Asset allocation: ansia da ripresa ma gli investitori non cambiano rotta

La maggior parte degli investitori individuali italiani evita di apportare cambiamenti importanti ai propri portafogli, nonostante i crescenti timori sullo stato della ripresa.

L’ultimo sondaggio trimestrale sul polso degli investitori retail di eToro rivela che lo stato dell’economia globale e domestica si conferma la principale apprensione tra gli investitori italiani, che temono in particolare la possibilità di conflitti internazionali nei prossimi tre mesi. Infatti, il 21% degli investitori ha citato i conflitti internazionali come il maggior rischio esterno per i loro investimenti, contro il 14% del trimestre precedente.

L’inflazione rappresenta una delle principali preoccupazioni per il 32% del campione (in aumento rispetto al 29% del secondo trimestre), classificandosi al terzo posto. Su scala globale, invece, l’aumento dei prezzi al consumo è in testa tra le principali minacce esterne che pendono sugli investimenti.

Nonostante ciò, quasi la metà degli intervistati italiani (44%) non ha riposizionato i propri portafogli per affrontare i rischi, suggerendo che molti investitori stanno adottando un approccio “wait and see”. Questo è vero anche considerando i dati globali, che mostrano che più del 50% degli investitori non ha modificato sostanzialmente l’allocazione del proprio portafoglio.

Ben Laidler, Global Markets Strategist di eToro, commenta: “Ci sono una serie di venti contrari che gli investitori devono affrontare in questo momento, sotto forma di inflazione crescente e di una ripresa economica vacillante. In genere, ci si aspetterebbe che la maggior parte degli investitori agisca per contrastare questi venti contrari, ma i nostri dati mostrano che in questo momento è vero il contrario. Sembra che gli investitori individuali stiano adottando un approccio attendista nella speranza che l’inflazione sia temporanea e che la ripresa torni in pista. Nonostante il notevole cambiamento di messaggio da parte di molte delle principali banche centrali del mondo, con la Federal Reserve degli Stati Uniti e la Banca d’Inghilterra che hanno assunto una posizione nettamente più dura di recente, la mia opinione è che gli investitori abbiano ragione a non farsi prendere dal panico. I timori di stagflazione dovrebbero diminuire, il che migliorerà la fiducia e aiuterà i mercati a continuare a crescere come hanno fatto finora”.

Sebbene il tono di alcune banche centrali sia cambiato, rispetto al trimestre precedente, gli investitori retail si sono mostrati meno preoccupati dalla prospettiva di un aumento dei tassi di interesse, così come dell’aumento del debito nazionale.

Ben Laidler ha aggiunto: “Molte famiglie hanno ridotto il loro debito durante la pandemia, usando i contanti di riserva per pagare le carte di credito, i prestiti e i mutui, il che li rende meno suscettibili agli aumenti dei tassi di interesse. Aggiungiamo a questo l’aumento dei prezzi delle case e delle azioni, insieme all’aumento dei salari, e vediamo che molti investitori sono resistenti ai rischi futuri”.

Lo stato dell’economia preoccupa, ma i dati per l’Italia mostrano comunque un incremento della fiducia sullo stato di salute attuale e futuro della loro economia, così come dell’economia globale. C’è tuttavia un piccolo spostamento degli investitori verso settori più difensivi, come l’immobiliare (15%, in aumento dal 12%) e quello dei materiali (20%, in aumento dal 15%).

Ben Laidler ha concluso: “Ciò che è più interessante dal campione è che non c’è una chiara direzione di marcia. Nel complesso, la fiducia economica del mercato globale e domestico è scivolata, quindi ci sono segni che alcuni investitori al dettaglio stanno iniziando a prepararsi per condizioni economiche meno favorevoli. La fiducia nella casa è scesa al 52% dal 54% e i “non fiduciosi” sono saliti del 10% negli Stati Uniti e del 5% nel Regno Unito/Germania, indicando che questi investitori vedono venti contrari. Tuttavia, la fiducia è aumentata in Francia, Italia e Australia, dimostrando una dicotomia. Il fatto è che ogni paese risponderà in modo diverso alla pandemia, ma quando le questioni globali (come la crisi della catena di approvvigionamento, l’inflazione e il tapering) cominceranno davvero ad avere un impatto sui consumatori, potremmo vedere un consenso più uniforme fra tre mesi”.

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