Investimenti, inflazione e dividendi: i fattori da considerare

Jacob de Tusch-Lec, gestore del fondo Artemis Funds (Lux) Global Equity Income, spiega di seguito perché crede che l’inflazione e il “cambio di regime” in atto nell’economia globale rendano interessanti alcune azioni che corrispondono dividendi

Si profila un cambio di regime macroeconomico

La spesa e i deficit di bilancio pubblici crescono negli Stati Uniti e nel Regno Unito e gli obiettivi dei banchieri centrali stanno mutando.

Le banche centrali non si preoccupano più solo dell’inflazione e della disoccupazione, ma pensano anche alla disuguaglianza e alla stagnazione economica, il che significa che gli investitori non devono più pensare “solo” al ciclo congiunturale o alla politica monetaria ma devono fare attenzione anche alle realtà che hanno un impatto sugli strumenti che le autorità monetarie mettono in campo in risposta agli eventi.

Un nuovo obiettivo della politica monetaria?

Concepito come una soluzione a breve termine per evitare un’altra Grande Depressione, il QE ha avuto l’effetto collaterale di rendere i ricchi ancora più ricchi facendo salire i mercati finanziari. Ha anche portato ad un eccesso di risparmio, poiché i più ricchi non possono spendere tutta la loro nuova ricchezza, e quindi finiscono per risparmiare ancora di più. Ed è per questo motivo che la disuguaglianza si è rivelata foriera della stagnazione economica.

L’aumento della spesa pubblica che ha avuto luogo durante pandemia – anche per finanziare la “Rivoluzione Verde” – è in parte dovuto ad una maggiore concentrazione della ricchezza e alla stagnazione strutturale causata dal QE e si inquadra nell’ambito del tentativo di convertire la ricchezza creata negli ultimi cinque anni in un incremento della spesa. Si stanno creando condizioni tali per cui la politica e le politiche di bilancio svolgeranno un ruolo molto più importante. La moneta deve essere iniettata nell’economia reale, non “solo” nei mercati finanziari.

Nel frattempo, sembra che le banche centrali siano diventate più tolleranti nei confronti dell’inflazione, che punisce i risparmiatori e spinge a spendere (anche se, ovviamente, non possono dichiararlo esplicitamente). È possibile anche che si manifesti uno scenario caratterizzato da un’inflazione alta ma con curve dei rendimenti controllate, quindi con tassi di interesse reali fortemente negativi.

Le condizioni espansive negli USA sono senza precedenti

La liquidità è importante, perché il denaro fa girare il mondo. Le condizioni monetarie sono estremamente espansive.

Ciò è dovuto al combinato disposto di:

  • bassi tassi di interesse
  • basso costo dell’indebitamento per le aziende (spread creditizi estremamente ravvicinati)
  • tassi di cambio favorevoli per il dollaro (che tiene bassi i prezzi delle importazioni)
  • bassi tassi di interesse per i mutui ipotecari (che consente alle famiglie USA di disporre di una maggiore quota di reddito discrezionale); e
  • borse in rialzo, che contribuiscono ad un aumento della domanda tramite l’effetto ricchezza.

Sono queste condizioni monetarie espansive senza precedenti che spiegano, più di ogni altra cosa, perché i prezzi delle azioni sono ai massimi storici. Infatti, l’ampliamento della base monetaria e tassi di interesse reali negativi spingono gli investitori a cercare rendimenti investendo in titoli relativamente più rischiosi quali le azioni. Non ci sono (ancora) alternative alle azioni.

Ma quali sono le azioni da comprare?

Le azioni con dividendo potrebbero essere un’ottima protezione dall’inflazione… I cambiamenti cui stiamo assistendo non sono parte di un ciclo congiunturale “normale”. Infatti è in atto una trasformazione delle teorie alla basebdelle politiche. L’austerity è stata sostituita dalla Teoria Monetaria Moderna (MMT – Modern Monetary Theory), che promuove l’opportunità di portare il rapporto deficit /PIL a livelli molto più elevati. I governi svolgono un ruolo molto più importante nell’ambito delle loro economie e, dopo un periodo di disinflazione, si comincia a vedere un po’ di inflazione.

Quindi il dubbio in questo momento non è se comprare titoli difensivi o ciclici – o di crescita o di valore – ma capire come possono essere remunerati gli azionisti in questo mondo nuovo, specialmente alla luce del fatto che con tutta probabilità i tassi di interesse continueranno ad essere negativi ancora per un bel po’.

