Investimenti, Cina: meglio puntare sulla new economy

La crisi di liquidità che sta affrontando il colosso dell’immobiliare Evergrande è di grande portata e nei giorni scorsi ha dovuto trovare un primo accordo con i propri obbligazionisti per onorare il pagamento degli interessi in scadenza. Ha dichiarato, infatti, che al momento pagherà 35,88 milioni di dollari di interessi sul debito onshore. Alcuni investitori hanno forti timori, poiché l’azienda detiene passività totali per 300 miliardi di dollari che pesano per circa il 2% del PIL cinese e per il 2021 il titolo segnala un ribasso del 50% circa.

Ripercorriamo i passi dell’accaduto. Negli ultimi vent’anni circa la società ha potuto contare sul boom economico cinese che ha spinto la costruzione di nuovi immobili, ma col passare del tempo il debito si è gonfiato in modo insostenibile e le vendite sono crollate: ad agosto, con un -20%, è stata segnata la contrazione più elevata degli ultimi 18 mesi. Evergrande ha sovrastimato il numero immobili da costruire e molte case sono ancora vuote. Alcuni analisti stanno paragonando questa crisi a quella del Lehman Brothers nel 2008, ma il Governo cinese, tramite la propria banca centrale, sta iniettando liquidità sul mercato.

Tuttavia, il problema della gestione degli elevati livelli di debito del Paese permane. Si pensi che solo nel 2020, le SOE (State-Owned- Enterprise) erano state inadempienti per 71,8 miliardi di yuan (11,1 miliardi di dollari) di debito, pari al 51% di tutte le insolvenze.

Nonostante le ultime vicende, legate ad Evergrande e ai cambiamenti normativi, noi crediamo che l’area cinese risulti ancora molto interessante, ma l’investimento deve essere diversificato su strategie attive di analisti locali“. Parola di Giacomo Calef, Country manager di NS Partners, che di seguito spiega nei particolari la propria visione.

Solamente i gestori che hanno una forte specializzazione possono navigare in questo contesto, con un focus sui settori della new economy, ovvero tech, healthcare e consumi discrezionali. Invece, si raccomanda di limitare gli investimenti nei settori dell’old economy cinese (manifattura, materie prime, energy), a cui appartengono prevalentemente le indebitate aziende statali. Per poter ottenere un risultato ottimale, pertanto, si ritiene opportuno mantenere un’esposizione netta verso l’equity tra il 40 ed il 50%: i mercati cinesi non sono ancora maturi come quelli occidentali e presentano degli alti livelli di dispersione, perciò il gestore può trarre profitti anche prendendo posizioni short.

Energia elettrica: la necessitá di ottimizzare i processi

La digitalizzazione dei processi industriali e dei sistemi economici sta incrementando significativamente i consumi di energia elettrica, principalmente sulla base di due driver strutturali. Il primo riguarda lo sviluppo dell’economia cinese, che nei prossimi anni raggiungerà la dimensione di quella statunitense. Si consideri che ad oggi la Cina costituisce circa il 29% dei consumi mondiali di elettricità e nel 2020, mentre i livelli su base globale erano scesi dell’1,1%, il colosso asiatico aveva registrato un +3,1%. Il secondo driver attiene al cambiamento delle fonti di energia, con un focus che si sta concentrando sulle rinnovabili.

Invece, l’utilizzo del solare e dell’eolico ha segnato un incremento ben più importante: tra il 25 ed il 50%. Questo scenario dunque apre a diverse possibilità di investimento, che possano includere sia il tema digital/tech, che quello della sostenibilità ambientale. Ad esempio, abbiamo osservato che il numero dei data center, ovvero i centri di immagazzinamento ed elaborazione dei dati, sta aumentando in modo rilevante. Negli Stati Uniti il relativo mercato è stato valutato a $8,4 miliardi di dollari nel 2020, e si prevede possa raggiungere i $13,91 miliardi di dollari entro il 2026, con un tasso di crescita annualizzato dell’8% circa. Al tempo stesso, i data center consumano molta energia. Infatti alcuni dei più grandi al mondo possono contenere decine di migliaia di dispositivi IT e richiedono più di 100 megawatt (MW) di capacità energetica, sufficienti ad alimentare le esigenze di circa 80.000 famiglie statunitensi (secondo l’U.S. Deparment of Energy). Pertanto, noi abbiamo identificato un player ben posizionato in questo contesto, ovvero la francese Schneider Electric, uno dei maggiori Cloud e Service Provider che propone al mercato un vero “game changer”.

La soluzione tecnologica prende il nome di EcoStructure, un’architettura integrata che presta una grande attenzione alla sostenibilità: da un lato utilizza delle tecnologie di raffreddamento che contengono la dispersione dell’energia, mentre dall’altro risulta molto efficiente grazie alle sofisticate tecniche di design dell’azienda, deputate alla riduzione del peso e della dimensione dell’impianto.

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