Mercati, la svolta green fa volare i metalli industriali

“Poco ma sicuro, l’idea che ci si stia avviando verso una ripresa industriale importante che dovrebbe coinvolgere precipuamente il settore infrastrutturale, automotive (carenza di chips permettendo) e residenziale sta mettendo letteralmente le ali al comparto delle materie prime industriali che già la scorsa settimana registravano diversi record storici di quotazioni, dal platino all’acciaio fino al minerale di ferro”. A farlo notare è Michael Palatiello, ad e strategist di Wings Partners Sim, che di seguito ne spiega le ragioni fornendo poi il proprio outlook di mercato.

Questa mattina sembra toccare ai metalli non ferrosi dire la loro, con il rame che si catapulta sui massimi decennali in chisura a Shanghai questa mattina emulato più o meno coralmente dal resto del comparto con l’alluminio a ridosso dei 2.400 dollari per tonnellata e allunghi parimenti rilevanti per piombo, zinco e nickel.

A contribuire a questa rinnovata febbre rialzista indubbiamente la dinamica delle scorte con quelle settimanali a Shanghai che registrano diffusi ribassi, nell’ordine del 10% per il nickel e dell’8% per zinco e piombo (al contempo le scorte disponibili di rame all’LME crollano del 25% dallo scorso lunedì portandosi a 72.500 tonnellate i minimi da marzo) di pari passo ai segnali di una possibile restrizione della produione, che va dai problemi nelle miniere cilene e peruviane alla decisione di Pechino di dare una stretta alle emissioni inquinanti, specie nel campo della raffinazione di alluminio (i premi su billette e pani di alluminio in Usa la scorsa settimana chiudono ai massimi storici).

Il peso della svolta green

Un tema importante indissolubilmente legato alla dinamica dei non ferrosi è quello della svolta “green” che sta prendendo piede su base globle; in questo ambito vale forse la pena dare qualche aggiornamento sul summit tenutosi settimana scorsa nella giornata globale dedicata al nostro pianeta. Molti tra i più importanti Paesi industriali del globo (circa il 50% dell’economia globale ad essere precisi) hanno infatti alzato l’asticella degli obiettivi di emissione dagli States (il secondo per emissioni di CO2 al mondo) che ha fissato un obiettivo di riduzione tra il 50% ed il 52% rispetto ai livelli del 2005 (il doppio del target fissato sotto l’ammnistrazione Obama), al Canada (riduzione del 40-50% al di sotto dei livelli del 2005 entro il 2030) passando per il Giappone o il Brasile.

Questa non è una tematica destinata a svanire nel prossimo futro (semmai diventerà più rilevante di pari passo all’incedere del riscaldamento globale), ed in questo contesto i metalli non ferrosi (alcuni più di altri, come rame, nickel ed alluminio) rivestono indubbiamente un ruolo nodale.

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