Asset allocation: i pro e i contro delle big tech

Le trimestrali delle big tech company continuano a correre, con tassi di crescita a doppia cifra. Le valutazioni elevate rendono i titoli vulnerabili, ma la dinamica degli utili sembra scongiurare l’ipotesi di correzioni profonde. Ecco di seguito la view e l’outlook sul settore di di Antonio Anniballe, gestore del team Multi Asset Italia di GAM (Italia) SGR.

Negli ultimi giorni abbiamo assistito alla pubblica­zione dei dati di alcune fra le maggiori capitalizza­zioni di tecnologia e Internet. Particolare impres­sione hanno destato i dati di Alphabet, con utili del 70% superiori rispetto alle attese, spinti da cloud, pubblicità online e da un nuovo piano di riacquisto azioni. Interessanti anche i risultati sinora resi noti dell’intero comparto: nel momento in cui scriviamo, in 30 casi su 31 le attese degli analisti sono state battute, sia a livello di ricavi, sia di utili.

La prova delle trimestrali è particolarmente rile­vante, perché permette di guardare oltre volatilità, rotazioni azionarie e correzioni di breve termine, e di “aggiustare il tiro” delle attese degli analisti. Al momento, se sottoponiamo l’indice Nasdaq ad un’analisi dei livelli di valutazione, scopriamo che il rapporto P/E (prezzo/utili forward a un anno) è a 32. Indubbiamente, se escludiamo il boom della new economy del 2000, questo valore rappresenta uno dei più alti della storia dell’indice. D’altro canto, può essere illuminante il confronto con dieci mesi fa: il 10 giugno 2020 il Nasdaq era a circa 10.000 punti, con utili attesi di 320 dollari (P/E di 31,2); al 27 aprile 2021, l’indice ha superato i 14.000 punti, ma a fronte di attese di 435 dollari (P/E a 32, per l’ap­punto). In sintesi, dopo la grande espansione dei multipli avvenuta nella primavera 2020, il successi­vo +41% del Nasdaq è spiegabile quasi interamen­te dalla crescita degli utili attesi dell’indice.

Identico discorso può essere condotto per uno dei segmenti di cui più si è parlato negli ultimi mesi, ovvero quello dei semiconduttori. Anche in questo caso l’impetuosa crescita dell’indice nell’ultimo anno segue in larga parte l’andamento degli utili (+70% dai minimi del 2020). In generale, alcuni trend strutturali come la modifica delle abitudini dei consumatori, accelerata dalla crisi pandemica, lo sviluppo del cloud e l’utilizzo sempre più massiccio di chip, che ha portato ad un cronico deficit di of­ferta rispetto alla domanda, continuano a spingere con decisione i risultati del comparto growth.

Le valutazioni, come detto, sono elevate, il che le rende vulnerabili rispetto a un deterioramento del quadro, che rimane non esente da rischi: a titolo di esempio, alcuni motivi di cautela risiedono in un movimento ulteriore e improvviso dei tassi, in particolare quelli reali, in eventuali passi legislativi in materia anti-trust che potrebbero danneggiare le megacap della tecnologia e, come per il resto del mercato, in un aumento della tassazione aziendale da parte dell’amministrazione USA. Al tempo stes­so, in presenza di dinamica degli utili così dirom­pente, risulta difficile immaginare correzioni profon­de e durature.

Nel lungo termine, il rapporto prezzo/ utili è con ogni probabilità destinato a comprimersi, in tandem con la maturazione dell’attuale ciclo eco­nomico e della normalizzazione dei tassi. Riteniamo tuttavia che questo processo avverrà per azione del denominatore (i.e. aumento degli utili), più che per un movimento al ribasso del numeratore.

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