La resa dei conti?

Dopo il crollo di ieri, il peggiore dal 2007, lo Shanghai Composite è sceso per la prima volta da aprile dello scorso anno sotto i 3000 punti, livello che tra gli addetti ai lavori ritenuto una sorta di muro che il governo cinese proverà a difendere. Lo difenderanno veramente o la borsa sarà l’ultima delle preoccupazioni del governo ?

L’incremento delle riserve obbligatorie per le banche, che peraltro è anche il quinto deciso imposto questo anno, ha finito per causare un drenaggio di liquidità che oltre alla borsa ha colpito anche il sistema produttivo, che martoriato anche dai rincari delle materie prime difficilmente riuscirà a replicare gli utili dello scorso anno.

Per chi voleva fermare o rallentare le economie emergenti quello che è avvenuto può venire quasi considerato un successo. E adesso? Con la Cina al tappeto cosa si inventeranno i guru del target price a 200 o 250 sul petrolio ?

C’è una notiziola interessante che ci fa sapere che il 22 giugno a Gedda, in Arabia è stata organizzata una conferenza fra i paesi produttori di petrolio e quelli consumatori e che all’ incontro saranno invitati i singoli stati dell’Unione Europea, l’Agenzia Internazionale dell’Energia e alcune “istituzioni” come Morgan Stanley o Goldman Sachs. Anche gli Stati Uniti dovrebbero partecipare all’incontro. “Essendo noi fra i maggiori consumatori mondiali, pensiamo di partecipare” ha precisato il portavoce della Casa Bianca, Tony Fratto, sottolineando che gli Usa sono curiosi di conoscere l’agenda dei lavori.

Sarà una resa dei conti tra produttori e consumatori o tra produttori e “istituzioni” che con la speculazione possono in alcune circostanze guadagnare più dei produttori con il petrolio ?

Nel frattempo la stampa iraniana scrive che il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad avrebbe dato ordine alle banche della Repubblica islamica di trasferire i capitali depositati presso gli istituti di credito in Europa per evitare che vengano congelati nel quadro di nuove sanzioni per il programma nucleare di Teheran. Le voci narrano di diplomatici occidentali che hanno parlato di un’operazione per rimpatriare miliardi di dollari con l’aiuto di società legate al regime iraniano costituite in alcuni Paesi arabi del Golfo, tra i quali gli Emirati arabi uniti.

Il ministro della Difesa iraniano, Mostafa Mohamad Najjar, ha intanto avvertito Israele che riceverà una risposta “molto dolorosa” se attaccherà gli impianti nucleari di Teheran, dopo che venerdì il vice premier israeliano Shaul Mofaz aveva detto di ritenere inevitabile un’azione militare a causa dell’inefficacia delle sanzioni dell’Onu contro Teheran.

Con un quinto del petrolio mondiale che transita dallo stretto di Hormuz, bloccabile peraltro con poche migliaia di euro di mine antidiluviane, c’è poco da stare allegri.

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