Asset allocation: ecco come muoversi sui bond dopo la Fed

Nelle ultime settimane, i mercati hanno continuato a digerire la sorprendente reazione “hawkish” della Fed in occasione della riunione di giugno. Complice una forte performance dell’economia americana e una maggiore percezione dei rischi che concernono l’inflazione nel breve periodo, la maggioranza del board della FED vede ora due rialzi dei tassi nel 2023 (da zero nel meeting di marzo) e sette membri (da quattro in precedenza) prospettano almeno un rialzo già nel 2022. La FED ha inoltre segnalato la possibilità di rivedere a breve la sua politica sugli acquisti di obbligazioni. Il tapering sarà discusso nei prossimi meeting e, con ogni probabilità, avrà inizio nella prima parte del 2022. Ecco di seguito in relazione a questo scenario, la view e l’outlook sui bond di Piero Cingari, Fixed Income Strategist di AcomeA SGR

La riunione di giugno della Fed ha ovviamente sollevato molte domande sulla funzione di reazione della Banca Centrale. Il nuovo regime di “Average Inflation Targeting”, adottato l’anno scorso dalla Fed, avrebbe dovuto consentire di tollerare un’inflazione al di sopra del target per un certo periodo di tempo, ma lascia alla Fed un notevole margine di manovra sull’effettivo intervallo temporale dell’overshoot.

La reazione del mercato alle prospettive più “hawkish” della Fed è stata in un primo momento negativa, come vi era da aspettarsi. In particolare, sono saliti i tassi nominali sulla curva americana e sono scese le aspettative di inflazione del mercato (breakevens), determinando una ripresa dei tassi reali da livelli estremamente bassi. Questo movimento è tipicamente associato a un rafforzamento del dollaro e non è particolarmente favorevole agli asset di rischio. Nei giorni successivi, una serie di commenti più dovish da parte dei membri della Fed hanno riportato la calma sui mercati, abbassando i rendimenti della parte lunga della curva americana e generando maggior appetito al rischio da parte degli investitori.

I dati economici di giugno sono usciti in linea con le aspettative. I PMI compositi hanno accelerato in Europa e si sono moderati negli Stati Uniti, anche se continua una robusta espansione economica. Negli Stati Uniti, l’inflazione PCE core (l’obiettivo ufficiale della Fed) di maggio è cresciuta al 3,4% su base annua. Sul fronte politico, l’amministrazione Biden ha raggiunto un accordo con un gruppo bipartisan di senatori per un pacchetto infrastrutturale di circa 1,2 trilioni di dollari, di cui circa 580 miliardi di dollari di nuove spese. Il piano infrastrutturale è meno ambizioso delle precedenti versioni, ma è probabilmente solo il primo passo verso un pacchetto più ampio di altre misure fiscali entro la fine dell’anno.

In Europa, la BCE ha riaffermato la sua posizione ampiamente accomodante, allontanando i rischi di una riduzione in anticipo degli stimoli monetari. Christine Lagarde ha infatti rimarcato la presenza di “una differente situazione” tra Europa e Stati Uniti quando si tratta di prospettive di inflazione. Sui mercati emergenti, diverse Banche Centrali, Brasile e Russia in particolare e, di recente, anche Messico e Ungheria, hanno iniziato a normalizzare la politica monetaria rialzando i tassi di interesse, in parte come risposta alle maggiori pressioni inflazionistiche e in parte come reazione proattiva al cambio di passo della Fed.

In prospettiva, l’atteggiamento marginalmente più aggressivo della Fed potrebbe limitare i rialzi dei breakevens e determinare invece un rialzo dei tassi reali, seppur da livelli estremamente bassi. Le attività di rischio potrebbero essere sotto pressione, in un contesto di rapido repricing dei rendimenti reali, come avvenuto tra febbraio e marzo di quest’anno. In attesa di Jackson Hole, per il momento, con la ripresa economica globale in costante progresso e con la normalizzazione dei tassi di interesse sui mercati emergenti, questa fase nel breve potrebbe continuare a offrire un ambiente a supporto di strategie di carry sul mondo obbligazionario ad alto rendimento.

Il posizionamento dei fondi obbligazionari

A livello di posizionamento sui fondi obbligazionari rimaniamo investiti prevalentemente sui mercati emergenti, per la presenza di valutazioni molto più interessanti rispetto al mercato obbligazionario dei Paesi sviluppati. Per quanto riguarda le obbligazioni emergenti espresse in valuta forte, i nostri sovrappesi si concentrano su emissioni quasi-sovrane di Messico e Sud Africa, che possono continuare a godere condizioni di supporto dai rispettivi governi. Di recente ci siamo spostati inoltre su settori che offrono un profilo rischio-rendimento più attraente. Abbiamo incrementato l’esposizione verso il real estate cinese implementando un posizionamento diversificato in più società che attraversano una fase di deleveraging forzato da parte del governo cinese. All’interno del settore, cerchiamo valore soprattutto in emissioni ad alto carry e bassa duration.

Sempre sui bond in dollari, manteniamo un’esposizione molto marginale su storie idiosincratiche nei cosiddetti frontier markets, un’area che offre rendimenti attraenti e che beneficerà in estate di un importante incremento delle riserve estere grazie all’allocazione di SDRs (Diritti Speciali di Prelievo) del Fondo Monetario Internazionale.

Un’altra area del mercato obbligazionario emergente su cui siamo sovrappesati è quella delle obbligazioni in valuta locale di Paesi emergenti come Russia e Brasile, che hanno assunto nell’ultimo periodo un atteggiamento più aggressivo in termini di normalizzazione della politica monetaria. Questo continua a rappresentare un catalyst di supporto per l’andamento delle rispettive valute. Nel caso della Russia, inoltre, abbiamo recentemente investito una parte importante della liquidità dei fondi breve termine e 12 mesi prendendo esposizione su scadenze molto brevi (due anni) della curva locale, per la presenza di rendimenti positivi nonostante i costi di copertura della divisa.

Anche il Perù è una storia su cui rimaniamo investiti nei fondi Prudente e Performance, prendendo esposizione alla parte lunga della curva locale a cambio non coperto. Qui la scommessa è prevalentemente sul sol peruviano, che rimane una delle valute emergenti più sottovalutate rispetto ai suoi fondamentali.

Manteniamo infine un’esposizione alla parte lunga della curva sudafricana, che ha performato molto bene negli ultimi mesi, e che continua a offrire rendimenti reali molto interessanti e superiori rispetto alla media dei mercati emergenti.

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