Asset allocation: bond high yield ora più vulnerabili

Si profilano tempi più difficili per i mercati finanziari globali. Le condizioni monetarie si stanno inasprendo, mentre le strozzature nelle catene di fornitura stanno iniziando ad avere ripercussioni sull’economia globale. Allo stesso tempo, le pressioni inflazionistiche si stanno dimostrando più persistenti del previsto”. L’avvertimento arriva dalla Strategy Unit di Pictet AM, che di seguito illustra la propria view e l’outlook per i prossimi mesi.

Riteniamo che i mercati del reddito fisso ne saranno colpiti con particolare durezza poiché i rendimenti si adegueranno a questa inflazione più elevata e alla prospettiva di una politica monetaria più rigida. Le obbligazioni high yield paiono particolarmente vulnerabili.

Le azioni non saranno immuni alle turbolenze dei mercati, ma riteniamo che nel complesso dovrebbero mostrare una tenuta migliore rispetto alle obbligazioni, visto che la crescita economica è ancora abbastanza forte da consentire sorprese positive tra gli utili societari.

Dopo un anno in territorio positivo, i nostri indicatori del ciclo economico sono diventati neutrali. Tuttavia, suggeriscono che la crescita economica rimarrà nettamente superiore alla tendenza di lungo termine, pari al 5,9% quest’anno e al 4,8% nel 2022.

Ciò è in linea con una crescita degli utili societari del 15% circa nel prossimo anno, il doppio rispetto alle stime di consenso. Sorprese positive sugli utili sono più probabili in Europa e Giappone, dove la ripresa economica non è ancora giunta al termine.

Sebbene la dinamica di crescita nell’eurozona sembri in fase di stallo, con una produzione industriale penalizzata dalle frizioni nelle catene di approvvigionamento, le politiche di governi e banche centrali continuano a offrire sostegno. Nella regione, il rischio di una stretta monetaria e fiscale è inferiore rispetto ad altri mercati sviluppati.

In Giappone, invece, la fiducia è in ripresa dai livelli di depressione storici e i sondaggi sull’attività delle aziende sono in miglioramento.

La situazione, tuttavia, è più negativa in Cina, dove l’attività continua a rallentare, che si tratti di produzione industriale, edilizia o investimenti in immobilizzazioni. In ogni caso, pare che il sentiment relativo al settore immobiliare (che rappresenta circa il 25% del PIL nazionale) si stia stabilizzando. Ciò è in parte dovuto al fatto che l’indebitatissimo sviluppatore immobiliare Evergrande è riuscito a far fronte ai pagamenti delle cedole, evitando il default all’ultimo minuto. Le autorità di Pechino, nel frattempo, hanno incoraggiato le banche a finanziare il settore immobiliare.

Anche se ci aspettiamo ulteriori stimoli dalla Cina, lo scenario politico si è rivelato meno accomodante di quanto inizialmente previsto, con i responsabili della politica che hanno dato priorità alla riduzione del debito rispetto alla crescita a breve termine.

Altrove le banche centrali stanno iniziando a ridurre la liquidità, in particolare la Federal Reserve statunitense e la Bank of Japan.  La creazione di credito privato, invece, rimane debole e non si prevede una ripresa fino al prossimo anno. Di conseguenza, l’apporto totale di liquidità tra le cinque maggiori economie mondiali è sceso all’equivalente dell’11,9% del PIL, in netto calo dal picco del 28,7% dello scorso anno. Ciò ci spinge ad abbassare a neutrale il nostro punteggio relativo alla liquidità.

Per garantire che la ripresa si mantenga su una traiettoria ascendente, però, questa riduzione dovrebbe essere graduale. In effetti, è probabile che le banche centrali mostrino una certa tolleranza nei confronti dell’inflazione, anche perché le loro manovre non sono in grado di affrontare la causa più immediata degli aumenti dei prezzi: le strozzature nelle filiere di approvvigionamento.

Ciononostante, una riduzione della liquidità avrà sicuramente un impatto negativo sulle valutazioni, sia azionarie che obbligazionarie.  I nostri modelli suggeriscono che un aumento di 100 punti base dei rendimenti reali si traduce in un calo del 20% dei rapporti prezzo/utili delle azioni. Tuttavia, riteniamo di aver già assistito alla maggior parte di questo movimento.

Sebbene le azioni sembrino costose rispetto alle obbligazioni, la nostra stima del premio al rischio azionario apre ancora alla possibilità di un rialzo relativo nella maggior parte delle regioni. I dati dei ricavi delle società hanno superato le previsioni in misura minore rispetto al trimestre precedente, ma le sorprese sugli utili societari sono ancora alte, il che indica una solida leva operativa (si veda la Fig. 2). Riteniamo che, almeno nel breve termine, i margini di profitto resisteranno alle crescenti pressioni sui costi delle materie prime.

Le valutazioni sostengono la preferenza da noi accordata ai titoli sanitari difensivi (tra i settori più convenienti nel nostro modello, in termini relativi) e la prudenza nei confronti delle costose obbligazioni high yield statunitensi.

I grafici tecnici mostrano una stagionalità positiva per le azioni, nonché tendenze favorevoli di medio termine. Alcuni sondaggi tra gli investitori, tra cui l’American Association of Individual Investors (AAII), mostrano un sentiment rialzista.

Per contro, la dinamica a breve termine per le obbligazioni si è deteriorata. Il sondaggio tra i gestori di fondi di Bank of America mostra che l’allocazione degli investitori sulle obbligazioni è a un minimo storico. Allo stesso tempo, è cresciuto significativamente il posizionamento corto sui Treasury USA, soprattutto nelle scadenze a 2 e 5 anni.

 

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