Attualmente le banche centrali utilizzano i tassi di interesse per agire sul valore del denaro: bassi tassi si traducono in un costo inferiore del denaro e in una politica accomodante, mentre tassi più alti rendono il denaro più costoso e determinano una stretta monetaria. Secondo la MMT, invece, sarebbe lo Stato e non la banca centrale (i.e. la FED) ad avere un duplice mandato: la stabilità dei prezzi (inflazione) e la piena occupazione. Il valore del denaro verrebbe modificato grazie all’effetto combinato dell’emissione di cartamoneta e della tassazione. Stampando più moneta si controllerebbe l’attività economica (allentamento) e aumentando la tassazione si ridurrebbe la massa monetaria circolante nel sistema (stretta). Sembrerebbe la soluzione ai nostri problemi.
È possibile che la MMT funzioni?
Come ha spiegato molto bene Yogi Berra (che non era un economista ma un giocatore e allenatore di baseball): “in teoria, non c’è alcuna differenza fra teoria e pratica. Ma, in pratica, c’è”. In teoria, la MMT può funzionare. In pratica, è improbabile. In teoria, è chiaro che l’attività economica può essere controllata dai politici attraverso la spesa pubblica (spendendo dove opportuno e riducendo la spesa quando opportuno). In pratica è politicamente difficile capire quando è opportuno.
Con la MMT, le aspettative di aumento dell’inflazione influirebbero sugli investimenti riducendo il valore dei flussi di cassa in futuro. Il tasso di sconto dovrebbe aumentare e il valore attuale degli attivi subirebbe una flessione. Inoltre, il potere di stampare moneta tende a dare alla testa ai politici (di qualsiasi partito) propensi a spendere/investire in progetti spesso economicamente inefficienti. Di solito, questo determina un aumento dell’inflazione.
La MMT potrebbe anche funzionare e generare risultati positivi, soprattutto all’inizio perché gli effetti risultano simili a quelli di uno stimolo fiscale, ma è un esperimento economico rischioso. I guadagni iniziali potrebbero infatti mascherare nel medio/lungo periodo l’impatto negativo di un aumento dell’inflazione e dell’erosione dei valori patrimoniali. I risultati postivi di breve termine potrebbero quindi ingannarci, oltre ad aprire le porte a un aumento del peso e del ruolo dello Stato nell’attività economica, quando è noto che i governi tendano a essere utenti inefficienti del capitale rispetto al settore privato.
A cura di Antonio Tognoli, Head of Research di Integrae Sim