Investimenti: ecco come affrontare l’appiattimento della curva dei rendimenti

“La Fed si riunisce e appiattisce la curva, ma i fondamentali indicano rendimenti più elevati”. L’avvertimento arriva da Mark Conrad, portfolio manager di Algebris, che di seguito illustra nel dettaglio la propria view.

Ci sono stati forti scossoni nei mercati globali nei giorni successivi alla riunione del FOMC di giugno, con le aspettative sui tassi degli Stati Uniti in aumento e i rendimenti a lungo termine in calo, con conseguente appiattimento piuttosto significativo della curva dei rendimenti. Ciò ha avuto ripercussioni sui mercati, con molti strumenti di “reflazione” che hanno subito ondate di vendita, a causa di più bassi livelli di breakeven dell’inflazione che hanno ritracciato in seguito all’errore di politica monetaria percepito. Tutto ciò è conforme alla visione fortemente radicata nel mercato secondo cui la Fed avrebbe lasciato che l’economia e l’inflazione si surriscaldassero non reagendo a stime di inflazione più elevate. La presunta svolta aggressiva di Powell durante l’ultima riunione del FOMC ha indebolito questa visione e, di conseguenza, le scommesse sull’inflazione fuori controllo sono state ridotte. A nostro avviso, le decisioni sono state esacerbate da un posizionamento piuttosto teso con molti investitori macro colti in flagrante a scommettere sul continuo irripidimento della curva. Tuttavia, non siamo convinti che la Fed abbia compiuto una svolta significativa e notiamo che diversi rappresentanti della Fed (incluso il presidente Powell) hanno parlato dopo l’incontro con un messaggio ad ampio respiro sulla necessità di un continuo e sostanziale accomodamento. Facendo un passo indietro, nel primo trimestre del 2021, il PIL nominale degli Stati Uniti è salito del +11% e salirà probabilmente del +15% nel secondo trimestre. L’inflazione di fondo, invece, gira su valori ad una singola cifra (5%). Anche se questi tassi di crescita e inflazione post-pandemia iniziano a ridursi, non sono affatto coerenti con i tassi di interesse nominali nell’intervallo dell’1,5%. In parole povere, riteniamo che i tassi reali e nominali siano troppo bassi e ci aspetteremmo che i rendimenti abbiano una propensione al rialzo. Un posizionamento short di massa potrebbe contrastare questo trend nel breve termine, ma alla fine i fondamentali prevarranno. Forse più significativo è il caso dei tassi di interesse più alti in Europa, dove i rendimenti (coperti dal cambio) dei bund sono vicini ai minimi da due decenni a questa parte rispetto ai rendimenti dei titoli del Tesoro USA. Se i tassi statunitensi sono destinati a salire nel medio termine, è molto probabile che lo siano anche i tassi europei.

Banche, forti ribassi nonostante maggiori probabilità di aumento dei tassi prima del previsto

Le banche hanno subito un selloff a livello globale all’indomani della riunione del FOMC. Ciò è forse sorprendente dato che la svolta di politica monetaria della Fed è stata ritenuta aggressiva (normalmente considerato positivo per le banche), ma le banche sono state coinvolte nel selloff degli assets reflattivi poiché le aspettative di inflazione sono diminuite. In sostanza, mentre le decisioni aggressive percepite sarebbero teoricamente positive per gli utili bancari (tramite tassi a breve termine più elevati), questo vantaggio è stato più che compensato dall’impatto negativo sul multiplo degli utili (che tende a diminuire su una curva dei rendimenti appiattita). Tuttavia, vorremmo chiarire un paio di punti. Primo, mentre l’ultima mossa di tapering della Fed ha causato un appiattimento della curva, l’ipotesi che una curva più piatta significhi titoli bancari a valutazioni più basse non necessariamente regge. La curva US 2/30 è crollata da 300 a 50 pb mentre la Fed ha ridotto (e successivamente aumentato) gli stimoli dal 2014 al 2018 e l’indice delle banche statunitensi è salito da 70 a 110. In secondo luogo, mentre riteniamo che sia troppo presto per concludere che il rally reflattivo sia finito (vedi sopra), c’è molto di più da apprezzare per le azioni bancarie rispetto alla sensibilità a una curva più ripida. Significativi ritorni di capitale, un ciclo di aumento degli utili in accelerazione, un nascente ciclo di fusioni e acquisizioni e valutazioni storicamente basse sono tutti fattori chiave che forniscono un forte sfondo fondamentale per le azioni bancarie europee nei prossimi due anni.

Europa, un secondo trimestre forte sarà seguito da uno ancora migliore

Il PMI nell’Eurozona è cresciuto a 59,2 a giugno – il massimo storico da 15 anni – salito dal livello di 57,1 di maggio e battendo il consenso di 58,8. La domanda continua a migliorare su tutta la linea man mano che la campagna vaccinazioni prosegue e le restrizioni economiche vengono revocate. Le imprese hanno anche registrato il livello più alto di nuovi ordini in 15 anni e la fiducia nelle prospettive ha raggiunto un livello record. Il lato dell’offerta sta ancora lottando per far fronte a questo aumento della domanda: gli arretrati sono aumentati al ritmo più veloce mai registrato insieme a un forte aumento degli ordini incompleti e all’esaurimento delle scorte. Di conseguenza, le aziende hanno riportato prezzi dei fornitori più elevati insieme a crescenti pressioni salariali e i prezzi alla produzione sono aumentati al ritmo più veloce mai registrato. Riteniamo che ciò indichi un aumento dell’inflazione al di sopra delle aspettative in tutta l’Eurozona nei prossimi mesi – una netta divergenza dall’esperienza dell’ultimo decennio – con potenziali implicazioni per i mercati dei tassi europei che attualmente prevedono che il contesto disinflazionistico dell’ultimo decennio persista indefinitamente.

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