Il rialzo dei mercati? Sogno di una notte di mezza estate

A cura di Giordano Beani, Head od Multi-Asset Fund Solutions Italy di Amundi Sgr

“Sogno di una notte di mezza estate” è una delle commedie più note del più grande drammaturgo di tutti i tempi, William Shakespeare, scritta intorno al 1595, dove si intrecciano i temi del sogno e della magia. Nel bosco “incantato” dove si svolge la maggior parte della commedia dominano spiriti furbi e in vena di scherzi, i folletti della tradizione mitologica anglosassone.

Ebbene questa atmosfera onirica è quella che stanno vivendo i mercati finanziari internazionali, guidati dal mercato azionario statunitense che ancora una volta settimana scorsa ha segnato nuovi massimi storici, con l’indice S&P 500 che ha superato quota 3.000 (3.013,8 la chiusura di venerdì). E ciò nonostante la maggior parte degli esperti di macroeconomia si aspetti un rallentamento della prima economia globale, con effetti negativi sui margini e gli utili aziendali, nella seconda parte dell’anno.

Chi è allora il folletto Puck, noto anche come Robin Goodfellow, il cui cognome letteralmente significa “brava persona”, che ha cosparso gli occhi degli investitori con la pozione magica della viola del pensiero, facendoli innamorare? La nostra sensazione è che si tratti del Presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, che la settimana scorsa durante un’audizione ad una commissione finanziaria del Congresso, ha indicato un taglio dei Federal Funds a fine luglio. Poco importa, per ora, ai mercati giudicare se l’azione di Puck sia spontanea o in parte guidata dal re delle fate, Oberon, alias Donald Trump, o se si tratti di un’azione preventiva basata esclusivamente sulla lettura delle tendenze economiche in atto. Di certo dalla parte della banca centrale Usa c’è il fatto che essendo le aspettative di inflazione assai contenute, si possa azzardare l’avvio di un mini ciclo di ribassi in una situazione anomala che vede l’economia a Stelle e Strisce in piena occupazione, in crescita e con gli attivi finanziari sui massimi assoluti. Il mercato azionario Usa (+0,8%) è stato l’unico insieme al nostro mercato domestico a chiudere la settimana in positivo.

In Area Euro l’indice Eurostoxx 50 ha ripiegato dello 0,86%, a causa di vari allarmi utili lanciati da società industriali, le tedesche Basf e Daimler su tutti, ma anche dalla ristrutturazione shock annunciata da Deutsche Bank, che per tentare di uscire dalla crisi ha annunciato un piano di riduzione del personale di ben 18.000 unità che causerà un costo di ristrutturazione straordinaria di circa 7,4 miliardi di euro. Come detto, notevole eccezione il Ftse Mib con un rialzo dello 0,9%, spinto dal nostro differenziale di rendimento con la Germania che ridiscende sotto i 200 punti base, grazie all’ottimo successo dell’asta del titolo cinquantennale emesso dal Tesoro in settimana. Infine, Giappone ed Emergenti chiudono la settimana in lieve ribasso, con il Nikkei 225 che lascia sul terreno lo 0,28% e l’indice Msci Emerging lo 0,85%, con la Cina che perde il -2,2% (indice Csi 300).

Che cosa aspettarsi dopo la corsa del primo semestre

Sui mercati obbligazionari governativi “core” si è assistito a un rialzo dei rendimenti sulle scadenze decennali con il rendimento del Treasury Usa in rialzo di 9 punti base a 2,12% e l’omologo Bund che risale a un rendimento di -0,21%, +15 punti base. Il rialzo si è innescato dopo il dato sull’occupazione statunitense del venerdì precedente, che sta inducendo i mercati a pensare che il taglio della Fed di fine luglio sarà solo di un quarto di punto, invece che di mezzo punto, come da molti atteso a inizio luglio. Quanto alle commodity leggero apprezzamento dell’oro, che torna sopra i 1.400 dollari l’oncia (+1,2%), mentre il petrolio rimbalza del +3,9% con il Brent che chiude a 66,7 dollari al barile in relazione alla pubblicazione dei dati sulle scorte americane decisamente inferiori al previsto. Sulle divise lieve deprezzamento del dollaro Usa nei confronti dell’euro a 1,127 data la menzionata apertura al taglio dei tassi da parte di Powell.

In conclusione, dati i livelli di valutazione raggiunti dal mercato statunitense dopo la corsa del primo semestre e i nuovi record di settimana scorsa un po’ di prudenza è d’obbligo, nonostante la pozione magica di Jerome Powell e quella in apparente preparazione dalla Bce dell’uscente Mario Draghi. Va peraltro sottolineato che in termini di posizionamento degli investitori, soprattutto quelli europei, lo scetticismo nei confronti del mercato USA è già ampio e che una rottura al rialzo decisa di quota 3.000 potrebbe portare a ciò che Larry Fink, Ceo di Blackrock, ha definito già in aprile un possibile “melt up” del mercato, cioè un forte rialzo dettato da ricoperture e aggiustamento delle posizioni di sottopeso. Nel frattempo continuiamo a sognare in queste calde notti di mezza estate, l’autunno è ancora lontano.

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