Powell ha le mani legate: non può darla vinta a Trump

Si apre stasera una attesissima riunione del FOMC, braccio operativo della Federal Reserve. Timoroso di apparire debole e sottomesso alla volontà di Trump, Powell ha – per indiretta ammissione della banca centrale americana – aumentato i tassi a dicembre quando non era ravvisato; e ha mantenuto la politica monetaria restrittiva sino ad ora, quando un taglio del Fed Funds rate era da tempo raccomandabile. Per il medesimo motivo, difficilmente domani sera i tassi saranno tagliati di 50 punti base: sarebbe una ammissione di colpa grave.

Ciò non toglie che la banca centrale americana sia in vistoso ritardo. Il tasso sui titoli di Stato a due anni è in declino da novembre. A marzo si è spinto sotto il Fed Funds rate, e il 31 maggio è sceso di oltre mezzo punto sotto il tasso di riferimento. Quattro giorni dopo, Powell ammetterà che da quel momento in avanti avrebbe «agito in modo appropriato», spianando lentamente la strada alla fine del ciclo restrittivo attesa per domani sera.

Allo stato attuale, un taglio da 50 punti base, per quanto improbabile, sarebbe clamorosamente insufficiente: manterrebbe il Fed Funds rate al di sopra dei tassi di mercato (n.b.: il livello riportato coincide con l’estremo superiore del corridoio ufficiale). Se in via di prima approssimazione il successo di domani sera sarà segnalato dal ripristino di una curva dei rendimenti definitivamente inclinata verso l’alto. In chiave prospettica il tasso ufficiale sarà finalmente non restrittivo, quando inferiore ai tassi di mercato a due anni.
In caso contrario, la politica monetaria rischierà di soffocare l’economia, spingendola verso la recessione.

Sembra di rivedere l’esperienza del precedente ciclo. I mal di pancia che si registravano nel settore immobiliare si facevano sentire già a metà 2006. Ad ottobre di quell’anno, dodici mesi prima del picco del mercato azionario, 14 mesi prima della recessione, il rendimento dei Treasury a due anni si spingeva di 50 punti base sotto il Fed Funds rate; ma la Fed esitava, nel timore di gonfiare la bolla.
A giugno 2007 la situazione sembrava in via di normalizzazione; ma nei mesi estivi il quadro macro peggiorava, e alla fine di luglio lo spread fra tassi a due anni e FFR scendeva sotto i -70 punti base. Sarebbe rimasto inferiore a -50pb per tutto il resto dell’anno, malgrado i ripetuti – quanto timidi – interventi della Fed.

Soltanto a maggio 2008 il tasso Fed sarebbe sceso finalmente sotto i tassi di mercato. Troppo tardi, però: a quel punto la recessione era già radicata in tutto il sistema; e sarebbe occorso uno sforzo sovrumano per sradicarla. Sarebbe bastato molto meno, per evitarla in una forma così perniciosa.
Powell probabilmente sa bene che un taglio da mezzo punto sarebbe più efficace. Ma ha le mani legate: non può darla vinta al Presidente.

A cura di Gaetano EvangelistaAge Italia

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