Investimenti: è ancora “risk on”. Ecco perchè

Le politiche monetarie continuano ad avere un ruolo centrale. Se da una parte lo scenario macroeconomico globale sta diventando sempre più eterogeneo tra le varie aree economiche, anche le risposte delle banche centrali cominciano a differenziarsi. “In uno scenario in cui la crescita economica globale continua ad espandersi in modo sostenuto, viene mantenuta una visione strategicamente costruttiva sulle attività rischiose e la convinzione che fasi di correzione rappresentino opportunità di acquisto“. Questa la strategia degli esperti di Anima, che di seguito illustrano nel dettaglio la loro view.

Lo scenario macroeconomico globale sta diventando sempre più eterogeneo fra le diverse aree economiche e anche gli approcci delle principali Banche Centrali cominciano così a differenziarsi, dopo un lungo periodo di politiche monetarie sincronizzate ultra-espansive, finalizzate in primis a supportare la ripresa economica. Tuttavia, le parole d’ordine saranno gradualità e flessibilità.

Il quadro macro non è cambiato, in aggregato; continuiamo ad aspettarci che l’attività economica globale si espanda ad un ritmo sostenuto, superiore al 6%, con una rotazione in termini di leadership fra aree geografiche: da Cina e Stati Uniti, che stanno rallentando (ma non crollando), all’Europa. La diffusione della variante Delta rappresenta la minaccia più seria per lo scenario, ma dovrebbe rivelarsi un rischio gestibile. A preoccupare è stato il rapido aumento di contagi e ospedalizzazioni negli Stati Uniti, e più recentemente in Israele. Tuttavia, in tutti i paesi sviluppati sistemici il picco di nuovi casi sembra alle spalle, e l’esperienza del Regno Unito fa ben sperare. Uno dei paesi in cui l’emergenza sanitaria ha assunto proporzioni più preoccupanti è la Cina e la situazione deve essere monitorata con attenzione, ma gli sviluppi più recenti sono stati costruttivi. Più in dettaglio, secondo lo scenario base di ANIMA, nel 2021 il PIL dovrebbe espandersi ad un ritmo del 6,3% negli Stati Uniti, 8,2% in Cina e 5,2% in Area Euro. Le stime relative a Stati Uniti e Cina sono state riviste al ribasso: nel primo caso ha pesato la sorpresa negativa del dato relativo al secondo trimestre, condizionato dalle strozzature dal lato dell’offerta e dal calo delle scorte; nel secondo, l’aggravamento dell’emergenza sanitaria. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, in particolare, il flusso di dati pubblicato in queste settimane ha provocato una certa volatilità e alimentato il timore che l’indebolimento degli stimoli governativi possa deprimere i consumi.

In Cina, il flusso di dati continua a fotografare un rallentamento diffuso e generalizzato, guidato dalle autorità nella componente investimenti, e largamente riconducibile alle restrizioni imposte per bloccare i nuovi focolai di infezione a livello dei consumi. La perdita di momentum nel terzo trimestre sarà sensibile, ma ci aspettiamo un’accelerazione sul fine anno, una volta che l’emergenza sanitaria sarà rientrata e con la prospettiva di un significativo potenziamento del supporto della politica fiscale.

Non è cambiata, invece, la previsione per l’Area Euro, che, come largamente atteso, sta raccogliendo il testimone della crescita dalle altre aree sistemiche; nel Vecchio Continente prosegue anche la rotazione fra i motori di crescita, dal manifatturiero ai servizi, con indicazioni costruttive in arrivo da tutti i paesi più importanti. Un aspetto interessante e degno di nota è il calo del tasso di disoccupazione, avvenuto nonostante un ricorso meno massiccio agli schemi governativi di supporto all’occupazione.

Per quanto riguarda la dinamica dei prezzi, la convinzione che le pressioni inflazionistiche emerse in questi mesi siano transitorie è sempre più diffusa. Pur condividendo l’idea che l’equilibrio generale dei prezzi globali non abbia subito una variazione permanente verso l’alto, restiamo convinti che le tensioni si allenteranno solo in modo graduale, per i fenomeni di isteresi connessi alla crisi COVID.

I riflettori degli investitori, oltre che su crescita ed inflazione, sono puntati anche sulle prossime mosse delle principali Banche Centrali, che potrebbero impattare in modo significativo sulla direzionalità dei mercati. In particolare, la BCE, in occasione dell’ultima riunione del 9 settembre, ha deciso di ridurre moderatamente il ritmo degli interventi effettuati nell’ambito del Programma di Acquisti Pandemico, pur mantenendo pressocché invariato il grado di stimolo

monetario. Questo perché l’obiettivo di inflazione simmetrico del 2% a medio termine è ancora ben lontano dall’essere raggiunto, ma nel contempo si è preso atto del miglioramento dello scenario macro, ben riflesso dalla revisione al rialzo delle stime su crescita e inflazione rispetto a giugno. Il processo sarà comunque gestito con grande gradualità, visto che l’impennata dei prezzi che stiamo osservando viene considerata dalla BCE soltanto un fenomeno temporaneo, e le pressioni dovrebbero ridimensionarsi nei prossimi trimestri.

Dall’altra parte dell’Atlantico, la Federal Reserve è impegnata in ben altre valutazioni: già dai verbali del meeting di luglio, i membri del Comitato hanno dato chiara indicazione di essere pronti ad annunciare il tapering, ossia una riduzione del ritmo degli acquisti di titoli di stato americani e MBS, in considerazione dei progressi considerevoli registrati in questi mesi verso gli obiettivi di piena occupazione e stabilità dei prezzi.

In questo contesto, la view sulle attività rischiose resta strategicamente costruttiva, con la convinzione che fasi di correzione rappresentino opportunità di acquisto.

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