“Se da un lato il contesto globale poco incoraggiante e la continua incertezza legata all’uscita del Regno Unito dall’Europa hanno pesato sulla fiducia delle imprese e sugli investimenti, dall’altro i consumatori britannici non sembrano affatto preoccupati. Grazie all’aumento dei redditi reali, alla bassa disoccupazione e ai tassi sui mutui ai minimi storici, infatti, la fiducia dei consumatori è in crescita. Non ci sono segnali di un freno alla spesa a causa di Brexit”. Lo sottolinea Steven Bell, Chief Economist di Bmo Global Asset Management.
Il problema, aggiunge l’economista, è che i consumatori stanno spendendo più di quanto le entrate permetterebbero loro di fare: il tasso di risparmio è diminuito di cinque punti percentuali dal referendum della Brexit. Questo comportamento non può essere sostenuto. Molto probabilmente una Brexit senza accordo creerebbe un ulteriore indebolimento della sterlina e i redditi delle famiglie si ridurrebbero per un aumento dei prezzi delle importazioni, con ripercussioni dirette sulla spesa dei consumatori.
Le aziende, a differenza dei consumatori, sono state caute ad aumentare la spesa per investimenti, che normalmente in questa fase del ciclo sarebbe in forte aumento. Ciò può essere collegato alla continua incertezza che circonda la Brexit, sia per quanto concerne le future relazioni commerciali con l’Ue sia in riferimento alle questioni normative e alle altre tematiche ancora da risolvere.
Tutto ciò suggerisce che l’economia avrà bisogno di un supporto sostanziale nel 2020, e fortunatamente sembra che questo intervento sia già in programma. Il governo ha infatti annunciato una serie di potenziali misure fiscali, come un taglio delle tasse e l’aumento della spesa pubblica in settori quali il sistema sanitario nazionale, l’istruzione e la polizia. È atteso anche l’annuncio di una revisione della spesa da parte di Sajid Javid.
La Banca d’Inghilterra ha allentato la politica monetaria dopo il referendum sulla Brexit, fornendo un notevole sostegno all’economia, e ha allertato il mercato dichiarando che difficilmente potrebbe replicare un intervento simile nel caso di un’uscita senza accordo. La tesi sostenuta dalla BoE è che si correrebbe il rischio di provocare uno shock dell’offerta, con ripercussioni al rialzo sulla pressione inflazionistica a lungo termine. “Crediamo che difficilmente queste preoccupazioni freneranno realmente l’operato della Banca e ci aspettiamo un taglio dei tassi, un rilancio del sistema di finanziamento a lungo termine e, forse, un ulteriore allentamento quantitativo. In definitiva ci aspettiamo, a prescindere da probabili elezioni anticipate, una forte espansione fiscale”, continua Bell.
Secondo l’esperto, “il Regno Unito sta subendo profondi cambiamenti legati alla Brexit, e il tradizionale modello caratterizzato da una grande forza dei consumatori potrebbe essere messo in discussione. Le politiche di sostegno limiteranno i danni immediati alla crescita, ma le prospettive a lungo termine sono profondamente incerte, dato il contesto politico. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che, sebbene la Brexit sia una grande sfida, il Regno Unito ha una moneta altamente competitiva e un’economia aperta con una forza lavoro ben istruita e flessibile”.