Toschi (JPAM): “Azionario ancora favorito da qui a fine anno”

Il rischio di inflazione e di minore stimolo monetario resta la preoccupazione centrale per i mercati che potrebbe generare volatilità nel resto dell’anno. Ma l’inflazione, che sta ancora salendo, potrebbe rivelarsi temporanea. Il contesto, intanto, è favorevole, la ripresa sostenuta anche se in modo scarsamente omogeneo. Continuerà la rotazione settoriale mentre l’azionario continua a essere visto con ottimismo e, soprattutto, rimane l’unica asset class da cui ottenere del rendimento.

Scarso entusiasmo, invece, sul fronte obbligazionario. In altre parole bisogna guardare oltre i bond per trovare protezione dei portafogli. Infine, le strategie Esg sono sempre più in focus; la conferenza sul clima dell’Onu COP26 di novembre sarà cruciale per capire le implicazioni economiche e di mercato delle politiche per centrare gli obiettivi di zero emissioni. Sono questi i punti chiave contenuti nell’ultimo Market Insights di JP Morgan AM che ne tratteggia l’outlook del secondo semestre definito come «una crescita ancora forte in un percorso tortuoso». Dichiara Maria Paola Toschi (nella foto), global market strategist di JP Morgan AM: «la seconda metà dell’anno sembra improntata a una maggiore irregolarità, ma continuiamo ad aspettarci che i mercati azionari proseguano il loro percorso rialzista». E ancora: «i timori di inflazione contribuiranno probabilmente al nervosismo ma saranno necessarie molte cattive notizie per indurre le banche centrali a ritirare rapidamente la politica monetaria espansiva».

Sul fronte dei portafogli, afferma: «da inizio anno i titoli value hanno nettamente sovraperformato i growth e la rotazione ha ancora margini per proseguire. Il ruolo del reddito fisso in un portafoglio è messo a dura prova. A nostro avviso gli investitori non dovrebbero eliminare le obbligazioni, ma diversificarle a livello globale e cercare soluzioni in mercati alternativi». Intanto l’Asia ha deluso, rispetto alle aspettative. «La tesi strutturale a favore dell’Asia rimane intatta, nonostante l’attuale ridotto entusiasmo per la regione dovuto alle preoccupazioni per l’inasprimento della politica monetaria, la campagna vaccinale e la regolamentazione in Cina. Ma sul decennio è bene mantenere l’attenzione sull’Asia ed essere pronti a coglierne le opportunità.

Utili societari e valutazioni. La domanda chiave per gli investitori azionari è in che modo l’inflazione e i rendimenti obbligazionari moderatamente più elevati incideranno sugli utili societari e sulle valutazioni. Dati i notevoli risparmi accumulati dai consumatori e le elevate intenzioni di spesa in conto capitale, la crescita delle vendite sarà solida. Quando le vendite sono robuste i profitti tendono ad aumentare, anche se i costi di produzione aumentano. Rendimenti obbligazionari più elevati potrebbero aumentare i costi di finanziamento, ma anche questo può essere compensato da un aumento delle vendite, mentre l’incremento dei salari tende a stimolare vendite e costi. Al contempo, eventuali ulteriori imposte applicate al settore societario saranno probabilmente compensate almeno in parte dall’incremento della domanda derivante dall’aumento della spesa pubblica. «Pertanto, nel contesto economico attuale, sembra improbabile che l’incremento dei costi possa compensare del tutto il beneficio atteso dalla forte crescita delle vendite. L’aumento dell’inflazione potrebbe dunque coincidere con profitti più elevati, come accade normalmente.

La preoccupazione maggiore per gli investitori è se i rendimenti obbligazionari più elevati penalizzeranno le valutazioni azionarie, dal momento che aumenterà il tasso di sconto sugli utili futuri delle società. Tuttavia, se i rendimenti obbligazionari saliranno a causa dell’aumento delle aspettative di crescita, le valutazioni non scenderanno necessariamente», dichiara la Toschi. Continua: «È infatti normale che aumentino (e diminuiscano) contestualmente ai rendimenti obbligazionari. Anche se l’aumento dei rendimenti obbligazionari determina un calo delle valutazioni, fino a quando gli utili aumenteranno in misura superiore rispetto al calo delle valutazioni, i titoli azionari potranno ancora salire. Il nostro scenario di base è che l’aumento dei profitti societari, trainato dalla forte domanda, compenserà eventuali cali delle valutazioni per la maggior parte dei titoli». Poiché «riteniamo probabile che le previsioni degli utili prospettici a 12 mesi continueranno ad aumentare per la maggior parte dei titoli, il rischio maggiore per il nostro costante ottimismo riguardo alle azioni è che le valutazioni dei titoli growth più costosi scendano in misura sufficiente a controbilanciare il rialzo degli utili.

Tuttavia, il nostro scenario di base è che un’eventuale ulteriore compressione delle valutazioni dei titoli growth limiterà solo la portata del loro rialzo, anziché compensare totalmente il previsto aumento degli utili. Sebbene non prevediamo un’ulteriore espansione del rapporto prezzo/utili (P/E) sui titoli value, la compressione delle valutazioni sembra meno probabile rispetto ai titoli growth, considerate le valutazioni iniziali molto più basse», precisa Toschi, che conclude: «va infine rilevato che i titoli finanziari costituiscono di gran lunga la maggior parte degli indici value a livello globale. Nell’ultimo decennio, la loro performance relativa è stata fortemente correlata ai rendimenti obbligazionari a 10 anni. Prevediamo che i titoli finanziari, e quindi probabilmente gli indici value più ampi, sovraperformeranno, se abbiamo ragione nel ritenere che i rendimenti obbligazionari saliranno ulteriormente d’ora in avanti. Nel complesso, riteniamo che i titoli azionari si muoveranno al rialzo, ma a un ritmo più lento e con la possibilità che si verifichino i consueti incidenti di percorso. Abbiamo inoltre una moderata preferenza per i titoli value rispetto ai growth sulla base delle valutazioni relative e della nostra previsione di persistente rialzo dei rendimenti obbligazionari. A livello di indici, questo significa che gli Stati Uniti potrebbero sottoperformare altre regioni a causa della loro elevata ponderazione rispetto ai titoli growth più costosi. I titoli value statunitensi potrebbero comunque continuare a registrare buone performance, mentre i mercati più orientati allo stile value, come Europa e Regno Unito, potrebbero sovraperformare. Per gli investitori che vogliono evitare di inserire tutte le proprie uova nel paniere value, riteniamo che i mercati emergenti offrano opportunità di crescita a lungo termine a un prezzo più ragionevole rispetto ad altri mercati».

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