Mercati, petrolio: ecco cosa potrebbe accadere nei prossimi mesi

La recente corsa al rialzo dei prezzi è stata guidata dal petrolio grezzo WTI. Negli Usa le scorte stagionali di benzina scarseggiano a fonte di una stagione estiva che si riapre ai viaggi. A Cushing, hub di consegna del WTI, le scorte di petrolio grezzo sono circa il 17% in meno rispetto alla media da cinque anni a questa parte. Ecco di seguito la view di Ole Hansen, Head of Commodity strategy di BG Saxo.

Mentre la ripresa della domanda globale di carburante rimane lontana dall’essere sincronizzata a causa delle preoccupazioni per le restrizioni più rigide legate al Covid-19 in Asia, il mercato sembra soddisfatto nel breve termine di concentrarsi principalmente sulle prospettive positive della domanda negli Stati Uniti e in parte dell’Europa.

L’OPEC ha deciso di rinviare l’aumento produttivo oltre ai già concordati 0,8 milioni di barili/giorno per luglio ma prevede un notevole salto medio di 6 milioni di barili/giorno nella domanda di petrolio entro la fine del 2021. Senza ulteriori aumenti di produzione oltre luglio, il gruppo si aspetta un aumento della domanda globale entro dicembre per quasi 100 milioni di barili/giorno che potrebbe innescare un deficit giornaliero di 2,3 milioni di barili al giorno.

Il modo in cui il gruppo e i produttori non-OPEC risponderanno al crescente deficit determinerà fino a che punto il petrolio grezzo potrà salire nei prossimi mesi. In assenza di azioni, il prezzo del grezzo Brent potrebbe raggiungere gli 80$/b prima della fine dell’anno, ma, come sempre, molti sviluppi potrebbero rovinare questa previsione. Il più importante è la prospettiva di ulteriori barili dall’OPEC o dall’Iran, se si dovesse raggiungere un accordo nucleare, e non ultimo il prolungato (o nuovo) blocco di Covid-19, specialmente in Asia.

Va poi ricordato che numerose compagnie petrolifere sono ora vincolate dagli investitori di Wall Street che richiedono azioni per combattere il cambiamento climatico e anche per questo non si affrettano ad aumentare la produzione per inseguire l’aumento dei prezzi. Finora anche i trivellatori nel Permiano, il prolifico bacino in Texas, hanno mostrato moderazione per evitare i cicli di boom-and-bust del decennio precedente. Considerando questo, c’è la tentazione da parte di queste compagnie, attraverso l’inazione, di sostenere prezzi ancora più alti per godere del rialzo dei prezzi prima che la domanda inizi a diminuire tra qualche anno.

Tuttavia, un tale passo solleverebbe un’altra sfida che l’OPEC deve affrontare. Un periodo prolungato di inattività che permetta ai prezzi del petrolio di salire ulteriormente, potrebbe vedere l’inflazione, attraverso l’aumento del costo del carburante, diventare ancora più radicata e prolungata, frenando alla fine la crescita e con essa la domanda di petrolio grezzo.

Tenendo conto di tutte queste considerazioni, non pensiamo che il prezzo del petrolio possa salire fino a 80 dollari, ma avendo superato i 70$, la prossima tappa, intorno ai 72 dollari, determinerebbe se il Brent ha abbastanza slancio per sfidare la tendenza al ribasso di tredici anni dal picco del 2008, intorno ai 78$. Tuttavia, vedremmo un movimento di questa portata come un superamento che alla fine potrebbe rivelarsi di breve durata.

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