Investimenti: scatta l’allarme per l’oro

Il prezzo dell’oro è calato in modo netto dopo la riunione della FED del 16 giugno. Il prezzo del metallo giallo è sceso da circa 1.880 dollari l’oncia ai minimi di circa 1.780. “Il calo è dovuto al cambiamento di posizione della Fed che sta prendendo in considerazione l’ipotesi di rialzare due volte i tassi d’interesse nel 2023. In precedenza, aveva dichiarato che avrebbe tenuto i tassi fermi fino al 2024”. A farlo notare è Peter Kinsella, Global Head of Forex Strategy di Ubp, che di seguito illustra nel dettaglio il proprio outlook sulle quotazioni del lingotto.

La nuova posizione della Fed ha colto di sorpresa i mercati, soprattutto quelli legati ai metalli preziosi. Prima del meeting di giugno, il mercato credeva che il nuovo quadro di riferimento della FED per l’inflazione media implicasse che avrebbe permesso periodi più lunghi di inflazione superiore al target per il futuro. Questo era chiaramente uno scenario positivo per l’oro, che ha sempre agito come copertura contro l’inflazione. Tuttavia, la nuova posizione della Fed sui tassi indica implicitamente che la tolleranza per un’inflazione superiore al target non è così alta come molti avevano pensato in precedenza.

La reazione del mercato è stata rapida e netta

Gli investitori hanno immediatamente chiuso le posizioni lunghe in oro – circa il 35% delle posizioni in oro gestite dal COMEX sono state chiuse nella settimana successiva alla riunione della Fed. Anche il mercato delle opzioni si è mosso in modo significativo – ora registra una forte offerta verso il put dell’oro, il che significa che agli investitori costa di più coprire i movimenti al ribasso che quelli al rialzo. Anche gli ETF hanno subito dei deflussi, e anche le posizioni nette non commerciali dei futures della CFTC (Commodity Futures Trading Commission) sono diminuite. I dati CFTC mostrano che gli investitori mantengono ancora una considerevole posizione netta lunga sull’oro.

L’outlook per l’oro non è positivo

Anche se l’indice dei prezzi al consumo negli USA di giugno si è attestato al 5,4% a/a, ciò è dovuto a fattori transitori (prezzi dell’energia, auto usate, ecc.). L’indice dei prezzi al consumo inizierà a scendere nel quarto trimestre. Inoltre, la prospettiva di risultati significativi per gli utili nel secondo trimestre porterà a spostamenti di portafoglio dai beni rifugio come l’oro verso asset rischiosi.

Anche la campagna vaccinale è migliorata notevolmente. La maggior parte dei mercati sviluppati avrà raggiunto l’immunità di gregge entro l’inizio del quarto trimestre, il che permetterà di continuare a riaprire le economie. L’enorme aumento della produzione di vaccini è di buon auspicio anche per le economie emergenti. Ci aspettiamo che il numero di vaccinati nei mercati emergenti migliori drasticamente nella seconda metà dell’anno, e questo porterà a una riduzione delle restrizioni. Le riaperture globali sosterranno una posizione costruttivo verso gli asset rischiosi, e questo peserà sull’oro.

Infine, la Fed darà un’indicazione su come e quando intende ridurre il proprio programma di QE. Quando la Fed lo fece nel 2013, l’oro scese da circa 1.600 dollari a 1.300 l’oncia nel giro di un mese. Riteniamo che il ritmo e la forza della ripresa economica USA giustifichino un ritmo potenzialmente più rapido del tapering e, se questo dovesse effettivamente accadere, potrebbe provocare un calo significativo del prezzo dell’oro, a livelli probabilmente di circa 1.600 dollari l’oncia.

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