“L’emergenza sanitaria ha favorito un’accelerazione importante del progresso tecnologico e uno dei segmenti che potrà beneficiare della ripartenza post-covid potrebbe essere quello delle tecnologie mediche. Da un lato, il settore è stato fondamentale per affrontare la pandemia, data l’urgenza di sviluppare i vaccini, dall’altro, la tendenza di invecchiamento della popolazione richiederà una maggior necessità i rendere i servizi sanitari più efficienti”. Ad affermarlo è Giacomo Calef, Country manager di Notz Stucki, che di seguito spiega nel dettaglio la propria visione.
Secondo alcuni analisti, dunque, il segmento del Medtech potrebbe continuare a vedere un futuro prospero: se nel 2011 i ricavi globali stimati si aggiravano attorno ai 350 miliardi di dollari dollari, nel 2024 ci si attende che possano raggiungere i 600 miliardi di dollari circa.
Inoltre, a livello di performance azionarie, il rimbalzo dal crollo degli indici borsistici dello scorso anno è stato dirompente: analizzando l’Indxx Global Medical Devices Index, che raggruppa un universo di 50 aziende di tecnologia medica a grande capitalizzazione, dal 31/3/20 al 21/6/21 ha registrato un +77% circa. E noi, a fronte delle buone opportunità di crescita e delle attraenti valutazioni di mercato, a marzo 2020 avevamo deciso di strutturare ad hoc un paniere di titoli, ma prestando attenzione a ponderare ogni singola posizione.
Dalla pandemia, infatti, alcune aziende hanno tratto grandi benefici: ad esempio Abbott Laboratories, azienda leader nell’innovazione in ambito sanitario, lo scorso anno aveva predisposto dei test rapidi per la rilevazione del Covid, che hanno contribuito al conseguimento di ottimi risultati finanziari. Secondo la forward guidance della società, infatti, gli utili per azione stimati per il 2021 risultano il 20% superiori al 2020. Tuttavia, nell’intento di costruire un portafoglio che presentasse delle ragionevoli valutazioni di mercato, abbiamo selezionato anche dei player che potranno beneficiare delle riaperture post-pandemia.
Fra gli altri, vorremmo menzionare Sonova, un’azienda svizzera specializzata nelle soluzioni per l’udito. Questa è una delle vittime della crisi poichè la società ha dovuto chiudere i punti vendita in Europa ed i clienti, essendo perlopiù anziani, acquistano prevalentemente nei negozi fisici. Sonova, in particolare, investe molto sulla miniaturizzazione, sulla tecnologia dei propri prodotti e su strategie di marketing. Infatti, sempre più persone utilizzano i loro dispositivi, non solo per via del trend demografico di invecchiamento della popolazione, ma anche perchè l’innovazione sta rendendo gli auricolari sempre meno invasivi ed efficienti, adatti a chi manifesta problemi di udito a qualsiasi età. Dunque, a fronte di una crescita dei ricavi per l’anno fiscale 2021/22 (da marzo a marzo) stimata tra il 24 ed il 28%, di una valida solidità finanziaria e di continui nuovi progetti di investimento, si ritiene che l’azienda possa uscire dalla crisi ancora più forte e competitiva.
Commodity: l’andamento nel 2021
Fin dall’annuncio dei vaccini, prospettandosi come sempre più vicina la fine della pandemia e l’inizio della ripresa, almeno nei paesi sviluppati, i prezzi delle materie prime sono generalmente risaliti. Nonostante ciò, nelle ultime settimane hanno subito un calo. il caso del legname: dopo la crescita esponenziale dovuta all’aumento delle attività di ristrutturazione domestica durante il lockdown, ha risentito di una forte diminuzione da quando le restrizioni negli USA sono state allentate.
L’annuncio della FED della scorsa settimana, invece, ha avuto un impatto anche sulle commodity agricole. Il rafforzamento del dollaro, che ne è derivato, è stato uno dei fattori per cui in questi mercati, denominati in USD, si sono registrate delle diminuzioni di prezzo, più evidenti per il mais e per la soia (dal picco di maggio le relative quotazioni hanno ceduto oltre 20 punti percentuali). Tuttavia i prezzi restano significativamente più alti rispetto allo scorso anno e alcuni top traders si attendono che continueranno a salire ancora per diverso tempo, spinti dalla domanda cinese e dallo sviluppo dei biocarburanti. Mentre per quanto riguarda il settore dei metalli si può osservare come i prezzi si siano impennati con la ripresa. Ciò ha messo particolare pressione al governo di Pechino, il quale in data 16 giugno ha annunciato che venderà una parte delle sue vaste riserve di rame, zinco e alluminio per mitigare i prezzi alla produzione per le aziende cinesi, che, ad aprile, hanno registrato il tasso di crescita annuale più alto da 13 anni. Ma il recente annuncio delle modeste quantità in vendita non ha prodotto l’effetto desiderato, poichè, al momento, i prezzi non sono scesi.
Infine, analizzando un altro settore che risente dei prezzi delle commodity, ovvero quello dei semiconduttori, si nota che non solo ha beneficiato della pandemia, ma ci si aspetta anche che possa continuare a crescere. Materie prime come il silicio, il germanio e i composti del gallio sono ormai indispensabili alla digitalizzazione perché punto di partenza per la produzione dei chip. Si pensi che ormai l’elettronica costituisce il 40% del valore di un’auto moderna, oppure che senza chip non si potrebbero costruire le reti 5G e i server data center dei servizi cloud.
Una caratteristica di questa industria è quella di essere ciclica, cioè in periodi di forte domanda neanche i maggiori player come Taiwan Semiconductor o Intel riescono a seguire il ritmo della produzione. Proprio questo è accaduto nel 2020, con l’esplosione della domanda trainata dalla necessità di computer per lo smartworking, che poi ha provocato uno shock dell’offerta, minacciando una carenza globale di chip. Per allargare la propria capacità di produzione, TSMC ha aumentato il proprio budget di investimenti per il 2021 del 63%, arrivando a 28 miliardi di dollari. Similmente, Intel ha predisposto un piano da $20 miliardi, con l’obiettivo di contrastare il primato dell’Asia nel mercato di chip e semiconduttori.