L’inflazione c’è… se si guarda attentamente

  • Le banche centrali stanno perdendo il controllo dell’inflazione, poiché i prezzi aumentano più lentamente di quanto desiderato.
  • Tuttavia, una fonte idiosincratica di inflazione è il brusco rincaro della carne suina, che potrebbe incidere sui prezzi di altri tipi di carne.
  • Di conseguenza, alcune categorie di ristoranti potrebbero subire una riduzione dei margini di profitto.

Il rischio d’inflazione è un fattore determinante delle quotazioni delle obbligazioni sovrane

“Negli ultimi mesi i mercati sono giunti alla conclusione che le banche centrali stanno perdendo il controllo dell’inflazione e che difficilmente riusciranno a raggiungere i target prefissati nei prossimi anni. Di conseguenza, a fronte del calo di quasi tutti gli indicatori dell’inflazione globale, più di 13.000 miliardi di dollari di obbligazioni presentano attualmente rendimenti negativi”. Ad affermarlo è di Robert M. AlmeidaPortfolio Manager e Global Investment Strategist di MFS, che di seguito dettaglia la propria view.

Negli ultimi mesi i prezzi della carne suina sono saliti di quasi il 50%. Cos’è accaduto? È scoppiata un’epidemia di peste suina africana.

La Cina è il principale produttore di carne suina al mondo e, per il momento, l’epidemia ha causato la morte di circa un terzo dei maiali del paese, equivalente a più della metà della produzione globale di questa carne. Una volta debellato il virus, ci vorranno verosimilmente dai due ai tre anni per riavviare la produzione.

Le potenziali ripercussioni sull’offerta mondiale di carne di maiale sono considerevoli. Prima d’ora non avevamo mai assistito a una potenziale carenza di fonti proteiche di questa portata. È ipotizzabile quindi che assisteremo a un rincaro non solo della carne suina, ma anche di altre carni, come quelle di manzo e di pollo, considerate sostituti della prima nelle scelte dei consumatori. Questo, purtroppo, non è il tipo d’inflazione che le banche centrali hanno cercato di stimolare nello scenario deflazionistico seguito alla crisi finanziaria globale.

Quali categorie sono a rischio? 

Negli ultimi anni i ristoranti sono riusciti ad aumentare i prezzi per coprire i costi crescenti del lavoro e delle materie prime.

Lo scarto ha raggiunto livelli esorbitanti e potrebbe spiegare il perché i nostri analisti hanno osservato una minore affluenza ai ristoranti di tutte le categorie negli ultimi 12 mesi. Anche se cenare fuori potrebbe non avere un costo proibitivo per chi ha un lavoro a tempo pieno, il consumatore attento ai prezzi ritiene forse più conveniente mangiare a casa. Di conseguenza, è possibile che in futuro i ristoranti rinuncino ad aumentare i prezzi.

Pressioni sui margini 

Nel lungo periodo sono solamente quattro i fattori rilevanti per i prezzi delle attività finanziarie: unità, prezzo, margine e utili. Se le unità sono diventate negative e i prezzi hanno raggiunto i massimi, cosa accadrà ai margini e agli utili dei ristoranti all’intensificarsi della crisi della febbre suina africana? I margini probabilmente subiranno pressioni. Tuttavia, invece di evitare semplicemente i ristoranti, gli investitori potrebbero prendere in considerazione categorie meno esposte ai prezzi della carne, come i produttori di caffè, che hanno maggiori possibilità di conservare i propri margini.

Gli economisti amano citare il grande Milton Friedman, che una volta disse: “l’inflazione è sempre e dovunque un fenomeno monetario”. Ne siamo proprio sicuri? Io credo che l’inflazione dipenda tanto dai fondamentali aziendali e settoriali quanto dalla politica monetaria. Consideriamo ad esempio lo scorso decennio, quando la tecnologia ha prodotto effetti disinflazionistici straordinari.

Sono questi i temi di cui discutiamo e sui quali ci confrontiamo durante i nostri incontri di settore: chi ha pricing power e chi no? Sono convinto che prestare maggiore attenzione all’attività e all’operato delle imprese sia un approccio di investimento più efficace rispetto alla semplice analisi dei dati macroeconomici e dei discorsi delle banche centrali.

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