Mercati: la Cina innesca il risk off

Che cosa sta succedendo in Cina? La seconda società di sviluppo immobiliare cinese, Evergrande, pare sia sull’orlo del fallimento a causa dell’elevato indebitamento pari a circa 300 mld di dollari. Inoltre, Fitch Rating ha segnalato difficoltà nel pagamento delle cedole dei prestiti obbligazionari per 83,5 mln di dollari (giovedì prossimo lo sapremo), mentre S&P ha effettuato un downgrade a CCC (da CC) della società che ha portato ad una sospensione dei bond.

Secondo i regolamenti cinesi, il mancato pagamento delle cedole farebbe entrare la società in una fase in cui le autorità intervengono e cedono alcuni assets. Prima che il mancato pagamento sia considerato un’inadempienza, devono passare 30 giorni, trascorsi i quali Evergrande deve però pagare ulteriori cedole per 232 mln di yuan (circa 36 mln di dollari) su un’obbligazione onshore. L’ammontare complessivo delle cedole in scadenza entro la fine del 2021 ammonta a circa 670 mln di dollari. Come se non bastasse, Evergrande pare sia inadempiente con 128 banche e 121 istituzioni non bancarie.

Le autorità cinesi lasceranno fallire Evergrande come quelle americane lasciarono fallire Lehman Brothers? Non ci è dato di saperlo. Personalmente penso di no. Gli USA non erano preparati alle conseguenze del fallimento di una banca finanziaria globale come Lehman: non avevano tracciato in modo adeguato le interconnessioni di Lehman nella finanza mondiale e le autorità non erano per nulla pronte a fornire la liquidità necessaria agli snodi cruciali del sistema. Pechino ha già convocato tutte le principali banche per invitarle ad estendere le scadenze sui prestiti e sugli interessi, lasciando intendere un possibile aiuto da parte dello Stato. Inoltre, ieri la Cina ha iniettato nel sistema 90 mld di yuan (circa 14 mld di dollari) con operazioni di pronti contro termine per cercare di calmare i mercati. Credo che il problema Evergrande sia stia avviando verso la conclusione con sviluppi che potrebbero sorprenderci magari già entro la fine della settimana. Sono ottimista e confido che anche la storia economica sia maestra di vita.

Intanto, i dati che arrivano dalla Cina ci dicono che le vendite di case in valore sono crollate in agosto del 20%, il più grande calo dall’inizio dell’anno scorso (causa soprattutto la pandemia) e gli investimenti in costruzioni sono scesi del 3,2% nei primi otto mesi dell’anno.

A spaventare i mercati è la possibilità che ci sia un effetto domino, vista la globalizzazione della finanza e alla luce dell’esposizione su Evergrande (secondo Reuters, Amundi dovrebbe avere circa 93 mln di dollari di una obbligazione da 625 mln in scadenza nel giugno 2025, mentre UBS dovrebbe avere in bilancio un bond da 85 mln di dollari) e sul settore immobiliare cinese ma più in generale al mercato obbligazionario orientale. Le politiche di derisking dei fondi potrebbero infatti portare a ribilanciare automaticamente i portafogli costringendo i gestori a liquidare posizioni che non hanno nulla a che vedere con la Cina o l’immobiliare.

Tutto questo in un momento molto delicato per i mercati USA, dove l’indice S&P 500 ha messo a segno sette sedute (delle ultime 9) con segno negativo. Non accadeva dal febbraio scorso. Debolezza confermata dalle posizioni put aperte sull’S&P 500, orami da qualche settimana in prossimità dei massimi e oltre 10 mln di contratti.

Cosa fare a questo punto, dipende ovviamente dall’avversione al rischio di ciascun investitore, per definizione soggettiva.

A cura di Antonio Tognoli Head of Research di Integrae Sim

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