Quando la volatilità diventa asset class
In questa ottica stanno nascendo nuovi strumenti capaci di sfruttare l’elevata volatilità di indici e sottostanti, come il CAAM Funds Volatility World Equities, fondo di diritto lussemburghese gestito da Gilbert Keskin in distribuzione in Italia dallo scorso 5 maggio.
Il concetto di volatilità spesso viene descritto in modo erratico: cosa significa e che tipo di misura rappresenta?
La volatilità misura la variabilità dei rendimenti di un determinato prodotto finanziario, nota come deviazione standard nella terminologia statistica. In genere i media parlano di volatilità storica, una misura ex-post che è considerata un buon indicatore per descrivere il rischio dello strumento finanziario. La volatilità implicita invece riflette le aspettative di mercato sulle future fluttuazioni di uno strumento finanziario ed è in genere incorporata nel prezzo delle opzioni.
La volatilità può considerarsi un asset class a se stante? E quali fattori la influenzano?
Riteniamo che la volatilità possa essere vista come un asset class vera e propria per quattro ragioni principali: esistono veicoli di investimento per accedervi, genera performance, è variabile e offre una diversificazione e decorrelazione dai mercati azionari e del credito. La volatilità è guidata dall’avversione al rischio degli investitori, e tende ad aumentare improvvisamente in caso di forti cali dei mercati azionari.
E il fondo CAAM Funds Volatility Euro Equities beneficia dei movimenti della volatilità. Come?
CAAM Funds Volatility Euro Equities punta a beneficiare dei cambiamenti di medio termine della volatilità delle azioni dell’area euro attraverso due fonti di performance. La prima offre un’esposizione adattabile alla volatilità per beneficiare dell’inversione della media della volatilità rispetto al suo valore storico; la seconda è relativa alle fluttuazioni giornaliere della volatilità – la volatilità della volatilità – rispetto alle differenti soglie della griglia di indicizzazione.
Il comparto CAAM Funds Volatility World Equities sfrutta queste due fonti di performance, ma propone un’ulteriore diversificazione geografica (terza fonte di performance). In particolare, la volatilità monitorata è costituita da un paniere di volatilità implicita a un anno dei principali indici azionari mondiali (50% USA, 30% Europa, 20% Asia). Inoltre vengono messe in atto delle strategie attive per beneficiare delle differenze di prezzo fra le diverse zone e puntare alla diversificazione.
Che tipo di correlazione ha evidenziato il fondo rispetto ad altre asset class?
La correlazione di lungo termine tra la volatilità implicita e il livello dell’indice DJ Eurostoxx 50 è pari a circa -0,6. In tal modo la volatilità è di solito considerata come un regolatore in grado di offrire la copertura di un portafoglio di titoli azionari, oltre ad aumentare il rapporto rischio/rendimento del portafoglio. Nel mercato del credito, gli spread degli swap sono ben correlati alle variazioni della volatilità.
Come si è comportata la volatilità negli ultimi dodici mesi e cosa aspettarsi per il 2008?
La volatilità implicita a un anno per il CAAM Funds Volatility Euro Equities si è allontanata dai minimi storici (circa il 16%) dei primi del 2007 al 20% della fine del 2007, riflettendo le preoccupazioni per la crisi subprime. Dall’inizio del 2008 a oggi queste sono state confermate dagli avvenimenti che hanno interessato il settore finanziario, innescando nella metà di marzo un deciso aumento della volatilità al 27%. I rialzi successivi dei mercati azionari (dal 18 marzo) hanno messo sotto pressione la volatilità implicita che è tornata attorno al 20-21%. Sembra quindi il momento giusto per assumere una posizione lunga sulla volatilità per quegli investitori che sono preoccupati per un ulteriore calo nel 2008 e che sono in cerca di protezione. In assenza di necessità di protezione nei prossimi mesi gli investitori cercheranno la performance inserendo le azioni nella propria asset allocation e attraverso la seconda e la terza fonte di performance, dal momento che siamo ancora convinti che rimangano molte incertezze che causano fluttuazioni della volatilità.
Dopo gli scossoni di marzo e il recupero dei mercati, perché puntare ancora sulla volatilità?
Riteniamo che l’attuale crisi finanziaria non sia finita e possa diffondersi in altri settori dell’economia reale. Di conseguenza, dopo un lungo periodo di stabilità la volatilità azionaria è aumentata ed è probabile che nel resto dell’anno la situazione rimanga vicino ai livelli attuali, cioè una volatilità a 1 anno sul DJ Eurostoxx 50 pari al 21%.
In particolare, permangono incertezze macro e microeconomiche, con il rischio di una recessione negli Stati Uniti, di una ripresa dell’inflazione – soprattutto in campo industriale e dei prodotti agricoli – e di un calo dei profitti delle imprese. Inoltre, le preoccupazioni per il settore finanziario, in particolare per la crisi subprime e le difficoltà delle imprese assicuratrici mono-business, hanno minato la valutazione di alcuni prodotti finanziari, riducendone così la trasparenza. In futuro, quindi, l’economia rischia di essere instabile, e questo si rifletterà in una maggiore avversione per il rischio e in un aumento della volatilità: uno scenario favorevole per il comparto.
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