Mercati: il FinTech fa il pieno nella raccolta

Startup Wise Guys, acceleratore di startup attivo in Italia da un anno che in pochi mesi, a novembre 2020, ha raccolto 1,2 milioni di euro in crowdfunding, ha elaborato un report che analizza lo scenario delle startup e scaleup digitali B2B in Italia nel 2021, intervistandone oltre 200, che si trovano in diverse fasi di sviluppo.

“I dati emersi dalla ricerca disegnano uno scenario con alto potenziale e con diversi casi di successo – sottolinea Andrea Orlando, Amministratore delegato di Startup Wise Guys Italy – Tuttavia non bisogna fermarsi qui. Speriamo che il report sia di ispirazione per startup, investitori e operatori per cogliere il momento magico e continuare a premere sull’acceleratore”. Tra i content partner vi sono Crunchbase, Dealroom e VC Hub Italia: “Come questo, sono diversi gli studi che hanno evidenziato come, nel corso della crisi determinata dalla pandemia, le aziende innovative abbiano resistito alla crisi meglio di quelle dei comparti tradizionali. Siamo felici di essere content partner di questo report che dimostra che anche in Italia le startup e le PMI innovative possono contribuire alla crescita economica” spiega Francesco Cerruti, Direttore Generale di VC Hub Italia. All’interno del report sono evidenziati anche casi di successo di startup come BOOM Imagestudio, iDeal e Altilia.

I settori

Il settore verticale che si colloca al primo posto per finanziamenti è il Fintech esteso (comprendente anche l’Insurtech) con una raccolta di circa 460 milioni di euro nel periodo gennaio-settembre 2021, seguito dall’e-Commerce (circa 125 milioni di euro) e dal Madtech (marketing and advertising technology, con circa 67 milioni di euro).

(fonte: B2b Italian Startup Scene, 2021, Wyse Guys)

Le regioni in cui sono maggiormente concentrate le startup Fintech sono la Lombardia (68,4%), seguita da Toscana (10,5%), Emilia-Romagna, Lazio, Campania e Sardegna, ciascuna col 5,3% di nuove startup Fintech digitali B2b. Il dato non sorprende, perché la Lombardia ospita le più importanti istituzioni finanziarie; recentemente a Milano sono inoltre iniziate diverse iniziative istituzionali per favorire lo sviluppo di startup FinTech, che coinvolgono Banca d’Italia e Cassa Depositi e Prestiti.

(fonte: B2b Italian Startup Scene, 2021, Wyse Guys)

Il Madtech si colloca invece al primo posto per numero di startup digitali B2B. I settori in cui operano le startup B2B italiane sono infatti numerosissimi e lo scenario appare altamente frammentario: delle oltre 200 startup intervistate, il 13% opera nel già citato MadTech (marketing and advertising technology) e offre prodotti e servizi digitali prevalentemente in ambito sales e marketing. Segue l’Extended FinTech (comprensivo di Insurtech). Il 9,6% vede come ambito di applicazione la Cybersecurity, settore strategico soprattutto in seguito alla pandemia da covid-19. Seguono il settore di mobilità e logistica col 7,8% e FoodTech e LegalTech col 6,5%, più in basso in classifica si trovano invece EdTech e FashionTech.

La provenienza

Non sorprende che la Lombardia ospiti la metà del totale delle startup B2B, seguita da Lazio (11,8%) e Toscana (7,3%). Anche prendendo in considerazione le città, e non più le regioni, Milano guida la classifica con il 46,8% di startup B2B, quasi il doppio di quante ne ospitano le altre maggiori città italiane messe insieme (Roma 11,4%, Firenze e Torino 5,4%, Bologna 3,6%).

Le ragioni di questa distribuzione geografica, quindi, si trovano non tanto nelle capacità degli imprenditori lombardi e milanesi di fondare startup, quanto nel fatto che queste aree urbane ospitano anche la maggior parte dei potenziali clienti di una startup B2B. Si tratta quindi di una naturale dinamica di mercato, più che di una condizione di partenza più favorevole rispetto a quella offerta da altri territori.

Investimenti

Nel 2021 in Italia sono stati conclusi più di 70 accordi di finanziamento (inclusi aumenti di capitale, debito e finanza agevolata) per la maggior parte nel settore MadTech. Si stima che in Italia, fra gennaio e settembre 2021, le startup digitali B2B italiane abbiano raccolto fondi per circa 146 mln di euro.

Internazionalizzazione

Dal report emerge anche una certa propensione all’internazionalizzazione, con due terzi delle startup che hanno già visione globale e un terzo ancora concentrata sul mercato domestico, ma è importante precisare che per alcuni settori, per esempio il FinTech, il LegalTech e il RegTech, il processo di internazionalizzazione è più complesso in quanto molto legati per loro natura agli impianti normativi nazionali.

“Il dato che emerge dalla ricerca va letto secondo noi in positivo, con circa il 66% delle startup B2B italiane caratterizzate da una vocazione internazionale – continua Andrea Orlando – Il terzo rimanente non deve essere letto come chiusura verso l’internazionalizzazione, ma piuttosto come risultato di una prima fase del ciclo di vita, in cui l’operatività della startup si concentra sul mercato nazionale, quando non vincolato da caratteristiche intrinseche del business, come nel caso del LegalTech.”

Tipo di finanziamento

Per comprendere come il business delle startup B2B attragga gli investitori, è interessante indagare come queste vengono finanziate. Il 60% delle startup ha ricevuto finanziamenti sotto forma di equity da parte di Venture Capital, Business Angel, e altri investitori specializzati. La percentuale è significativa perché indica che l’attenzione degli investitori per le startup B2B è alta e che il settore promette evoluzioni positive nel medio e nel lungo termine. Il 35% delle startup B2B ricorre al debito, e il 15% all’equity crowdfunding.

Occupazione femminile nelle startup B2B

Un ulteriore tema toccato nell’indagine riguarda il gender gap che coinvolge i team di lavoratori nelle startup B2B. I team composti da soli uomini sono ancora predominanti (57,3%) ma, mentre la percentuale di squadre di sole donne è ancora marginale (2,4%), la percentuale di squadre miste è tutt’altro che trascurabile e arriva a toccare il 40,2%. Il settore delle soluzioni digitali B2B, proprio perché si rivolge ad aziende di stampo tradizionale, seppur desiderose di rinnovarsi, contribuisce a un più lento processo di allineamento nel divario di genere tra i fondatori di questo tipo di startup; gli estensori del report ritengono comunque estremamente significativo che oltre il 40% sia composto da squadre miste.

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