Asset allocation: le aspettative d’inflazione favoriscono le commodity

I prezzi delle materie prime sono saliti nel corso di questa primavera a fronte della crescente domanda e dell’aumento delle aspettative d’inflazione a livello globale che si accompagnano all’uscita dalla pandemia. Fred Fromm, portfolio manager e research analyst di Franklin Equity Group, esamina di seguito le implicazioni per gli investitori azionari in quest’area.

Il complesso globale delle materie prime ha continuato a ricevere un sostegno significativo da parte degli investitori nell’ultimo mese, durante il quale l’economia mondiale è entrata in un territorio sconosciuto. Dopo più di un decennio di timori per l’inadeguatezza della domanda e del potere di spesa all’indomani della crisi finanziaria globale, nei mercati delle commodity e nelle filiere produttive iniziano a manifestarsi segnali di una carenza dell’offerta causata da un’impennata post-pandemica della domanda.

Tra i dati economici favorevoli, si registra una forte domanda di costruzioni e beni manifatturieri in tutto il mondo, sostenuta in parte dalle speranze suscitate dal ritmo delle vaccinazioni anti COVID-19 nei principali centri economici, che si traduce in una maggiore domanda di materie prime. La crescita della domanda è robusta, essendo iniziata a livelli relativamente bassi a causa della pandemia, che ha provocato anche una parziale riduzione della capacità; questo spiega le carenze di legname e di altri prodotti chiave osservate di recente dai consumatori. Inoltre, sia i materiali di consumo che quelli all’ingrosso risentono di sconvolgimenti delle filiere produttive in tutto il mondo.

Tutte le forme di trasporto – marittimo, aereo, su gomma e ferroviario – sono interessate da ritardi (alcune in modo intermittente). Questi fattori hanno provocato un rincaro delle materie prime, al punto che i prezzi di legname, minerale di ferro, acciaio, rame e palladio hanno toccato massimi storici in maggio, mentre quelli di granturco e soia si sono avvicinati ai livelli più elevati dal 2012.

Le carenze dovute al rilascio della domanda repressa e alla stretta delle catene di produzione hanno riguardato anche la plastica, il cotone, l’olio di palma, il caffè, i suini, il pollame, i prodotti in carta, gli imballaggi, i prodotti chimici e altri articoli, con un moltiplicarsi degli ordini arretrati. Una recente analisi delle reti commerciali delle commodity ha rivelato che il mercato globale è in subbuglio anche per via dell’offerta carente di numerosi minerali rari essenziali per la fabbricazione di telefoni cellulari, articoli di elettronica e attrezzature mediche.

Nonostante la disponibilità di materie prime a livello mondiale sia lontana dall’esaurirsi, alcuni segnali sono parsi indicare che le strozzature dell’offerta potrebbero condurre a sorprese sgradite in grado di destabilizzare la ripresa post-pandemica, poiché il sistema logistico non è nelle condizioni di poter gestire un tale picco di domanda (precedentemente repressa) in un breve lasso di tempo.

La carenza è si è dimostrata particolarmente acuta negli Stati Uniti, dove è in corso un boom: la spesa per consumi negli USA sta crescendo a un tasso di oltre il 10% su base annua, poiché le famiglie hanno deciso di mettere mano agli oltre 2.000 miliardi di dollari stimati di risparmi extra accumulati nel corso dell’ultimo anno, mentre si continuano ad attuare misure di stimolo.

Un ulteriore impulso al mercato è giunto dall’aumento delle aspettative d’inflazione e dal conseguente rafforzamento della domanda di asset, come le commodity, in grado di fornire una copertura dalla crescita dei prezzi. Le previsioni di un’ulteriore espansione dell’economia globale e di una maggiore necessità di compensare il rischio d’inflazione – insieme all’eccesso di liquidità, ai tassi d’interesse reali storicamente bassi, allo stimolo fiscale e al deprezzamento del dollaro USA ponderato per l’interscambio – hanno sostenuto il rally delle materie prime fino ad oggi.

Petrolio

Con il quadro della domanda che mostra chiari segni di miglioramento, le quotazioni del greggio hanno raggiunto i livelli più elevati degli ultimi due anni e mezzo, poiché gli analisti del settore e l’alleanza OPEC+ (l’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio e alcuni grandi produttori di greggio non aderenti al cartello) hanno previsto una progressiva riduzione del divario tra domanda e offerta nel mercato del petrolio. Con la robusta ripresa di Stati Uniti ed Europa, durante la primavera le scorte di greggio e di prodotti raffinati si sono gradualmente ridotte, così che l’eccesso di petrolio accumulato durante la pandemia di COVID-19 è stato quasi completamente eliminato, con la previsione di una rapida erosione delle riserve nella seconda metà del 2021. A metà maggio, i prezzi della benzina negli Stati Uniti hanno superato in media i 3 dollari al gallone per la prima volta in più di sei anni. Il rincaro ha fatto seguito a gravi perturbazioni meteorologiche in Texas e alla chiusura, in data 7 maggio, della Colonial Pipeline, la più grande conduttura petrolifera del Nord America, dopo un attacco informatico.

