ad applicare l’esclusione e vengono comunque etichettate come sostenibili dovrebbero essere una pratica del passato. L’investimento sostenibile è molto più complesso, non basta acquistare una serie di score ESG da applicare a un portafoglio.

Sicuramente un investitore attento alla sostenibilità vorrà evitare alcune aree, come il tabacco, le armi, le società che violano gli standard di lavoro e i diritti umani, oltre ad alcuni combustibili fossili come il carbone termico. Altri ambiti sono tuttavia meno chiari. I combustibili fossili tradizionali, ad esempio, sono tra i principali responsabili del cambiamento climatico. Tuttavia, sono ancora largamente utilizzati e necessari. Alcuni credono che queste società siano tanto parte del problema quanto della soluzione, altri vogliono semplicemente evitarle. Il punto è capire se essere investiti in queste società e fare attività di engagement possa essere un metodo migliore per favorire il cambiamento rispetto all’escluderle totalmente.

Inoltre, secondo Zandbergen, una strategia si può definire sostenibile solo se lo è anche dal punto di vista finanziario, e per questo è importante pensare in maniera integrata. In che modo i trend ESG di lungo termine e i costi esterni come il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e le crescenti disuguaglianze influenzano i cambiamenti nei modelli di business? L’investimento ESG non può più essere solo una riduzione dell’universo di investimento ai titoli con le performance più elevate, comporta anche un’attenta analisi dei temi di sostenibilità e di come questi impattano le società e le strategie di investimento.

Integrare strutturalmente le informazioni ESG all’interno del processo di investimento permette di prendere decisioni migliori senza andare a ridurre l’universo investibile. È infatti possibile investire in società dai punteggi ESG inferiori se il rischio connesso è prezzato in maniera adeguata dal mercato. Nel nostro fondo azionario globale, nel corso degli ultimi due anni, il 75% delle valutazioni è stato aggiustato dopo aver preso in considerazioni i criteri ESG.

Questo metodo di integrare i criteri ESG, anche se infinitamente più complesso e approfondito rispetto al semplice utilizzo di punteggi ESG per ridurre l’universo investibile non è spesso categorizzato come strategia sostenibile. Alcuni clienti che vogliono investire in strategie sostenibili semplicemente non vogliono avere a che fare con società con dei pessimi punteggi ESG, anche se questi sono riflessi nel prezzo del titolo.

Proviamo a usare un altro esempio, paragonando l’impronta di carbonio di due società che producono smartphone. La prima ha esternalizzato tutte le operazioni, mentre la seconda è integrata verticalmente. La prima presenta un impronta di carbonio ridotta, mentre quella della seconda è molto più elevata. Si tratta ovviamente di un’illusione: il processo produttivo di uno smartphone genera più o meno la stessa quantità di CO2. Questo non è visibile nei dati, ma serve la conoscenza e il giudizio per capire come mai il dato differisce così marcatamente tra una società e l’altra. Se non vi sono risorse dedicate a questi temi e gli analisti non hanno accesso a una ricerca dedicata o una comprensione di questi aspetti, non sarà possibile integrare strutturalmente la sostenibilità.

È interessante anche il comportamento in materia di voto. Le ricerche mostrano che alcuni dei più grandi investitori (passivi) votano quasi sempre seguendo le raccomandazioni del management, anche per quanto riguarda le proposte degli azionisti legate a problematiche ambientali e sociali. Crediamo che questo metta in dubbio la credibilità dell’investitore.

Questo ci porta al punto chiave: far seguire alle parole i fatti. Quanto può essere credibile una società che offre alcuni ottimi fondi sostenibili ma che non fa nulla per quanto riguarda gli altri prodotti, o alle proprie operazioni, come le pratiche di voto di cui si è parlato in precedenza.

Infine, una parola sul labeling. Può essere un’indicazione utile e un sigillo di approvazione per un fondo, che può servire agli investitori retail.

Le etichette attuali però differiscono molto le une con le altre, molto probabilmente perché gli approcci all’investimento sostenibile sono molto variegati. L’etichetta SRI francese, ad esempio, si concentra più sull’approccio all’investimento, sul processo e sulla trasparenza. Viene verificata esternamente e quindi è fondamentale saper dimostrare di avere i dati, i processi e le procedure corrette per l’ottenimento dell’etichetta.

L’etichetta belga è di natura più prescrittiva, in particolare in merito a ciò in cui non investire. Tuttavia, persiste un ampio margine di manovra, e gli asset manager devono comunque condurre le proprie ricerche. Se è necessario escludere una società elettrica che non è conforme all’accordo di Parigi come si può valutare?

Quindi, anche quando sono presenti le etichette, rimane comunque spazio per il dibattito. L’elemento più importante è la trasparenza: gli asset manager devono mostrare chiaramente ciò che è e cio che non è parte della strategia del fondo, indipendentemente dal fatto che sia definito sostenibile, responsabile o altro.

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