Investimenti: azionario forte in Europa ma bond governativi sotto pressione

Ecco di seguito le prospettive per i prossimi mesi dei mercati finanziari e sull’economia globale elaborata da Shamik Dhar, Chief Economist di BNY Mellon IM.

Azioni: un’opzione attraente

Complessivamente, riteniamo che le azioni restino un’opzione attraente nell’ambito degli asset rischiosi. Ci aspettiamo che i mesi restanti del 2021 siano caratterizzati da una selezione dei settori e delle azioni compatibile con una transizione dei mercati verso una fase di metà ciclo, con un’economia forte e un focus più attento sulle valutazioni.

La Fed ha escluso la possibilità di un rischio di coda dell’inflazione, pertanto riteniamo che gli investitori amplieranno le proprie preferenze azionarie per includere i settori ciclici, la sanità, e i comparti interessati da crescita strutturale. Ci aspettiamo che le azioni europee abbiano il potenziale per un forte secondo semestre, grazie a diversi fattori favorevoli come le valutazioni migliori rispetto a quelle statunitensi e un’economia che beneficia di un forte andamento dei commerci e dei consumi.

La pandemia ha cambiato il rapporto rischio-rendimenti per gli emergenti, e vi è una significativa dispersione tra regioni e Paesi. Da un punto di vista macroeconomico, distinguiamo tra Paesi emergenti “vincitori” e “perdenti” sulla base di tre fattori:

  • La velocità della distribuzione dei vaccini comparata alle nuove infezioni.
  • I margini per politiche monetarie e fiscali.
  • I fattori di rischio idiosincratici e specifici per ogni singolo Paese.

Per i Paesi che escono dai lockdown, i settori ciclici performeranno bene. L’Asia settentrionale continuerà probabilmente ad attrarre flussi di investimento, perché il set di opportunità è ampio sia per i titoli growth sia per quelli value. Ci aspettiamo che Paesi come il Messico, il Cile e il Brasile beneficino dei prezzi elevati delle materie prime e di una costante domanda per asset reali.

Reddito fisso: pressioni sui governativi sviluppati

Anche se i rendimenti obbligazionari si sono consolidati nel secondo trimestre del 2021, soprattutto negli USA, l’aumento delle aspettative globali per l’inflazione metterà sotto pressione i titoli sovrani dei Paesi sviluppati sino alla fine del 2021 e nel 2022. Ciò detto, i titoli a più alto rendimento, ad esempio quelli del mercato statunitense, offrono un reddito più alto e il beneficio di una protezione contro alcuni scenari di ribasso.

Sul fronte del credito investment grade statunitense abbiamo un outlook prudente nel breve termine, ma restiamo positivi su una prospettiva più lunga. Non vediamo molti cambiamenti immediati neanche per il credito high yield, perché il rischio di default è crollato. L’anno prossimo potrebbe però dimostrarsi più complicato in caso di inflazione e aumento dei tassi, perché l’aumento dei costi dei prestiti potrebbe porre dei rischi per gli emittenti in questo segmento.

Infine, date le aspettative per una volatilità più alta dei tassi negli USA, suggeriamo un approccio diversificato all’allocazione nel debito emergente in valute locali, high yield e governativo in dollari.

Investimenti alternativi: opportunità di investimento decorrelate

Con l’aumento delle aspettative sull’inflazione e del rischio tassi, gli investimenti alternativi possono offrire i benefici di un’esposizione decorrelata rispetto alle tradizionali asset class. I metalli preziosi, e in particolare l’oro, restano attraenti come copertura contro l’inflazione e contro i ribassi di breve periodo in caso di shock di mercato.

Valute: verso un dollaro più forte

Rispetto al secondo trimestre, vediamo in aumento le probabilità di un rafforzamento del dollaro USA per via del rischio inflazione e perché le comunicazioni della Fed nel meeting di giugno hanno in una certa misura indebolito la convinzione “orso” del mercato sul biglietto verde.

Outlook macroeconomico: quattro scenari collegati all’inflazione

Il nostro scenario di base resta quello di una “buona ripresa”, a cui attribuiamo una probabilità del 45%. Prevediamo una forte risposta dell’offerta al rapido aumento della domanda, con una decisa ripresa economica nei Paesi dove la distribuzione dei vaccini è più avanzata. Il picco di inflazione negli USA quest’anno si dimostra transitorio, con un aumento temporaneo ma più contenuto anche nell’area euro e nel Regno Unito.

Abbiamo anche due scenari di inflazione che si distinguono in base alla potenziale risposta delle Banche Centrali.

Il primo, con una probabilità del 15%, è di “surriscaldamento” dell’economia. Il gap tra domanda in crescita e offerta ancora titubante si traduce in un aumento permanente e consistente dei prezzi di mercato, dovuto alla “pazienza strategica” delle Banche Centrali che non procedono a una stretta monetaria sin quando i tassi d’inflazione non sono ben oltre i livelli obiettivo.

Il secondo scenario inflattivo è di “stretta monetaria” e gli attribuiamo una probabilità del 30%. Prevede un aumento dell’inflazione ma questa volta con una risposta decisa delle Banche Centrali. La stretta monetaria anticipata, ma in ultima analisi più contenuta, scuote i mercati nel 2022 ma permette un rallentamento economico più contenuto e più breve rispetto allo scenario di “surriscaldamento”.

Infine, il nostro scenario di “ripresa negativa” (10% di probabilità) prevede che le nuove varianti del virus interrompano la riapertura delle economie, con un’efficacia dei vaccini inferiore alle speranze. Il risultato è la reintroduzione delle restrizioni sociali in diversi Paesi e ulteriori turbolenze economiche, con una grande divergenza tra mercati in cui il virus si diffonde più rapidamente”.

Di qui in avanti i mercati continueranno a monitorare attentamente le comunicazioni della Fed. Senza però perdere d’occhio gli ulteriori progressi del mercato del lavoro, un aumento dei consumi che rispecchi i risparmi accumulati durante la pandemia e, in modo collegato, se l’inflazione sarà davvero transitoria come suggerisce la Fed. Con una fase di stagnazione del mercato del lavoro e un’inflazione transitoria, è possibile anche che il ritmo della stretta monetaria sia graduale. Senza queste condizioni, il mandato della Fed indica una rimozione più rapida delle misure di sostegno.

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