Gas naturale

I futures sul gas naturale negli Stati Uniti hanno segnato un rialzo nel mese in esame, sulla scia delle robuste esportazioni di gas naturale liquefatto (GNL) e delle previsioni di tempo caldo, che hanno segnalato l’inizio di una maggiore domanda di combustibile per le centrali elettriche dovuta all’accensione dei climatizzatori. A sostenere il gas naturale hanno contribuito anche i vincoli dell’offerta, poiché a fine maggio le scorte statunitensi si attestavano a 2.215 miliardi di metri cubi, un livello inferiore del 14,7% rispetto a un anno prima e del 2,8% rispetto alla media quinquennale.3 Alla vigilia di giugno i fondamentali restavano favorevoli, con una ripresa della domanda seguita alla riapertura di altre imprese, mentre l’offerta non ha ancora risposto appieno.

Metalli preziosi e industriali

Nel corso della primavera il mercato dell’oro ha evidenziato un forte dinamismo favorito dalla maggiore enfasi posta sul rischio d’inflazione, benché la domanda sia stata alimentata anche dal deprezzamento del dollaro e dal carattere potenzialmente disomogeneo della ripresa a causa della recrudescenza del COVID-19 in alcuni paesi. I flussi verso gli exchange-traded fund (ETF) garantiti da lingotti d’oro – uno dei principali motori del rally del metallo nel 2020 – hanno accelerato in maggio dopo diversi mesi di relativa stasi. L’oro ha annullato le perdite del 2021, in quanto i prezzi spot sono saliti del 7,8% (a 1.907 dollari per oncia troy) nel periodo in esame, archiviando il maggior progresso mensile da luglio 2020.4

I metalli industriali hanno messo a segno un rimbalzo verso fine maggio dopo un mese volatile dominato dai timori per l’inflazione, per la stretta creditizia in Cina e per i nuovi focolai di coronavirus. Il rame e tutti gli altri cinque metalli di base primari quotati sulla London Metal Exchange (LME) – nichel, alluminio, zinco, stagno e piombo – hanno guadagnato terreno, spingendo al rialzo del 4,1% l’Indice LME durante il mese. Anche il rame ha registrato una decisa rimonta nell’ultimo anno, raddoppiando essenzialmente le quotazioni dai minimi post-COVID.5 Secondo alcuni analisti del settore, le forniture di rame, già insufficienti nel contesto della ripresa economica globale, potrebbero essere messe ulteriormente a dura prova dalla prevista quintuplicazione della domanda di energia verde nel decennio in corso, che determinerebbe carenze significative a partire dalla metà del 2020.6

Prodotti agricoli

Nonostante le continue apprensioni per i rischi di approvvigionamento derivanti dalla domanda senza precedenti espressa dalla Cina, i prezzi dei principali prodotti agricoli si sono raffreddati in maggio dopo i significativi aumenti registrati di recente. I futures sul mais e sul frumento, tuttavia, hanno evidenziato un rimbalzo verso fine mese a causa degli accresciuti rischi per l’evoluzione e i rendimenti dei raccolti associati alle persistenti siccità negli Stati Uniti e in Canada. La Russia, dal canto suo, ha rivisto al ribasso le previsioni sul raccolto di grano del 2021. I prezzi del granturco sono ancora in aumento del 36% nel 2021, mentre quelli di soia e frumento sono in rialzo del 16% e del 4%, rispettivamente. Il rincaro di granturco, soia e frumento riflette l’aumento delle esportazioni e il calo delle scorte rispetto agli anni precedenti. Inoltre, con l’attenuazione della pandemia gli automobilisti stanno tornando a circolare, e la ripresa della domanda di benzina e di etanolo, un ingrediente delle miscele, si è dimostrata una buona notizia per i coltivatori di granturco.

La volatilità delle materie prime sembra destinata a perdurare

Le azioni collegate alle risorse naturali sono rimaste coinvolte in un tiro alla fune tra gli aspetti positivi delle riaperture negli Stati Uniti e in Europa e le circostanze nefaste legate alla recrudescenza dei casi di COVID-19 in paesi come India e Brasile. Quest’ultimo fattore ha pesato sul gruppo in marzo e aprile, mentre il tema del miglioramento della domanda ha esercitato un’influenza crescente in maggio e all’inizio di giugno, quando le azioni hanno segnato un deciso rialzo. Prevediamo una continuazione di questa volatilità mentre gli investitori e i trader valutano l’entità e la sostenibilità della ripresa della domanda, analisi che è complicata da possibili effetti a breve termine come quelli derivanti dalla domanda inespressa di viaggi e dalle abbondanti disponibilità liquide dei consumatori.

