I tassi bassi innescano una reazione a catena: siamo seduti su una bomba?

A cura di Abalone Suisse

Nel tardo pomeriggio del 2 dicembre 1942 James Conant, presidente del National Defense Research Committee, ricevette una telefonata dal famoso fisico statunitense Arthur Holly Compton. Si scambiarono le seguenti frasi in codice:
A. Compton: “Il navigatore italiano è appena sbarcato nel nuovo mondo”
J. Conant: “I nativi sono stati amichevoli?”
A. Compton: “Si, sono sbarcati tutti sani e felici”
I due scienziati si riferivano al ricercatore italiano Enrico Fermi che, pochi minuti prima, aveva concluso con successo un esperimento che avrebbe cambiato per sempre le sorti dell’umanità: insieme al suo team era riuscito ad accendere per la prima volta nella storia un reattore nucleare a fissione atomica.

Questo evento dimostrò che era possibile ottenere artificialmente una reazione nucleare a catena e contestualmente gettò le basi per un cambiamento epocale nell’approccio degli scienziati alla ricerca scientifica. Si iniziò a dare molta più importanza all’analisi statistica metodicizzata dallo stesso Enrico Fermi, tramite lo sviluppo dei Metodi Montecarlo che diventarono in breve tempo uno strumento formidabile per comprendere le dinamiche di molti fenomeni fisici, studiarne l’evoluzione ed analizzarne rischi e potenziali. Le ricadute tecnologiche interessarono molti settori (aeronautica, medicina, meteorologia, finanza) e soprattutto si fecero grandissimi progressi nelle capacità di analisi dei sistemi complessi che il più delle volte sono governati da dinamiche e leggi comprensibili soltanto con l’ausilio di potenti metodi computazionali. Fra queste dinamiche troviamo quella grande famiglia di processi conosciuta con il nome di “reazioni a catena” o “processi sequenziali”.

Le reazioni a catena governano moltissimi eventi della vita, della scienza e della tecnica e possono essere di tipo lineare quando ad un certo evento corrisponde un evento analogo della stessa portata (in tal caso si parla di “effetto domino”) oppure possono essere di tipo esplosivo (o divergente o propagativo) se ad un certo evento corrispondono uno o più eventi di portata superiore. La reazione nucleare di fissione atomica è un ottimo esempio di quanto possano essere differenti gli effetti di una stessa reazione a catena applicata su scale diverse: si va dalle centrali nucleari utilizzate in ambito civile per la produzione di energia elettrica siano alle reazioni progettate per avere effetti esplosivi come nel caso delle bombe atomiche. Ma perché stiamo parlando di questi argomenti in un report finanziario? Il motivo è semplice: molte delle leggi che regolano le dinamiche dei mercati sono le stesse che descrivono il funzionamento della Pila di Fermi, delle centrali nucleari o il volo degli aeroplani. In particolare i processi sequenziali sono un driver importantissimo nel settore finanziario al punto che alcuni black swan hunters stanno cominciando ad ipotizzare che una vera e propria apocalisse finanziaria potrebbe scatenarsi proprio in conseguenza di una reazione di vendite a catena scatenata dall’incapacità di alcuni investitori nel soddisfare le richieste di integrazione dei margini.

Tassi bassi: l’equivalente di eliminare i veleni neutronici in una centrale nucleare?

Il problema nasce dal fatto che in questi ultimi anni i tassi estremamente bassi hanno favorito il diffondersi sconsiderato del leveraging, perché l’accesso al credito a costi irrisori incentiva l’esposizione dei portafogli, così come l’espansione dei bilanci. Ed ecco che le aziende si sono lanciate in share repurchase programs finanziati con emissioni obbligazionarie come non era mai successo prima nella storia e parallelamente i lombard loans, nonostante siano uno strumento molto delicato da gestire, si sono diffusi rapidamente anche fra gli investitori non professionisti. Inoltre in pochi anni è esploso il numero di strumenti finanziari creati con l’obiettivo di sostituire l’agonizzante comparto obbligazionario all’interno delle gestioni: prodotti strutturati come le stability notes o i certificati reverse convertible vengono spesso equiparati a titoli obbligazionari ma in realtà il loro comportamento è molto più complesso da comprendere e senza le dovute precauzioni questi strumenti possono diventare una micidiale arma a doppio taglio. Come se non bastasse moltissime strategie di nuova concezione prevedono che si faccia sistematicamente ricorso ad un utilizzo di esposizioni lorde molto spinte e costantemente a ridosso del maintenance margin. Questa diffusa escalation del rischio fino a ora non si è mai concretizzata in eventi veramente catastrofici ma bisogna considerare che dal 2008 ad oggi sui mercati non ci sono più stati smottamenti strutturali dei prezzi (e ciò oltretutto ha contribuito ad anestetizzare la capacità di percezione del rischio da parte dei gestori che hanno finito per dimenticare il saggio monito di Warren Buffet “non comprare cose che non ti servono con soldi che non hai altrimenti finirai per vendere ciò che ti serve”).

Siamo seduti su una bomba?

Lo scenario descritto è drammaticamente favorevole all’innesco di un colossale snowball effect nel caso in cui si dovesse verificare un flash crash sufficientemente profondo per far scattare grandi quantità di chiusure automatiche delle posizioni. La liquidazione forzata dei titoli per ristabilire i margini potrebbe portare a un vero e proprio tracollo improvviso dei prezzi e in casi estremi ad un drenaggio totale della liquidità con la conseguenza che si innescherebbero ulteriori vendite a catena e l’effetto valanga potrebbe arrivare a travolgere anche gli investitori più prudenti esposti con un leverage molto contenuto. D’altronde non dobbiamo mai dimenticare cosa successe il 15 gennaio 2015 quando a fronte di un’inversione inaspettata delle politiche monetarie della Swiss National Bank il cambio euro/franco subì uno shock clamoroso e in pochi minuti l’ondata di ricoperture fece fare al forex un movimento superiore al 20% che generò perdite colossali per moltissimi investitori, alcuni dei quali localizzati addirittura in Australia.

Ovviamente è molto difficile stabilire quali siano le probabilità che possa verificarsi uno scenario di questo tipo ma per capire a che livelli di fragilità siamo arrivati, basti pensare che il 1° ottobre in Giappone a causa di una frase imprevista del governatore Haruhiko Kuroda c’è stata una variazione di 6 punti base dello yield sul government bond decennale e questo è stato sufficiente per scatenare un’ondata di margin call, che ha costretto alcuni fondi pensione a liquidare in gran fretta parte delle esposizioni detenute su T notes e Btp con immediati riflessi anche in Italia.

Enrico Fermi era ben consapevole che la demarcazione fra reazione a catena stabile e reazione a catena esplosiva è spesso rappresentata da un confine molto sottile. Speriamo che ne siano altrettanto consapevoli i gestori dei fondi pensione e soprattutto i governatori delle banche centrali.

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