Mercati: torneranno la volatilità e instabilità ma anche le opportunità

Nikolaj Schmidt, International Chief Economist di T. Rowe Price

Guardando all’andamento dei mercati azionari nelle ultime 4/6 settimane, si potrebbe dedurre che la spinta dei prezzi degli asset rischiosi prosegua con la stessa intensità che abbiamo visto negli ultimi 12 mesi. Facendo qualche passo indietro e allargando lo sguardo oltre il mercato azionario, il quadro cambia però completamente.

Il dollaro americano si è rafforzato, e i principali mercati obbligazionari, tipicamente considerati un porto sicuro, hanno seguito lo stesso percorso. La crescita del dollaro e dei mercati del reddito fisso solitamente genera incertezza tra gli investitori, e indica che il mercato azionario potrebbe essere a rischio. Tuttavia, non è questa la situazione al momento: è dunque il caso che gli investitori adottino un approccio più difensivo? Ecco di seguito la view di Nikolaj Schmidt, International Chief Economist di T. Rowe Price.

Siamo ancora solo agli inizi della fase di recupero dell’economia, che sta supportando i mercati azionari. Al contempo, stiamo vedendo nei mercati più volatilità, ossia fluttuazioni più numerose e più ampie. Tuttavia, per comprendere lo scenario futuro, è importante riconsiderare gli eventi chiave che hanno definito i recenti sviluppi dei mercati.

Nei principali mercati obbligazionari, i rendimenti dei bond governativi a 10 anni sia americani che tedeschi sono scesi rispettivamente di 45 e 35 punti base. Questo evento ha creato notevole confusione, essendo contestuale sia ad una inflazione in crescita, sia ad una solida attività economica, ossia fattori che solitamente portano ad un aumento dei tassi di interesse.

La Cina, il Covid e la Fed

La crescita è ancora solida nella maggior parte delle economie sviluppate, ma stiamo vedendo nuovi picchi di contagi di dimensioni tali che fanno sorgere dubbi sulla possibilità che i tassi di crescita resteranno invariati. Questo timore è meno pronunciato in relazione a quei Paesi dove il tasso di vaccinazione è alto poiché, come evidenzia il caso del Regno Unito, i contagi possono essere gestiti con impatti minimi sull’attività economica.

La sfida è più impegnativa nei Paesi in via di sviluppo, come ad esempio la Cina, che è al centro dell’attenzione degli investitori. La Cina attualmente sta cercando di affrontare l’aumento dei contagi, una situazione resa complicata dal basso tasso di cittadini vaccinati e dalla bassa efficacia del vaccino utilizzato. Allo stesso tempo, i leader del Paese stanno adottando una politica di tolleranza-zero nei confronti del Covid.

È questo ciò che genera giustificate preoccupazioni per la crescita di un Paese che, secondo i dati del FMI, costituisce il 20% del Pil globale, e una quota molto più alta della domanda globale di materie prime. Un forte rallentamento della crescita cinese avrebbe senza dubbio strascichi in tutto il mondo. Ovviamente le autorità cinesi possono allentare le politiche macroeconomiche per assorbire lo shock; ma da un punto di vista politico, l’attenzione primaria è sulla riduzione dei rischi e del debito dell’economia, e non sul generare crescita ad ogni costo. Inoltre, ci sono continui e rilevanti problemi nelle linee di approvvigionamento che collegano il mondo del commercio, e che stanno ora lottando contro le conseguenze della pandemia.

In questo scenario, la Fed ha cominciato a paventare la riduzione del piano di acquisti. Un evento che forse di per sé non avrebbe provocato una tale ansia, se non fosse coinciso con un rallentamento della crescita globale, il che spiega perché la fiducia degli investitori si stia lentamente indebolendo. E quando questo succede, gli investitori si spostano verso porti sicuri prima che scoppi la tempesta. Ed eccoci alla spiegazione dell’interesse verso asset come il dollaro americano e i bond governativi.

Contemporaneamente al cambio di direzione nella politica monetaria da parte della Fed, il Dipartimento del Tesoro americano ha attinto alla sua riserva di liquidità presso la Banca Centrale. Questa mossa ha incrementato la liquidità nei mercati, supportando i mercati azionari, ma ci sono indizi che quella liquidità sia confluita anche nei mercati dei titoli di Stato, creando così una contemporanea domanda in due mercati che altrimenti si sarebbero mossi in direzioni differenti.

Un futuro con rendimenti più bassi

Con un rallentamento della crescita globale, causato dal Covid e dalla Cina, con la Banca Centrale americana che riduce gli acquisti sul mercato dei bond e una minore liquidità nei mercati, non è difficile prevedere quante fluttuazioni possano verificarsi nei mercati azionari.

Tuttavia, questo non significa che stiamo dipingendo un mercato azionario sull’orlo del precipizio. Ci sono molti fattori di supporto per i mercati azionari: siamo ancora agli inizi di una fase di recupero dell’economia; abbiamo ancora un grosso accumulo di domanda derivato dalla pandemia che si riverserà su tutto il mondo nei trimestri a venire; le turbolenze nelle catene di approvvigionamento prossimamente torneranno alla normalità; sebbene persino la Fed stia revocando il suo supporto, i mercati sono ancora straordinariamente positivi; e, da ultimo, dubito che le autorità cinesi siano interessate a un rallentamento della crescita sul lungo periodo, e di conseguenza interverranno quel tanto che basta per evitare i peggiori scenari.

La mia opinione, quindi, è che stiamo uscendo da una fase che ha visto uno straordinario supporto ai mercati azionari, in cui l’instabilità e la volatilità sono state per lo stesso motivo praticamente assenti. Nella prossima fase il supporto resterà significativo, ma l’instabilità e le fluttuazioni torneranno a giocare un ruolo importante. Ma, date le circostanze, si deve guardare alle fluttuazioni come a un’opportunità per acquistare a basso costo, piuttosto che come indizi per vendere. Tuttavia, è anche importante rendersi conto che in futuro fase sarà difficile replicare i rendimenti finora generati.

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