Mercati, la Cina prova a raffreddare i prezzi delle commodity

Nell’ambito delle materie prime industriali la guerra di Pechino alla speculazione prosegue senza tregua. Recente è infatti l’annuncio della China Banking and Insurance Regulatory Commission del divieto alle banche del Paese di vendere prodotti legati alle commodity agli investitori retail. Al contempo è stato poi richisto alle banche di ridurre, fino ad azzerare, la massa dei prodotti in circolazione.

Le problematiche legate al significativo rincaro nei prezzi delle materie prima si evidenziano nei dati relativi ai profitti delle aziende industriali cinesi in aprile, certo in rialzo del 57% su base annua, ma in significativo arretramento dal 92,3% registrato a marzo. “Un segno evidente della difficoltà delle aziende nel settore nell’assorbire i rincari delle commodities che al momento non vengono traslati sui consumatori finali”, fa notate Michael Palatiello, amministratore delegato e strategist di Wings Parnets Sim.

Profitti in discesa, ma non per tutti, comunque. A cominciare dalle aziende del settore della raffinazione e dell’estrusione dei metalli non ferrosi o delle fibre sintetiche che hanno registrato un quadrimestre stellare, con incrementi medi dei profitti rispettivamente del 484% e 650,2%.

“Tuttavia, avverte Palatiello, la Cina potrebbe essere alla base di una ripresa degli acquisti su materie prime, dato che l’avvio della stagione estiva (con il massiccio utilizzo di energia per il condizionamento) pare abbia già messo in crisi la rete energetica del Paese, portando a razionamenti nell’erogazione soprattuto nella provincia dello Yunnan, che potrebbe seprimentare una riduzione nella produzione di alluminio pari al 30% (circa 100.000t/mese) e di zinco pari al 10%”.

Nel frattempo, all’LME le quotazioni del rame si sono riportateal di sopra della fatidica soglia dei 10mila dollari per tonnellata. In ascesa anche l’alluminio, sopra i 2.400 dollari, lo zinco sopra quota 3.000 e il nickel, in area 17.500 dollari.

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