Crescita o valore?

A cura di Didier Saint-Georges, Managing Director di di Carmignac

Che si parli di calze o azioni (socks or stocks), amo comprare buona qualità a sconto”. Questa fra­se, attribuita a Warren Buffett, spiega il concetto alla base dello stile d’investimento value, che consiste per l’appunto nel puntare su società sottovalutate che hanno buoni fondamentali. Da sempre la lette­ratura finanziaria ha corroborato questo messaggio, argomentando che, nel lungo termine, lo stile value sia destinato a sovraperformare il growth. Evidenze accademiche e empiriche sono state però messe decisamente in difficoltà dall’ultimo decennio di mercato, che vede lo stile growth superare il value praticamente senza interruzioni di sorta.

Molti operatori a questo proposito osservano che la sottoperformance del value abbia raggiunto ormai livelli estremi. Può essere quindi un’opportunità nel breve/medio termine? Innanzitutto, è indubbio che la rivoluzione tecnologica e le profonde modifiche intervenute nel modello di sviluppo cinese abbiano favorito nettamente il comparto a più alta crescita (tecnologia e consumi discrezionali in particola­re), giustificando in buona parte un cambiamento strutturale. Inoltre, in uno scenario di rendimenti in discesa lo stile growth è ancora naturalmente favorito, in quanto gli utili futuri, previsti in grande ascesa, vengono scontati ad un tasso più basso.

D’altro canto, in questo momento i mercati hanno prezzato molte delle aspettative sulle prossime mosse della Fed e ulteriori movimenti al ribasso nei rendimenti del Treasury non sono garantiti; in aggiunta a questo, c’è da tener conto delle valuta­zioni: un P/E del growth di 22 (indice Russell 2000 Growth) corrisponde al livello più elevato degli ul­timi 15 anni, mentre per il value le valutazioni sono solo moderatamente al di sopra della media storica.

In sintesi, in termini fondamentali le condizioni per una rotazione ci sono, ma ciò che veramente manca è un fattore capace di innescare il processo, come ad esempio un rimbalzo della crescita econo­mica (ma attenzione alle conseguenze sulle attese della Fed!) e/o il ritorno ad una curva obbligaziona­ria maggiormente ripida. Peraltro questa rotazione potrebbe dare nuova linfa al rally azionario: il livello di valutazioni del growth come detto non lascia immaginare grande spazio per ulteriori rialzi; al con­trario alcuni segmenti di mercato tipicamente value (industriali, finanziari, materie prime), in un contesto economico più favorevole, avrebbero ancora un ottimo potenziale.

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