Asset allocation tra semiconduttori e fragilità economica

“Ogni sistema che si rispetti prevede all’interno del suo design un livello di ridondanza tale da permettergli di operare anche durante una fase di stress. Senza scomodare la complessità delle numerose valvole di salvaguardia presenti negli aeroplani, basti pensare al semplice salvavita del sistema elettrico nelle nostre abitazioni. Più critico è il sistema per la società e più robusto deve essere il suo design per garantirne il funzionamento in ogni stato del mondo. Nell’era digitale, dove nulla si muove senza un microchip – né i soldi sul nostro conto corrente, né tantomeno le merci all’interno di una economia – sarebbe ovvio aspettarsi un design robusto, praticamente infallibile. Chi di noi vorrebbe trovarsi alla guida della propria vettura senza la possibilità di guidare, senza la possibilità di chiamare i soccorsi oppure di pagare il conto dell’officina? Eppure, siamo riusciti nel miracolo: abbiamo creato una infrastruttura digitale poderosa, sulla quale poggiano tutte le attività e i servizi di cui necessitiamo nella nostra vita pubblica e privata, ma ci siamo dimenticati del “salvavita”.

Secondo uno studio di Deloitte, il mercato dei semiconduttori dovrebbe raggiungere un valore di 550 miliardi di dollari nel 2022. Le telecomunicazioni e il data processing generano insieme il 65% del valore di questo mercato. Non dimentichiamo però altre voci molto importanti come le componenti elettroniche utilizzate nei beni di largo consumo (9%), nell’industria automobilistica (12%) e nella produzione industriale in generale (13%). Peraltro, l’industria delle auto è il settore con la crescita attesa più veloce: Il costo dei sistemi elettronici è previsto al 50% del costo complessivo del veicolo entro il 2030! Gli esempi in altri settori dell’economia non mancano. È evidente quindi il largo utilizzo che si fa dei semiconduttori nelle catene di valore del mondo globalizzato e digitalizzato. Questo è il primo punto critico. Il secondo punto critico, è la concentrazione regionale della produzione di semiconduttori, che vede l’Asia dominare il resto del mondo con un output del 70%. Il resto se lo spartiscono Europa, Giappone e Stati Uniti. Questi due punti critici sono di importanza strategica, come evidenziato dal Piano Quinquennale del governo di Pechino, nonché dall’intensificarsi degli attriti tra Cina e Stati Uniti sulla spinosa questione dell’isola di Taiwan.

Come sappiamo c’è una sottile distinzione tra condizioni necessarie e sufficienti. I due punti critici discussi sopra sono condizioni necessarie perché si possa verificare una crisi, ma non sono sufficienti. La fragilità di un sistema economico si innesca con uno shock, che tipicamente può influenzare la domanda e/o l’offerta di beni e servizi. Ebbene la fortissima ripresa economica a seguito della breve ma intensa recessione di marzo/aprile 2020 ha prodotto uno shock positivo da domanda, a cui non segue, anzi non può seguire l’offerta di semiconduttori. Un motivo è dovuto alla magnitudo della domanda per semiconduttori, che peraltro era già molto forte prima e durante la crisi del Covid (“effetto lockdown” su consumer electronics). Un altro motivo è dovuto al processo di produzione dei semiconduttori, che utilizza materie prime che sono già in forte domanda e tempi di produzione relativamente lunghi. Ecco allora che il report trimestrale sulle materie prime di Siemens/Supplyframe prevede il perdurare di questo “collo di bottiglia” fino al primo trimestre del 2023, una view che era già stata espressa dagli amministratori dei colossi dell’informatica di Silicon Valley. Inoltre, l’accumularsi di ritardi nella produzione dei semiconduttori (si parla di tempi di consegna fino a 60 settimane…) si sta già ripercuotendo sul 70% dell’intera value chain digitale. In ultima analisi, si parla di aumento dei prezzi per le componenti elettroniche del 40% su base annua.

A cura di Alessandro Tentori, CIO di AXA IM Italia 

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