Netflix e la guerra dei media

A cura di Decalia Am

Fermate le urla, mancano solo 45 giorni! No, non stiamo parlando di Brexit… ma dell’uscita dell’ottava (e finale) stagione del Trono di Spade, attesa con ansia da una miriade di fan in tutto il mondo. Non solo questa saga è costata una fortuna da produrre, ha vinto innumerevoli premi ed è stata trasmessa in un numero record di Paesi, ma si dice sia stata anche la serie televisiva più oggetto di pirateria per sei anni consecutivi.

L’emergere dello streaming dei media, noto anche come servizi over-the-top (OTT), ha favorito la riduzione del numero di download illegali, a sollievo dei fornitori di contenuti. La distribuzione diretta di film e contenuti televisivi su internet, attraverso i modelli ad abbonamento di Amazon Prime, Hulu, Netflix e simili, ha offerto inoltre alle società di media tradizionali un gradito potenziale di diffusione delle proprie librerie verso un pubblico nettamente più ampio.

E il cambiamento è previsto che continui. Il prossimo grande passo potrebbe anche essere il premium video on demand (P-VOD), in cui verrebbe offerta ai consumatori  l’opportunità di guardare nuovi film, nella comodità della propria casa, il giorno della pubblicazione – invece di dover aspettare la classica finestra dai tre a sei mesi tra la distribuzione nei cinema e quella domestica.

Un quarto delle persone intervistate in un sondaggio di Morgan Stanley ha indicato una volontà probabile o certa di pagare un supplemento per una simile esperienza. A sua volta, ciò potrebbe dare un impulso alle entrate dell’industria degli studi cinematografici di circa $2 miliardi all’anno, con pochi costi incrementali.

Ne consegue che i cinema tradizionali abbiano ragione ad essere preoccupati. Il flusso di contenuti direttamente sulle piattaforme OTT o, peggio, creati appositamente per queste piattaforme sta già facendo pressioni sul loro pubblico. Se dovessero arrivare a perdere l’esclusività delle pubblicazioni di grande successo, non siamo sicuri che molte persone vorranno ancora uscire di casa per guardare un film…

Tutto sembrava più splendente per i produttori di contenuti già esistenti, questo finchè Netflix non si è trasformata da una semplice piattaforma di streaming (in realtà è nata come una società di noleggio di DVD nel lontano 1997) in una centrale globale di contenuti. I numeri sono effettivamente impressionanti. Netflix attualmente vanta più di 130 milioni di utenti, i cui dati sulle preferenze e sulle abitudini di consumo vengono abilmente esaminati per fornire raccomandazioni mirate. Ha investito una cifra colossale di $12-13 miliardi in contenuti nel 2018, in aumento di $3-4 miliardi rispetto all’anno precedente. Ciò ha reso possibile di avere più di 80 lungometraggi, ben oltre ciò che ogni singolo studio di Hollywood possa produrre, e una massa di prodotti di intrattenimento che supera quella di qualsiasi rete TV tradizionale.

Si consideri: per guardare tutte le serie originali Netflix del 2018 bisognerebbe passare più di 4 ore al giorno davanti al proprio schermo! E gran parte di questo palinsesto è di altissimo livello, permettendo così a Netflix di mettere fine al dominio di 17 anni di HBO in termini di nomination agli Emmy e di guadagnare quattro statuette alla cerimonia degli Oscar appena conclusa.

Con l’esplosione di questo mercato, è scoppiata una guerra, con i colossi dei media come Disney che ritirano i contenuti dalla piattaforma di Netflix e che cercano  – insieme ad Apple, HBO e CBS – di sviluppare i propri servizi di streaming (attraverso l’M&A). Con tutti gli attori non (ancora) profittevoli, il 2019/20 potrà ben segnare un punto di svolta in questa corsa onerosa, richiedendo maggiore selettività.

Il fatto è che l’intero ecosistema dell’intrattenimento, dalla produzione alla distribuzione di contenuti, sta sperimentando un’enorme disruption, offrendo opportunità interessanti anche nell’ambito di  finanziamento, co-produzione, autorizzazione e merchandising dei media. Per questa ragione, non è soltanto questione di selezionare il titolo azionario del produttore di contenuti di successo, ma anche di valutare investimenti alternativi che beneficeranno di questa industria in crescita.

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