Sul mercato azionario la chiave resta l’intesa tra Usa e Cina

Per i mercati azionari, l’accordo commerciale resta il fattore catalizzatore

“La nostra visione sul raggiungimento o meno di un’intesa non è mutata: l’accordo ci sarà, vista la preoccupazione di Trump di perdere l’appoggio dei suoi elettori e la sua ossessione per i mercati azionari statunitensi, e considerato il bisogno di stabilità economica della Cina. Continuiamo inoltre a credere che un accordo commerciale possa agire da driver per i mercati azionari globali, non solo dal semplice punto di vista del sentiment, ma più concretamente per il contraccolpo dei dazi sugli utili aziendali. Tuttavia, tale traguardo avrà bisogno di tempo per essere raggiunto e nel frattempo, potremmo dover affrontare picchi di volatilità in quanto il senso di auto-compiacimento degli investitori si andrà a scontrare con un flusso di notizie imprevedibili”. Ad affermarlo è Fabiana Fedeli, Global Head of Fundamental Equities di Robeco, che di seguito dettaglia la propria view.

Il tweet del 5 maggio del Presidente Trump, che ha de facto interrotto i negoziati sugli scambi commerciali, ha avuto un pessimo tempismo. È stato infatti inviato il giorno dopo il centesimo anniversario della protesta del 4 maggio contro il Trattato di Versailles (che conferì al Giappone diritti politici ed economici sulla penisola cinese dello Shandong). Le celebrazioni svoltesi in occasione di tale ricorrenza hanno rievocato con forza il nazionalismo cinese contro l’imperialismo occidentale. Questo ha aiutato il Presidente Xi Jinping, e ha dato luogo a un forte sostegno popolare nei confronti di un atteggiamento più duro contro gli Stati Uniti. Sembra, pertanto, che il governo cinese sia determinato a non cedere a ciò che considera come un tentativo dell’amministrazione statunitense di umiliarlo – ed è pronto a sacrificare la propria crescita economica.

Se non sarà raggiunto un accordo prima di dicembre, non si vedrà qualcosa all’orizzonte fino a dopo le elezioni presidenziali. Ciò implicherebbe una permanenza più lunga dei dazi, con probabili effetti negativi sugli utili societari e sull’attività economica globale. La decisione di riprendere le trattative al G20 è certamente positiva, ma l’esito di un accordo resta ancora lontano.

Posto che l’intesa venga raggiunta (e non vi siano quindi ulteriori pressioni sugli utili), rimaniamo dell’opinione che vi saranno maggiori opportunità di sovraperformance al di fuori degli Stati Uniti. Ora che l’impatto dei tagli fiscali operati dal Presidente Trump è svanito, il differenziale tra la crescita degli utili tra Stati Uniti e altri mercati non giustifica più l’evidente disparità di valutazioni. Anche se le aspettative di utili sono state ampiamente riviste al ribasso su tutti i mercati, tale differenziale permane, con gli EPS per il 2019 attesi a 3,7% per gli Stati Uniti, rispetto al 4,9% per i mercati emergenti, 4,4% per l’Europa e 5,1% per il Giappone. La disparità di valutazioni rimane alta, con l’azionario USA che tratta a un multiplo di 17,3 volte gli utili 2019, contro i 12,2 miliardi per i mercati emergenti, 13,8 volte per Europa e 12,1 volte per il Giappone, rispettivamente. Naturalmente, la questione è da porsi in questi termini se le aspettative di utili al di fuori degli Stati Uniti non sono riviste al ribasso rispetto ai livelli attuali e permane il differenziale sopraccitato. Dunque, le revisioni degli utili devono avvenire al rialzo rispetto ai livelli attuali. Per ora, siamo appesi a un filo. È necessario un miglioramento del quadro macro per supportare gli utili.

Nel complesso, le nostre previsioni per i mercati sviluppati rimangono su neutrali. Per quanto riguarda i mercati emergenti, il nostro team mantiene un outlook positivo. Ciò in virtù di valutazioni positive e di un sentiment altrettanto positivo, mentre gli altri fattori rimangono neutrali. Avevamo rivisto al rialzo il sentiment a causa di cambiamenti della situazione monetaria negli Stati Uniti e di relazioni USA-Cina più costruttive, che a loro volta hanno determinato un significativo recupero di flussi nei fondi. Dato che gli effetti negativi dei deflussi a cui abbiamo assistito nel secondo trimestre del 2019 saranno compensati dagli effetti positivi del probabile allentamento della politica monetaria negli Stati Uniti, la nostra view resta invariata anche perché le relazioni altalenanti tra USA e Cina, tornate nuovamente positive dopo il G20, sono troppo volatili per essere incluse nella valutazione.

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