Asset allocation: l’economy cinese nel portafoglio

Le società private generano il 60% del Pil cinese e il Governo sa che gli interventi diretti potrebbero ridurre la crescita in una fase di fragilità. Riteniamo che il sell-off in corso possa offrire delle opportunità e intendiamo lentamente ricominciare ad aumentare il peso della Cina nel portafoglio, attualmente al 12% e quindi al di sotto del livello del benchmark, tramite investimenti in titoli della nuova economia”. Questa l’analisi di Marcel Zimmermann, gestore del fondo Lemanik Asian Opportunity di Lemanik, che di seguito spiega nel dettaglio la strategia.

L’Asia continua a essere la regione più importante a livello di crescita anche se il trend appare in rallentamento. Sia l’indice Cinese Caixin Purchasing Manager Manufacturing (PMI) che il PMI dei servizi sono scesi sotto la soglia di 50 – e dunque in territorio di contrazione – nel mese di agosto. I casi di Covid in Giappone sono aumentati drammaticamente durante le Olimpiadi di Tokyo ma grazie alla vaccinazione il tasso di mortalità rimane molto più basso rispetto a gennaio. Vediamo principalmente due rischi per i mercati azionari: la fine della politica monetaria espansiva e un ulteriore deterioramento della relazione tra Usa-Eu verso la Cina. Un aumento dei tassi d’interesse sarà comunque graduale e compensato da un’accelerazione economica. Al contrario, un aumento delle tensioni geopolitiche potrebbe indebolire il sentiment positivo verso la regione.

Il giro di vite del governo cinese sulle grandi società dei settori della tecnologia, del gamingdell’e-commerce e della didattica ha cancellato un trilione di dollari di capitalizzazione e ha lasciato gli investitori nell’incertezza circa la direzione futura. Questa è un’opportunità per accumulare aziende cinesi con un interessante potenziale a lungo termine. La protezione dei dati personali e l’atteggiamento monopolistico dei giganti della new economy sono discussi anche in Europa e negli Stati Uniti.

“Il fondo nell’ultimo periodo ha beneficiato della bassa esposizione sulla Cina e di una posizione del 45% sul Giappone”, sottolinea Zimmermann. “Abbiamo ridotto di qualche percentuale la nostra ponderazione in Giappone a favore della Cina mentre restiamo sovrappesati sull’area Asean, che trae profitto dell’accordo RCEP, firmato nel novembre 2020. La diversificazione delle supply chain fuori della Cina, spinta dagli Usa e anche dal Giappone, è un altro fattore positivo per questi paesi. A livello settoriale restiamo sovrappesati sugli industriali e i metalli industriali che continueranno a beneficiare degli investimenti sostenibili (auto elettriche, turbine eoliche, ecc) e degli importanti programmi infrastrutturali lanciati dai diversi paesi per sostenere la crescita”.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!