Alcuni importanti interrogativi riguardano i cambiamenti delle abitudini di consumo (se siano temporanei, permanenti o una via di mezzo) e il loro possibile impatto sul consumo futuro di carburante. Nelle fasi di restrizione della mobilità i consumatori hanno inoltre privilegiato l’acquisto di beni, mentre ora sembrano tornare verso il consumo orientato ai servizi, il che potrebbe indebolire la domanda di prodotti fisici che ha dato impulso al consumo di metalli e di altri materiali. Questo effetto, tuttavia, potrebbe essere compensato dalla spesa pubblica per le infrastrutture, che potrebbe contribuire a preservare i robusti trend della domanda che hanno spinto i prezzi di alcune commodity sui massimi storici.

Stimare con precisione l’impatto di queste tendenze può essere quasi impossibile, ma sappiamo che si prevede una crescita sostenuta dell’economia statunitense nel resto di quest’anno e probabilmente nel 2022, grazie agli effetti della spesa pubblica e di altre misure di stimolo. Inoltre, anche se alcuni paesi continuano a risentire di nuove ondate di COVID-19, la vaccinazione di massa sembra avere un effetto profondo nelle regioni in cui le inoculazioni sono ampiamente disponibili; questa tendenza dovrebbe ripetersi nel resto del mondo entro la prima metà del prossimo anno, alimentando ulteriormente la traiettoria di crescita legata alle riaperture.

Riteniamo che questi trend della domanda, abbinati al tipo di disciplina di spesa che abbiamo osservato nei grandi produttori di materie prime, manterranno probabilmente un contesto di prezzo favorevole, permettendo alle società del settore delle risorse naturali di generare elevati free cash flow. Inoltre, le incertezze della domanda menzionate in precedenza, in aggiunta alla pressione degli stakeholder, potrebbero contribuire a prolungare il ciclo, poiché la mancanza di risposta delle imprese ai segnali di prezzo continua a limitare l’offerta.

Quest’ultimo punto – la pressione degli stakeholder – sta diventando un tema di crescente importanza, in particolare dopo gli eventi dell’ultima settimana di maggio, quando un azionista attivista è riuscito a promuovere l’elezione di tre amministratori nel consiglio di Exxon e gli azionisti di Chevron hanno approvato una delibera che chiede una relazione sul potenziale impatto delle politiche di azzeramento delle emissioni. Al contempo, Royal Dutch Shell ha perso una causa all’Aia nella quale si chiedeva alla società di adottare una politica più aggressiva di riduzione delle emissioni, nonostante gli sforzi significativi compiuti dall’azienda sul fronte della transizione energetica.

Quanto al nazionalismo delle risorse, i paesi del Sud America e dell’Africa sono intenti ad aumentare le imposte sulla produzione, con l’obiettivo di estrarre maggiori rendite economiche. Crediamo che tutto ciò sia palesemente positivo per le tendenze dell’offerta e i prezzi a lungo termine, poiché gli investitori, gli attivisti e i governi perseguono con maggiore determinazione le loro agende.

Il fattore dell’inflazione post-pandemica

Gli investitori nutrono sempre maggiori timori per un aumento persistente dell’inflazione, data la tempesta perfetta prodotta dalla penuria di materie prime, dagli aumenti diffusi dei prezzi, dalle carenze sui mercati del lavoro e dalle politiche di stimolo presenti e future. Alcuni di questi fattori possono essere temporanei, mentre altri, come i vincoli di offerta nei mercati delle commodity, saranno probabilmente più duraturi e non hanno ancora trovato pieno riflesso nei prezzi dei prodotti finiti. Questo fattore, insieme agli incentivi richiesti dai lavoratori per tornare in attività, sembra costituire un ingrediente potente per l’inflazione, che negli Stati Uniti è rimasta relativamente sottotono negli ultimi trent’anni.

Il settori legati alle materie prime, come la produzione di petrolio e gas e l’estrazione mineraria, spesso evidenziano buone performance in contesti inflazionistici, principalmente perché l’elasticità della domanda e dell’offerta al prezzo sono relativamente basse, soprattutto nel breve periodo, a causa della mancanza di sostituti idonei e del tempo necessario per lo sviluppo delle risorse. Potrebbe sembrare assurdo fare affermazioni categoriche su un’inflazione persistente dopo 30 anni di incrementi modesti dei prezzi, e potremmo essere di nuovo in presenza di un falso allarme, ma se c’è mai stato un tempo in cui ha avuto senso dotarsi di una copertura dall’inflazione, quel tempo sembrerebbe essere oggi.

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