Guerre commerciali, gli effetti indiretti su investimenti e fiducia

I mercati azionari sono stati colpiti dall’intensificarsi della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina. L’amministrazione Trump ha incrementato i dazi del 25% su 200 miliardi di dollari di importazioni dall’ex Celeste Impero e ha ventilato l’intenzione di alzare i dazi del medesimo tasso su altri 300 miliardi di dollari di beni cinesi mentre le trattative commerciali fra le due parti vacillavano. Pechino ha reagito incrementando i dazi su 60 miliardi di importazioni dagli Stati Uniti. Ulteriori turbolenze hanno interessato il mercato azionario a stelle e strisce verso la fine del mese, dopo che il presidente Trump ha fatto sapere che l’amministrazione avrebbe imposto dei dazi anche sulle importazioni messicane, a meno che il Messico non avesse messo in campo misure decisive per arginare l’immigrazione clandestina.

Nel suo commento Anja Eijking, gestore del fondo BMO Global Convertible Bond di BMO Global Asset Management, nota che i dati sull’economia Usa sono apparsi contrastanti, inficiati dalla contrazione inaspettata della produzione industriale e dalle vendite al dettaglio nel mese di aprile. Nel Vecchio Continente, i dati hanno dato prova di come il settore manufatturiero dell’area euro si sia ulteriormente contratto a maggio, a seguito di un calo in aprile. Ciononostante, hanno anche mostrato il proseguimento dell’espansione nel settore dei servizi. L’indicatore dell’Ifo Institute sulla fiducia delle imprese tedesche è sceso al livello più basso degli ultimi quattro anni. Tuttavia, in contemporanea, i dati ufficiali hanno rilevato una crescita dell’economia tedesca pari allo 0,4% nel primo trimestre in contrapposizione all’andamento piatto del trimestre precedente, calmando le preoccupazioni di un’imminente fase di recessione per il Paese.

L’Unione Europea ha lanciato un nuovo allarme sui piani di spesa dell’Italia a seguito del crescente livello di debito. L’indicatore ufficiale cinese sulle stime della produzione manifatturiera si è contratto più di quanto atteso a maggio poiché gli ultimi incrementi dei dazi hanno agito sul sentiment. A livello globale, i rendimenti dei titoli di Stato sono scesi nel corso del mese in presenza di una fuga generale verso investimenti più sicuri. I Treasury a 10 anni sono calati raggiungendo il minimo dal 2017, chiudendo il mese intorno al 2,13%. I bund decennali, invece, hanno chiuso il mese in territorio negativo, a – 0,20%.

Sono state emesse nuove convertibili per quasi 7 miliardi di dollari, e principalmente da società statunitensi. L’azienda di comunicazione americana Iac, il produttore di veicoli elettrici Tesla e lo sviluppatore di tecnologia mobile InterDigital hanno riemesso convertibili. In Europa, anche il gestore francese di case di cura Orpea e GN Store è rientrato nel mercato delle convertibili con obiettivi di finanziamento.

“Le nostre prospettive rimangono moderatamente positive. Il nostro scenario di base continua a non prevedere una recessione negli Stati Uniti nel breve termine. Nonostante una flessione nei dati macroeconomici, l’economia del dollaro verde è ancora solida permettendo così uno stimolo monetario accomodante. Le prolungate tensioni commerciali tra Usa e Cina rappresentano un fattore di preoccupazione, sebbene un’intesa potrebbe ancora essere raggiunta. Laddove necessario, ci aspettiamo che la Cina stimolerà ulteriormente l’economia per contenere il danno creato dalla guerra commerciale. Per quanto riguarda il portafoglio, il profilo è molto equilibrato e presenta un convincente equilibrio rischio/rendimento nell’attuale contesto di mercato. Nel complesso, le valutazioni azionarie delle società sottostanti non sembrano essere eccessive”, scrive Eijking.

“Le prolungate tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina sono il principale rischio, a nostro avviso”, prosegue l’esperto. “Sebbene i modelli sembrino indicare come relativamente limitato l’impatto diretto della controversia commerciale, l’impatto indiretto sui ridotti investimenti e sulla fiducia del consumatore è più considerevole. Inoltre, il decremento del commercio globale colpisce principalmente economie come l’Europa, e una minore crescita andrebbe a ripercuotersi sull’economia globale. Anche i negoziati commerciali tra gli Stati Uniti e l’Europa nel corso dell’anno potrebbero rappresentare un rischio. Tuttavia, con entrambe le parti capaci di ritorsioni, riteniamo meno probabile un’escalation della guerra commerciale tra Stati Uniti ed Europa in vista delle prossime elezioni americane”.

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