Mercati, l’inflazione Usa spaventa Wall St. e forse anche la Fed

Ieri, alle 14.30, è stato pubblicato un dato macro shock negli Stati Uniti: il Cpi headline e core di aprile sono risultati rispettivamente il quadruplo e il triplo delle attese del mercato. In altri termini l’inflazione negli Usa sta aumentando rapidamente. E il +0,9% mese su mese è il record dal 1982.

“L’enorme sorpresa – spiega nel dettaglio Giuseppe Sersale, strategist di Anthilia Capital Partners Sgr – è principalmente dovuta ai balzi di alcune categorie in piena riapertura come hotels (+7.6%), biglietti aerei (+10.2%), affitto auto e furgoni (+16.2). I prezzi delle auto usate sono saliti del 10.2%, producendo un terzo del rialzo totale del CPI core. E’ un buon esempio di un effetto temporaneo, causato da eccessi di domanda a fronte di difficoltà di approvvigionamento (dubito che le auto usate continueranno a salire del 10% al mese). In questo senso, sembra però evidente che gran parte del balzo è effettivamente costituita da fenomeni temporanei“.

“Ecco qua un numero di entità  in grado di spaventare per bene il mercato” avverte poi Sersale. Dalla reazione iniziale, però è sembrato che gli investitori fossero abbastanza pronti a numeri forti. Il sussulto è stato modesto, e mezz’ora dopo gli effetti sugli asset erano tutto sommato moderati, il che è “una ulteriore prova che la volatilità dei giorni scorsi aveva a che vedere con l’inflazione fino ad un certo punto“.

I numeri comunque sono stati davvero troppo forti per lasciare indifferente il mercato dei tassi, tanto più che “domani esce il PPI (prezzi alla produzione di marzo) che, visto il comportamento delle commodities, rischia di rivelarsi un altro bagno di sangue”, sottolinea Sersale.

Non solo. Poco dopo il report ha parlato il vice presidente Fed, Clarida. Il suo discorso ha reiterato la view FED secondo la quale i progressi non sono sufficienti e i rischi ancora materiali. Ma, forse incalzato dalle domande, ha ammesso che il CPI lo ha sorpreso e speso qualche frase sulla necessità di vigilare sulle attese di inflazione, e agire nel caso queste mostrino una deriva.

Il mercato forse ha letto in queste dichiarazioni un crescente nervosismo da parte della Fed sul fronte prezzi e attese, o forse è solo il contesto in cui sono avvenute. Sta di fatto che il Dollaro, che si era indebolito sui numeri, a prezzare tassi reali ancora più negativi, ha invertito bruscamente la marcia. E la salita dei rendimenti è continuata, con i breakeven a cedere parte dei guadagni, a favore dei tassi reali.
Inutile dire che il Nasdaq, già vulnerabile nelle ultime sedute, ha progressivamente accelerato al ribasso, zavorrando gli altri indici col suo peso.

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