Cambiamento di regime … vincitori post crisi finanziaria vs vincitori post virus

Un mondo con tassi di interesse reali negativi e un po’ di inflazione è una buona notizia per le azioni che corrispondono dividendi. Alcune società che distribuiscono dividendi prospereranno in questo nuovo contesto, specialmente i campioni domestici che aiutano i governi ad affrontare i sempre più impegnativi obiettivi che questi ultimi si sono posti (Rivoluzione Verde, decarbonizzazione).

Se il contesto cambierà da deflazionistico ad inflazionistico, alcune delle azioni che tradizionalmente pagano dividendi – quali quelle di produttori di materiali di base, cicliche tradizionali o energetiche e altri investimenti assistiti da garanzie (asset-backed) – potrebbero rappresentare una buona protezione dall’inflazione.

Una nuova speranza per le azioni simil-obbligazionarie

Dopo 10 anni di QE e tassi di interesse e rendimenti obbligazionari bassi (e decrescenti), potrebbe sembrare sorprendente che azioni con dividendi costanti e sicuri – c.d. azioni simil-obbligazionarie (“bond proxy”) – abbiano dato una pessima prova di sé. I titoli di stato hanno prodotto ottimi risultati, contrariamente ai loro “cugini” nel mercato azionario, ossia i titoli azionari di utilities, REIT, società farmaceutiche e di telecomunicazioni.

Forse i rendimenti di queste azioni non saranno spettacolari, per il semplice motivo che i margini di crescita delle attività sottostanti non sono entusiasmanti, ma è opportuno chiedersi se forse non ci stiamo avvicinando al punto in cui le azioni simil-obbligazionarie saranno finalmente considerate una valida alternativa alle obbligazioni. In termini reali, quindi al netto dell’inflazione, i rendimenti delle obbligazioni ad alto rendimento sono diventati negativi ultimamente. In questo contesto è lecito supporre che un flusso costante e prevedibile di dividendi pari al 5-6% risveglierà l’interesse dell’investitore cauto alla ricerca di un rendimento reale positivo al netto dell’inflazione.

Cosa c’è in serbo per il nostro fondo nell’immediato futuro?

Gli ultimi 12 mesi sono stati congeniali al nostro stile e ai nostri investimenti. Abbiamo sovraperformato sia il nostro gruppo sia il nostro indice di riferimento. A parte la nostra capacità di scegliere bene i titoli in cui investire, siamo consapevoli che c’è stata una rotazione verso alcuni settori di nostro gradimento e che i mercati hanno lo sguardo rivolto sempre e solo al futuro. In ogni caso, è probabile che gli stimoli economici e i profitti abbiano toccato i massimi e che le “derivate seconde” saranno negative da questo momento in poi.

Quindi, possiamo dire di essere in una posizione leggermente disagevole e probabilmente daremo al nostro portafoglio un orientamento più difensivo nei prossimi mesi. Abbiamo di recente aggiunto titoli immobiliari difensivi in Europa, in risposta ai tassi di interesse reali negativi in quell’area geografica. Possiamo trovare dividendi del 3-4% in società immobiliari attive nel settore residenziale, come Vonovia, con redditi da locazione che aumentano con l’inflazione.

Per quanto riguarda il resto, continuiamo ad essere sovrappesati nei materiali di base, che offrono protezione dall’inflazione. I titoli in questo settore sembrano ancora “a buon mercato”, con rendimenti in termini di flussi di cassa liberi pari al 15-20%. Materie prime come il rame sono fondamentali per il processo di decarbonizzazione dei trasporti tramite la diffusione dei veicoli elettrici.

Siamo sovrappesati anche nel settore dei trasporti, con società come AP Moller-Maersk e Deutsche Post (attualmente i nostri maggiori investimenti) che trarranno vantaggio dal potere di prezzo acquisito in un momento, come quello attuale, di riorganizzazione delle filiere produttive globali. I noli continuano ad aumentare ma siamo consci del fatto che non rimarranno a livelli così alti per sempre. Ad ogni modo, parte di quel potere di prezzo rimarrà e, nel frattempo, alcune di queste società stanno acquistando azioni proprie e risanando i bilanci.

Abbiamo ridotto la nostra esposizione al settore automobilistico, vendendo GM alla fine di una lunga rincorsa verso l’alto. La capacità produttiva e quindi i profitti sono stati azzoppati dalla grave carenza di chip.

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