Mercati: petrolio in fiamme

Di recente le quotazioni del petrolio Brent sono riuscite ad aggiornare i massimi degli ultimi tre anni, riportandosi in area 80 dollari al barile. I prezzi dell’oro nero sono riusciti a mettersi alle spalle in poco tempo i timori causati dalla variante Delta del Covid-19.

Il rialzo del greggio è sostenuto anche dagli stop agli impianti di produzione del Golfo del Messico causati ad agosto dall’uragano Ida. Oltre a questo, l’arrivo dell’inverno e le attese di maggiori movimenti delle persone per i viaggi sono altri due fattore che creano pressioni al rialzo sulla domanda, prevista da diversi analisti ad oltre 1 milione di barili al giorno.

Sulla crisi energetica globale pesa anche la notizia arrivate dalla Cina, con Pechino che ha ordinato alle sue principali compagnie del settore di procurarsi forniture di energia ad ogni costo.

L’osservato speciale in questo quadro è però l’OPEC+, che vede sempre più pressioni da parte degli Stati Uniti per incrementare la produzione. Secondo alcuni analisti l’atteggiamento così restrittivo del Cartello può essere spiegato dai loro conti dell’ultimo anno: i dati del bollettino annuale del gruppo mostrano infatti come l’organizzazione ha subito un crollo del 43% nelle entrate durante lo scorso anno, guadagnando 321 miliardi di dollari dall’export di petrolio: meno della metà del 2018.

L’atteggiamento cauto dell’OPEC+ potrebbe essere parte di una strategia per spingere al rialzo i prezzi cercando di recuperare quanto perso a causa del Covid-19. L’aumento delle quotazioni non riguarda solamente il petrolio, ma anche gran parte delle materie prime in generale.

Negli ultimi giorni il Bloomberg Commodity Spot Index ha aggiornato i massimi a dieci anni: questa situazione ha creato il timore della stagflazione, ossia un aumento dell’inflazione unito alla mancanza di crescita economica, a dispetto di quanto i banchieri centrali sostengano che l’aumento del dato sia temporaneo. L’indice dei prezzi al consumo sta crescendo più velocemente di quanto si attendevano gli analisti e le paure sono relative al circolo vizioso che si verrebbe a creare con l’aumento dei prezzi e quello delle richieste di aumento dei salari. Interessante evidenziare infine un calcolo di Bloomberg Economics, che mostra come un 20% di aumento dei prezzi delle materie prime implica un trasferimento di circa 550 miliardi di dollari dai consumatori ai produttori: Cina, India ed Europa potrebbero in tal caso essere sfavoriti.

Analisi tecnica petrolio Brent

Dopo aver aggiornato i massimi a 3 anni, le quotazioni del petrolio Brent hanno dato inizio ad una correzione, respinte dalla linea di tendenza ottenuta collegando i massimi del 5 marzo e 25 giugno 2021. Il primo livello da monitorare per la materia prima è quello relativo al supporto a a 76 dollari. Se anche questo intorno dovesse subire una rottura al ribassi, si potrebbe assistere ad un’ulteriore flessione verso l’area di concentrazione di domanda compresa tra i 72 e i 70,20 dollari, dove passano la trendline disegnata con i minimi del 22 aprile e 2 novembre 2020. Da tali zone potrebbe far riprendere il movimento ascendente. Al contrario, la negatività tornerebbe nel caso in cui i corsi riuscissero a spingersi al di sotto dei 68 dollari prima, per poi passare al breakout dei 64 dollari.

I certificati di Vontobel sul petrolio Brent


A cura di Vontobel Certificati

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