Investimenti: ecco i driver del lusso in salsa cinese

Nel settore del lusso I risultati del primo trimestre del 2021 mostrano dei segnali incoraggianti per il settore, grazie soprattutto all’eccezionale ripresa del mercato statunitense. In particolare, le condizioni macroeconomiche sono migliorate notevolmente grazie alle politiche fiscali di Biden, che negli scorsi giorni ha proposto un budget da ben 6000 miliardi di dollari per il prossimo anno. “Dunque, alcuni analisti, che fino all’anno scorso si attendevano un recupero possibile solo per il 2022, hanno prospettato uno scenario moderatamente ottimista”. Ad affermarlo è Giacomo Calef, Country manager di Notz Stucki, che di seguito spiega nel dettaglio il proprio outlook.

Infatti, con una buona probabilità, il ritorno ai livelli del 2019 potrebbe avvenire già nel 2021, con il controvalore del mercato globale stimato tra i 280 ed i 295 miliardi di euro. Inoltre, ci si attende una crescita significativa anche per gli anni a venire, con la possibilità che possano delinearsi dei cambiamenti sostanziali della composizione del mercato. Come si può osservare dal grafico sopra rappresentato, infatti, abbiamo due grandi driver che incideranno sulla crescita del settore del lusso. Da un lato, abbiamo la Cina: i consumatori del colosso asiatico, stando ai dati stimati per il 2019, pesano per poco più del 10% su base globale, ma entro il 2025 potrebbero rappresentare fino al 28% circa del mercato. Oltre alla situazione epidemiologica, che ha favorito lo sviluppo del mercato interno cinese, pesano anche altri trend, come il “rimpatrio” dei consumi favorito dalla riduzione dei dazi nel 2015 e l’armonizzazione dei prezzi internazionali. Dall’altro lato, invece, abbiamo una tendenza che ha visto un’accelerazione importante con la pandemia, ovvero il digitale. Dalle rilevazioni del 2019 gli acquisti online rappresentano circa l’11%, mentre per il 2025 la quota potrebbe raggiungere il tetto del 30%. La forza dell’E-Commerce, inoltre, sta permettendo anche la crescita di un fenomeno promettente e attento ai temi della sostenibilità, ovvero quello del reselling: ad oggi i principali player internazionali, come ad esempio Kering, stanno implementando investimenti importanti per generare nuovi cash flows. Il grande conglomerato, in particolare, lo scorso Marzo ha guidato un round di finanziamento di $ 216 milioni a favore del sito di rivendita di beni di lusso francese Vestiaire Collective, una piattaforma che nel 2020 ha aumentato le sue entrate di oltre il 100%

La potenza dei big della tecnologia

La crisi sanitaria ha causato ampie cicatrici nei settori più impattati, ma altri, come quello della tecnologia, hanno dato il via ad un’espansione senza precedenti. Le cosiddette big tech statunitensi, in particolare, ne rappresentano un chiaro esempio. Il riferimento va alle prime 5 top holding dell’S&P 500, ovvero Amazon, Apple, Alphabet, Facebook e Microsoft, che ad oggi costituiscono più del 20% della market cap totale e nell’ultimo periodo hanno continuato ad accumulare profitti. Ad esempio Apple nei primi tre mesi del 2021 ha aumentato il giro d’affari del 54% rispetto ad un anno fa, mentre gli utili netti sono più che raddoppiati.

Il potere delle Big Tech, tuttavia, ha attirato l’attenzione delle autorità antitrust, che vorrebbero arginare il loro monopolio, nonché limitare l’influenza in alcuni segmenti settoriali a danno di altri concorrenti. Lo scorso mese, ad esempio, l’Autorità francese della Concorrenza (Autoritè de la concurrence) ha rilevato dei rischi per i player attivi nel settore dei pagamenti digitali (o fintech), in quanto le big tech hanno la possibilità di offrire i propri servizi finanziari senza essere soggette agli stringenti vincoli regolamentari imposti alle banche. A tal proposito, pertanto, il quadro normativo a livello comunitario sta riscontrando dei cambiamenti: a fine 2020 l’UE ha firmato il Digital Market Act ed il Digital Service Act, due provvedimenti legislativi che mirano a contrastare le pratiche di concorrenza sleale e a far sì che i contenuti veicolati sulle piattaforme online vengano adeguatamente filtrati. Ciononostante, il contesto attuale sembra offrire ancora delle opportunità per i colossi tecnologici, in quanto alcuni stanno migliorando la diversificazione del proprio business ed altri presentano delle ragionevoli valutazioni azionarie rispetto ai peers. Ad esempio, si ponga attenzione all’ultima operazione di Amazon: l’azienda guidata da Jeff Bezos ha definito un accordo per l’acquisizione della casa di produzione cinematografica Metro Goldwyn Mayer, per un controvalore di ben $8,45 miliardi di dollari. MGM, in particolare, permetterà ad Amazon di ottenere nuove fonti di ricavo dallo streaming digitale, potendo contare su un catalogo di film, serie TV e programmi televisivi che hanno ricevuto importanti premi internazionali. Tuttavia, il titolo Amazon potrebbe essere ritenuto caro per alcuni investitori, dato che detiene un rapporto prezzo sugli utili stimati nei prossimi dodici mesi pari a 56x circa, a fronte di un 27,5x del Nasdaq 100.

Analizzando il paniere delle cinque Big Tech, invece, è stato osservato che Alphabet presenta dei multipli più interessanti, con un P/E Ratio, pari a 27,7x, in linea con quello del suddetto indice. Inoltre, la società genera stabili flussi di cassa grazie soprattutto ai servizi di advertising digitale, dato che con la pandemia le aziende hanno incrementato i propri budget destinati alle pubblicità online.

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